Curiosità su Diabolique - Film (1996)

CURIOSITÀ

2 post
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  • Lucius • 6/06/10 13:50
    Scrivano - 9051 interventi
    Da film review:

    Nicole (Sharon Stone), bionda, appariscente, unghie laccate, tailleur attillati, fumatrice accanita e Mia (Isabelle Adjani), bruna, occhi celesti, malaticcia e apparentemente piena di scrupoli sono, rispettivamente, l'energica amante e la remissiva moglie di Guy Baran (Chazz Palminteri), dispotico direttore di una scuola di Pittsburgh. Stanche di essere maltrattate dall’uomo le due donne decidono di farlo fuori. Prima cercano di avvelenarlo poi di farlo affogare nella vasca da bagno. Il finale riserva colpi di scena abbastanza scontati.
    Jeremiah Chechik (regista) e Don Roos (lo sceneggiatore) hanno tratto esplicita ispirazione da I diabolici, pellicola del 1954 diretta da Henri-George Clouzot e interpretato da Vera Clouzot e Simone Signoret, per la loro versione made in Usa. Truffaut, regista della Nouvelle Vague, tacciava la sceneggiatura dell’originale di assoluta inverosimiglianza.Decisamente belle e affascinanti le due protagoniste sulle quali il film ha basato ogni ragion d'essere.
  • Lucius • 6/06/10 14:11
    Scrivano - 9051 interventi
    Un articolo sul film:

    Remake del celebre film di Henri-Georges Clouzot ad opera di Jeremiah Chechik, il film vede la sempre più brava Sharon Stone nel ruolo che appartenne a Simone Signoret e l'inquietante Isabelle Adjani in quello della moglie infelice.
    Le due donne decidono di eliminare il comune amante, elegantemente interpretato dall'astro nascente Chazz Palminteri, escogitando un piano `diabolico' di omicidio. Rispetto al suo illustre predecessore questo remake si propone lo scopo di sconvolgere lo spettatore, non risparmiando nulla sul piano dell'ambiguità e della morbosità.
    La storia originale, tratta dal romanzo di Boileau e Narcejac "Celle qui n'etait plus", era stata edulcorata nel film di Cluzot, risparmiando le non troppo sottili allusioni omosessuali che legano le due assassine. Questo rappresentava per Chechik un limite inaccettabile ma, forse, non è tanto con la morbosità che si costruisce l'atmosfera, quanto con la sceneggiatura e lo stile di ripresa.
    Troppo attento a restituire un film "diverso" dall'originale, per quanto ad esso sempre riconducibile, il regista attinge a piene mani da tutti i possibili luoghi comuni del moderno thriller. E' purtroppo assente, data l'ambientazione moderna e americanizzata, la sottile critica della provincia francese che del film di Clouzot era uno dei maggiori punti di forza. Completamente diverso è anche il finale, che naturalmente non sveleremo per non togliere il gusto della scoperta allo spettatore ma, non se ne voglia Chechik, preferivamo di gran lunga quello originale. Quel che realmente manca in questo non necessario remake, è l'elemento fondamentale su cui si basa il cinema di genere: la suspence.
    Ciò che fa la differenza è la sceneggiatura e le varie scelte di regia.
    Lodevole il tentativo del direttore della fotografia di restituire colori smorti, assenti, più vicini allo spirito originario del film (che era in bianco e nero).
    Purtroppo la volgarità del colore nella parte finale e l'uso d'immancabili effetti splatter per adeguarsi ai tempi, riesce a guastare l'apprezzato tentativo. L'unica cosa che richiama fedelmente le atmosfere del film di Clouzot, è l'eccellente colonna sonora firmata da Randy Edelman, una partitura sinfonica di gran presa che non lesina passaggi di intensa capacità evocativa. Restano infine da giudicare le prestazioni degli interpreti: su tutti spicca Sharon Stone, attrice che apprezzavamo anche in tempi non sospetti, e che ora sta giustamente raccogliendo le lodi che il suo talento le fa pienamente meritare. La Adjani è bella, bellissima con il suo viso da bambola cinese, la pelle color porcellana e gli stupendi ed espressivi occhi azzurri. La parte a lei riservata (quella della moglie) è forse un poco ingrata, e la brava Isabelle perde il confronto con la bionda collega. Chazz Palminteri nel ruolo di Guy, il marito, è prettamente funzionale. Attore discreto, dalle potenzialità ancora da esplorare, è anche penalizzato dalla breve durata della sua parte. In un ruolo secondario ma fondamentale, quello del detective, troviamo Kathy Bates. Attrice di gran talento ed espressività, la Bates non delude i suoi estimatori nonostante gli esigui spazi riservatigli da una sceneggiatura troppo avara. In conclusione quindi, un film da vedere esclusivamente per la bravura degli interpreti e per una certa dose di professionalità del regista.