Rebis • 24/09/11 14:50
Compilatore d’emergenza - 4419 interventi Non sono del tutto convinto che la vicinanza al conflitto possa produrre film di maggior profondità: magari, più urgenti, dolorosi, sconvolgenti, questo sì... ma comunque parziali. Né che da Israele possa emergere uno sguardo sinceramente universalizzante. Sono troppi gli interessi in causa nel conflitto, e non solo di tipo economico e politico. Ho amato
Valzer con Bashir (e ad oggi rimane uno dei miei film preferiti) proprio perché mette in atto quel processo di rimozione e successiva anamnesi che consente un distacco critico, consapevole, che diventa il film stesso, che porta all'accettazione attraverso la traduzione in immagini (l'animazione si fa progressivamente più fluida, armonica...). Processo che non ho riscontrato in
Lebanon (né credo rientrasse nelle intenzioni del regista, mosso da ben altro). Date le condizioni del mondo allo stato attuale, Israele rappresenta forse solo il conflitto di più lunga durata, ma credo che non abbia alcun primato quanto a impellenza comunicativa. La guerra, la guerriglia, le sommosse scorrono dappertutto sottopelle, dall'Inghilterra alla Siria.
E' vero che ci sono quantità di film sulla guerra ma per me quello che chiami cerebralismo (e mi riferisco ad eccellenze: Malick, Kubrick, De Palma, Eastwood, Stone...) è proprio lo strumento che consente di pervenire ad una universalizzazione che non sia solo approssimazione, conseguenzialismo o mera allegoria (come avviene in
Lebanon). E' proprio il distacco, la sfera intellettuale a generare una riflessione profonda e non banale.
Concordo però su quanto dici in riferimento all'opera prima: forse il mio giudizio è stato troppo severo, ma quando l'ho visto era ancora nell'aura da Leone d'Oro, un riconoscimento al film che per me rimane davvero esagerato...
Ultima modifica: 24/09/11 19:17 da
Rebis
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