Discussioni su Shortbus - Dove tutto è permesso - Film (2006)

DISCUSSIONE GENERALE

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  • Cotola • 23/05/11 23:51
    Consigliere avanzato - 3842 interventi
    La media risulta sia 4 pallini, ma non essendoci voto che superi il 2 e mezzo, ritengo
    trattasi di errore.
  • Zender • 24/05/11 08:41
    Capo scrivano - 47726 interventi
    Vero, sistemato (anche se qualcuno per un po' vedrà ancora i 4 pallini). Grazie.
  • Raremirko • 19/08/20 23:13
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Eccentrico, queer e weird, è stato girato solo  solamente al fine di far scalpore.

    E' un porno a tutti gli effetti con poco da dire e molte stranezze da mostrare.

    Mi ha lasciato impresso poco o nulla. Il regista farà meglio con Rabbit hole.

    Echi, lontanissimi, di Soderbergh.
  • Poppo • 25/08/20 10:04
    Galoppino - 465 interventi
    Raremirko ebbe a dire:

    E' un porno a tutti gli effetti con poco da dire e molte stranezze da mostrare.


    Critica ingenerosa e - non me ne vogliate - un po' troppo spiccia e superficiale...

    premesso che si tratta di una commedia e non di un film drammatico, rimane evidente l'intento, perfettamente riuscito, di veicolare scene pornografiche alle grandi masse del cinematografo lasciando nei fatti allibiti molti spettatori per alcuni eccessi erotici ai quali il frequentatore tipo di cinema in sala non è certo abituato.

    ricordo perfettamente le critiche ufficiali e i commenti scandalizzati di alcune signore borghesi all'uscita dalla sala alla prima visione milanese...

    non faccio l'elenco delle scene XXX perché sarebbe stucchevole e inutilmente provocatorio...

    al di là di questo rimane una commedia densa di critica sociale ai costumi sessuali della contemporaneità, ovviamente girata in ambienti LGBT in modo tale da poter permettere una visione a 360 gradi delle problematiche sessuali che affliggono il mondo occidentale (ma credo ormai tutto il globo) e che a tutt'oggi vengono taciute proponendo invece una visione alterata di un mondo sessuomane, pornomane, e intendo a "scopare come ricci" in ogni luogo possibile.

    liquidare negativamente questa pellicola etichettandola come "porno" azzera la nostra capacità critica di leggere il cinema (e scusate di nuovo la presunzione).

    sono passati decenni da quando la scuola porno americana tentava di lanciare contenuti con una mezza dozzina di assoluti capolavori del genere hard core (anni settanta)

    oggi (nuovo secolo) c'è veramente poco, e sinceramente questo poco (scusate la nuova perorazione antipatica) trovo che dovrebbe essere valutato e inserito nel Davinotti (anche perché avendolo fatto con questo e con un altro paio storici...).

    ciao
    Ultima modifica: 25/08/20 10:06 da Poppo
  • Zender • 25/08/20 18:50
    Capo scrivano - 47726 interventi
    Poppo, ognuno ha il diritto di pensarla come vuole e di etichettarlo come preferisce; poi certo, nel forum sarebbe sempre meglio far  precedere il pensiero da un "secondo me" spiegandone i motivi. Quanto all'hard è sempre la solita questione su cui non è il caso di tornare. Esiste un sistema, si usa quello.
  • Poppo • 28/08/20 12:32
    Galoppino - 465 interventi
    Riguardo all'hard lasciami fantasticare su una commissione critica davinottiana che si riunisca una volta l'anno per scegliere un titolo meritevole da essere inserito del catalogo... Sarebbe carino no?
  • Zender • 28/08/20 17:53
    Capo scrivano - 47726 interventi
    Fantasticare non è certo vietato, ci mancherebbe.
  • Raremirko • 29/08/20 23:38
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    E allora per me sarebbe stato meglio che il film fosse uscito direttamente come porno e come riflessione sul porno (vedi l'ottimo Lovelace di Epstein-Friedman) per risultare di sicuro più interessante.
  • Buiomega71 • 24/09/22 10:20
    Consigliere - 25933 interventi
    Mitchell prende la coralità altmaniana al servizio di quello che, alla fine, è un porno gay glamour, con scene di sesso non simulate e hardcore degne di Bruce LaBruce e Jean-Daniel Cadinot (il terzetto che ci da dentro, tra fellatio e rimming, messo in scena con toni umoristici, prende per sfinimento e non è affatto divertente, almeno per quel che mi concerne), e riempie il suo film (comunque coraggioso e sincero, questo è un atto dovuto sicuramente) di un guazzabuglio di infinite chiacchiere sul sesso, sui rapporti di coppia, sull'orgasmo femminile, sul disagio e la solitudine, vecchie almeno quanto il cucco (Mike Nichols, con Conoscenza carnale, aveva già detto tutto già del 1971, in tal proposito)

