Discussioni su Senilità - Film (1962)

DISCUSSIONE GENERALE

2 post
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  • Daniela • 10/11/17 15:56
    Gran Burattinaio - 5927 interventi
    Melodrammatico il titolo della versione francese del film: "Quand la chair soccombe" (ossia: Quando la carne soccombe)
    Ultima modifica: 10/11/17 16:34 da Zender
  • Buiomega71 • 25/08/20 10:49
    Consigliere - 25998 interventi
    Rassegna estiva: Italian Graffiti d'agosto 

    Bolognini, quì, non è solo raffinatezza e eleganza (quasi maniacale) per le scenografie e la ricostruzione d'epoca (che sfiora la perfezione), o Trieste perennemente plumbea e decadente (straordinari i cieli grigi di Armando Nannuzzi), che si muove tra suggestivi parchi al crepuscolo,  piazze quasi pre argentiane e architettonici palazzoni sullo sfondo.

    Ma fortifica l'intensità della storia, una storia fatta di amarezze, solitudini, amori ossessivi e tormentati che sfociano nel morboso (non dissimile dall'intelaiatura della Noia, come la frivolezza algida del personaggio di Angiolina, le domande insistenti e tormentate di Franciosa, che prima si mostra indifferente, poi sempre più geloso, andando completamente  in paranoia).

    La vischisiosità di una Trieste algida e impenetrabile fa da sfondo alle umiliazioni (quella finale mette una tristezza infinita) che deve sopportare il povero Emilio (un ottimo Franciosa in uno dei suoi ruoli migliori ,insieme a quelli dello giornalista di Nella stretta morsa del ragno e dello scrittore di Tenebre), continuamente preso a zimbello da una strepitosa Claudia Cardinale (con caschetto alla Louise Brooks, ombrellino e varietà di cappellini) che mignotteggia senza pietà (si è fatta tutta Trieste e provincia) e il suo continuo oscillare tra rabbia, frustrazione, repulsione e amore assoluto e viscerale, verso questa donnetta frivola e opportunista che lo ricopre di bugie, le chiede soldi, e lo tratta da zerbino, mentre lui si crogiola nella disperazione, nella gelosia che lo divora e lo consuma piano piano, e nei tormenti dei sentimenti avariati.

    L'occhio distaccato di un esteta come Bolognini osserva il deterioramento mentale del borghesuccio preso per il naso da una verace approfittatrice, che lo condurrà alla solitudine e alla perdizione.

    La Cardinale mai più così carnale e mignottissima (di culto quando lei, dopo l'ennesima notte di bagordi in compagnia di chissà chi, ritorna ubriaca e Franciosa l'apostrofa con un "puzzi di vino", non sapendole comunque resisterle , per poi possederla sulle scale) e Franciosa lontano dalla sua simpatica americanità, che quì diventa un poveraccio paranoico , sempre guardingo , pesando le parole della sua amata, tartassandola di domande e finendo per perdere gli affetti a lui più cari (la sorella che stà per morire, l'amico di Leroy).

    Riverberi quasi horror nella figura di Amalia (di intesissima bravura Betsy Blair), la sorella zitellona, ma ancora piacente, di Franciosa, che smania, vogliosa, nel sonno, per il suo amore non corrisposto (lo Stefano di Leroy), turbando il fratello, con notevoli picchi di morbosità, per poi sfociare nella follia (l'autoavvelenamento con l'etere), tra crisi di deliruim tremens (gli insetti inesistenti sulle braccia della donna) e la sua  agonia, che nella grande stanza da letto prende le atmosfere necrofore e mortifere di un quasi pre Ballata macabra.

    Che di Bolognini io ho sempre sbandierato il suo Gran Bollito è dato di fatto, ma, con la consapevolezza della maturità. riscopro un autore composito, intenso, tanto raffinato nella costruzione architettonica, quanto spietato nel mettere a nudo i sentimenti umani, in un opera decadente, malsana, dall'atmosfera funebre , dove la solitudine (di Franciosa/Emilio, della sorella Amalia) pare il vero punto focale del film.

    Ogni inquadratura che Bolognini rappresenta pare un dipinto (le sequenza notturne al parco sono meravigliose) e la sua classica eleganza formale (per molti fredda e mero esercizio di stile) si amalgama alla perfezione con i suoi tristi e squallidi personaggi, in questo doloroso e malinconico Schiavo d'amore.

    Basti solo la scena nel prefinale, tra i vagoni abbandonati, il mare inquieto, la bora che soffia, il cielo fosco che sovrasta una bellisisma e dolente Trieste, e Franciosa, pieno di rabbia e livore, che tira i sassi addosso alla Cardinale apostrofandola come "puttana" o al lancinate finale con umiliazione annessa "Chiedi scusa" e la fredezza cinica della Cardinale.

    Uno dei parti più acuti dell'autore pistoiese, impreziosito dalla partitura musicale di Piero Piccioni e dalla grandezza visiva di Nannuzzi.

    Quando lo stile impeccabile si amalgama con la sofferenza e i crucci delle pene di un amore che sa di fiele.

    Fatti di gente poco per bene, intinti in un romanticismo amarissimo, che tanfa di necrosi.
    Ultima modifica: 25/08/20 17:38 da Buiomega71