Discussioni su Lo strano mondo di Daisy Clover - Film (1965)

  • TITOLO INSERITO IL GIORNO 21/05/11 DAL BENEMERITO ATTICUS85
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  • Un film straordinario, quasi perfetto!:
    X offender
  • Grande esempio di cinema:
    Atticus85
  • Quello che si dice un buon film:
    Saintgifts, Homesick
  • Non male, dopotutto:
    Paulaster
  • Scarso, ma qualcosina da salvare c’è:
    Buiomega71

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Buiomega71 • 24/08/19 10:08
    Consigliere - 25934 interventi
    Rassegna estiva: Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica

    La rassegna estiva chiude i battenti nel peggiore dei modi (chi ben inizia...)

    Dopo il bellissimo melò pollackiano mi ritrovo la coppia Redford/Wood, sotto la direzione di un regista che amo (Chi è l'altro?-in primis-Il mediatore, Quell'estate del '42, Il buio oltre la siepe, tanto per citare i gioielli mulliganiani), ma questa volta la delusione è assai sonora.

    A mia memoria credo sia il peggior film che ritrae il mondo spietato e crudele di Hollywood (cheppoi tanto spietato , quì, non è), dove Mulligan pare indeciso su quale registro adagiarsi(melò? biopic? commedia? musical?) sfornando un opera confusa, fastidiosa, fiacca e pesante come un macigno.

    Tolti due momenti straordinari, dove salta fuori la mano del Mulligan migliore (la crisi isterica di gelosia della Bard ubriaca-lei sì incisiva nel ruolo della moglie dell'impietoso produttore di Christopher Plummer, che dietro una maschera di fasulla eleganza e charme, nasconde disperazione e tormento-che si avventa sulla Wood rivelandole la bisessualità di Redford e la Wood in cabina di doppiaggio dove ha un tracollo psicologico, con la geniale contrapposizione della sequenza muta, tra lei in cabina con le cuffie e lei che canta sullo schermo), il resto è quasi imbarazzante.

    Cominciando dalla coppia Wood/Redford, che se nel film di Pollack aveva un'alchimia che faceva faville, quì non funzionano quasi mai (troppo finto lui, troppo sciapa lei).

    Di rara antipatia e insopportabilità il personaggio di Daisy, sorta di maschiaccio alla "simpatiche canaglie" (mancavano solo le bretelle e il cappellino) che ammazza ogni tipo di femminilità dell'attrice, che non fa altro che sgranare gli occhioni, azzerando e smussando la carica sensuale della Wood (anche quando c'ha i piedini sporchi), per un ruolo che non crea nessun tipo di empatia, se non solamente irritazione da dare sui nervi (come quando fa i capricci e si mette a scrivere sui muri o agghingata come uno scaramacai altmaniano).

    Redford fa le prove generali per il Grande Gatsby, e le mettono in bocca frasi teatraleggianti ampollose e tronfie.

    Numeri musicali troppo lunghi e esasperanti (coreografati da Herbert Ross), pacchianate che manco il Ken Russell dei poveri (i protovideoclip con la Wood che canta sulle stelle) da sconfinare nel trash più cafone, fittizi cinegiornali biografici (come se della vita di Daisy importasse qualcosa a qualcuno), una madre sciroccata e pittoresca che dovrebbe fare tenerezza (la Ruth Gordon già sulla strada di Harold & Maude) con la gag della casa che và in fumo che è solo squallida, i ridicoli tentativi di suicidio di Daisy con la testa nel forno e una chiusa da commediaccia surreale che pare anticipare Zabriskie Point (la villa che esplode).

    Un'opera sgangherata e lagnosa, che non coinvolge mai (se non delle due sequenze succitate) giustamente rifiutata dal pubblico all'epoca (almeno, per quanto mi riguarda) e anche dalla produzione. Uno dei pochi flop che merita di essere un flop.

    Grazie a dio la versione in vhs è quella mutilata (del film, in sala di montaggio, vennero spurgati 21 minuti) e non so se avrei retto 125 minuti (di sicuro è stata tolta tutta la parte in cui Redford e la Wood vanno a trovare la Gordon all'ospizio-dio ti ringrazio- e alcuni numeri musicali-giustizia è fatta-) , non tutto il cut viene per nuocere, qualche volta.

    Non si avverte nemmeno la spietatezza di Hollywood (nulla a che vedere con la crudeltà dell'Hollywood Babilonia di Quando muore una stella o Il giorno della locusta, tutt'altro pianeta) e i meccanismi inesorabili della "vecchia baldracca" sono solo filtrati attraverso la maschera dura e gelida del produttore di Plummer (qui eccellente) che guarda caso si chiama Swan, come il discografico luciferino del futuro capolavoro di Brian De Palma.

    Pessime (già che ci siamo, facciamolo bene) anche le musiche di un grande (altrove) Andrè Previn.

    Lo star system mulliganiano non graffia, non colpisce, non infierisce, non affonda mai i denti, non imprime la cattiveria, non trasuda mai di vera diperazione e tutto resta in superficie, lasciando solo un senso di inedia e di occasione mancata.

    La rassegna avrebbe dovuto chiudere all'insegna del mondo del cinema (una metafora metacinematografica sulla fabbrica dei sogni e delle sue miserie, ovvero una specie di "dietro le quinte maledette"), ma , contro ogni pronostico, si dà l'addio con il film più brutto del ciclo.

    Un vero peccato, perchè a ridosso del suo regista, delle recensioni positive, del tema trattato e dell'aurea di culto che si porta addosso il film (a sproposito, per quel che mi concerne), era un titolo su cui avevo puntato molto (lasciandolo, appunto, per ultimo), ma tant'è...

    E con la casetta sulla spiaggia che esplode sono esplosi anche i melò

    Il melò è morto, evviva il melò.
    Ultima modifica: 24/08/19 13:38 da Buiomega71