    La provocazione fine a se stessa ben studiata a tavolino per scardinare l'ipocrisia (l'auto sesso orale -ma già Ron Jeremy lo praticava in Lips di Paul Vatelli-i discorsi della travestita sull'uso del sangue mestruale, il momento "gerontofilo" con l'ex sindaco di New York, la mega orgia che lascia ben poco all'immaginazione, ma basterebbe quella oleosa-e pre yuzniana- filmata da Alex De Renzy in Pretty Peaches per mettere tutti a tacere-, schizzi di sperma sulle pareti-ma Todd Solondz in Happiness c'era arrivato prima-, peni in erezione, masturbazioni maschili e femminili-quest'ultima previo dildo elettrico, ammucchiate gaye, ovetti birichini infilati nella vagina e premuti alla bisogna-con la sequenza slapstick del telecomando trafugato che francamente non riesce a essere così comica come Mitchell avrebbe voluto, che pure qui Shin'ya Tsukamoto aveva fatto ben altro in A snake of June-, effusioni lesbo-ma timidissime se confrontate con i rapporti strong omosex maschili-e poco attraenti lesbiche che cianciano del nulla nel Tempio della fica, sottoprodotto della factory wharoliana) ma che risulta un pò aria fritta di cose e situazioni ormai già sdoganate da tempo (Stonewall mica è passato invano) dove non manca l'esibizione queer/canora alla Hedwig-con un musicista con barbetta che assomiglia in modo impressionante ad un giovane Stanley Kubrick-in un finale di ostentata allegria alla "tutti insieme appassionatamente" non poco abominevole e rivoltante (non per il sesso, sia chiaro, ma per l'impronta buonista da voltastomaco, con quella banda musicale parafelliniana che entra in scena facendo un gran fracasso e manda quel poco di interessante a remengo).

    A Mitchell va riconosciuto il coraggio sicuramente, qualche buon momento visivo molto suggestivo (Sofia che parte per un viaggio mentale "orgasmico" dentro una foresta impervia, per ritrovarsi davanti una panchina newyorkese che da sul mare aperto, il blackout, La finestra sul cortile in chiave gaya), attimi drammatici intensi (l'annegamento dell'uomo anziano nella piscina, il tentato suicidio ancora nella piscina), ma che poi si risolvono in un nulla di fatto, la bellissima canzone sui titoli di coda e la bravura del cast di sconosciuti (anche se, come personaggi, parecchio antipatici dove non si riesce a empatizzare o a provare emozioni, forse, solo la mistress  tormentata e sola di Severin regala qualche barlume emotivo).

    Terribile  la New York in CG stile Pixar, omaggio all'amico Gus Van Sant citando Belli e dannati come modello per far marchette omo e un'intelaiatura da commedia "andersoniana" che non diverte e non riesce, in nessun modo, a essere simpatica o gradevole (infatti, quelli che funzionano, sono i momenti drammatici, ma centellinati col contagocce).

    Di film sulla libertà sessuale ne è pieno il panorama cinematografico e Mitchell non si inventa nulla di così trasgressivo o di rottura (come vorrebbe far credere, visto che nemmeno il porno nel cinema "mainstream", nel 2006, era più una novità), in una pellicola, che se non fosse per le scene di sesso esplicite, finirebbe dritta nel dimenticatoio nel mare magnum dei prodottini indie.

    A questo punto molto meglio un sano porno della golden age settantiana.




    Ultima modifica: 24/09/22 15:13 da Buiomega71