Discussioni su Mamma Roma - Film (1962)

DISCUSSIONE GENERALE

  • Se ti va di discutere di questo film e leggi ancora solo questa scritta parti pure tu per primo: clicca su RISPONDI, scrivi e invia. Può essere che a qualcuno interessi la tua riflessione e ti risponda a sua volta (ma anche no, noi non possiamo saperlo).
  • Fvtrade • 8/05/09 19:46
    Disoccupato - 3 interventi
    Qualcuno ha notizie dell'attrice Silvana Corsini? Compare solo in film pasoliniani (oltre a Mamma Roma anche in Accattone ad es.) ma di lei non esiste traccia in nessun Forum e in nessun sito di Cinema.
    Mi piacerebbe avere sue notizie in quanto, nel panorama cinematografico del periodo è una delle caratteriste che maggiormente hanno attirato la mia attenzione.

    Grazie in anticipo
    Franco
  • Stefania • 14/05/12 12:42
    Addetto riparazione hardware - 603 interventi
    Vorrei segnalare che, nella sequenza in cui Ettore e i suoi amici si ritrovano per l'ultima volta di fronte all'ospedale con l'intenzione di compiere l'ennesimo furtarello (quello che avrà conseguenze... fatali), uno dei ragazzi, allontanandosi in motorino, si rivolge ad Ettore e all'amico chiamandoli "A coattiii!", e facendo il gesto di mettersi davanti alla faccia la mano con le dita aperte. Non so se oggi questo gesto di dileggio sarebbe compreso, neppure dai romani, così come non so se oggi si conosce il significato originario del termine "coatto".
    Attualmente, viene definito "coatto" un individuo rozzo nei modi, nel linguaggio, nell'abbigliamento, ma originariamente il termine indicava un avanzo di galera, o un delinquente meritevole della galera ("coatto" nel senso "costretto" alla detenzione in carcere). L'epiteto era accompagnato dal gesto della mano aperta sulla faccia, a suggerire l'immagine delle sbarre della prigione.
    Questo, me l'hanno raccontato, ma sarebbe interessante sapere dagli amici romani se adesso l'epiteto e il gesto sono ancora in uso: io credo si tratti di un reperto di... archeologia dei costumi!
  • Il Dandi • 17/05/12 20:41
    Segretario - 1488 interventi
    Stefania ebbe a dire:
    sarebbe interessante sapere dagli amici romani se adesso l'epiteto e il gesto sono ancora in uso

    Sull'etimologia del termine "coatto" hai purtroppo ragione, credo che a Roma (o forse ovunque) nessuno sia più in grado di usarlo nell'accezione originaria.

    Il gesto della mano aperta davanti alla faccia ad indicare le sbarre invece è ancora usato in certi ambienti, o perlomeno comprensibile a chiunque; sarà stato "traghettato" nella modernità più facilmente, lo ricordo anche in qualche film di Tomas Milian.
  • Stefania • 18/05/12 13:02
    Addetto riparazione hardware - 603 interventi
    Il Dandi ebbe a dire:
    Stefania ebbe a dire:
    sarebbe interessante sapere dagli amici romani se adesso l'epiteto e il gesto sono ancora in uso

    Sull'etimologia del termine "coatto" hai purtroppo ragione, credo che a Roma (o forse ovunque) nessuno sia più in grado di usarlo nell'accezione originaria.

    Il gesto della mano aperta davanti alla faccia ad indicare le sbarre invece è ancora usato in certi ambienti, o perlomeno comprensibile a chiunque; sarà stato "traghettato" nella modernità più facilmente, lo ricordo anche in qualche film di Tomas Milian.

    Immaginavo... anche se allora, piuttosto di quel gesto arcaico e inquietante nella sua icasticità, è meglio la graziosa e scherzosa iperbole della "chiave di cioccolata", che mi fa tanto ridere:))
  • Alex77 • 18/07/12 23:47
    Disoccupato - 2 interventi
    chiedo lumi su una location presente almeno in un paio di inquadrature, chiedo scusa se sarò un pò approssimativo ma vado a memoria.
    La scena in questione è quella in cui Ettore e Bruna si "infrattano" e il luogo immortala quella che sembra essere il portale di una galleria in aperta campagna.
    Le scene immediatamente precedenti si riferiscono al parco degli acquedotti ma nel suddetto non ho mai notato una costruzione del genere.
    Qualcuno ne sa di più?
  • Didda23 • 28/09/13 00:54
    Contatti col mondo - 5798 interventi
    @ Gugly
    Riprendendo la curiosità che hai scritto inerente alla poca soddisfazione di Pasolini del risultato della Magnani, mi trova sostanzialmente d'accordo. Nel senso che la sua prova non mi ha convinto per niente( del fatto politico sociale non mi frega nulla). È la classica attrice che si vede lontano un chilometro che sta recitando e per me stride con l'area neorealista che si respira. Per me ha inciso molto sulla valutazione.
  • Gugly • 28/09/13 08:46
    Portaborse - 4710 interventi
    Didda23 ebbe a dire:
    @ Gugly
    Riprendendo la curiosità che hai scritto inerente alla poca soddisfazione di Pasolini del risultato della Magnani, mi trova sostanzialmente d'accordo. Nel senso che la sua prova non mi ha convinto per niente( del fatto politico sociale non mi frega nulla). È la classica attrice che si vede lontano un chilometro che sta recitando e per me stride con l'area neorealista che si respira. Per me ha inciso molto sulla valutazione.


    Ciao Didda,
    ho capito che cosa vuoi dire: in questo senso probabilmente hai ricavato la stessa impressione che ebbe il regista: gli altri recitavano la propria vita, la Magnani recitava una parte; per di più, se è vero che interpretava la parte di una prostituta che aspirava ad un innalzamento di livello sociale, dei modi sguaiati e popolari della medesima che dovevano essere percepibili "di base" non aveva molto.
    Ultima modifica: 28/09/13 08:47 da Gugly
  • Raremirko • 11/07/14 01:23
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Curiosamente nella parte finale un personaggio cita "il girone della merda", che il regista renderà indimenticabile, 13 anni dopo, in un altro film...
  • Raremirko • 11/07/14 01:26
    Call center Davinotti - 3862 interventi
    Il ragazzo legato al letto rimanda al dipinto Cristo morto di Andrea Mantegna
  • Graf • 11/07/14 01:39
    Fotocopista - 908 interventi
    Raremirko ebbe a dire:
    Il ragazzo legato al letto rimanda al dipinto Cristo morto di Andrea Mantegna

    Vero.
    E' tipico della poetica di Pasolini nobilitare la materia "bassa" con richiami artistici e stilistici "alti". Conformare l'inquadratura alla pittura del Rinascimento o usare come colonna sonora la musica barocca di Vivaldi permette la "lievitazione" di una storia brutale e disperata in una dimensione atarassica, pacificata e quasi fuori dal tempo.
  • Rufus68 • 9/10/16 22:36
    Contatti col mondo - 218 interventi
    Quando il protettore di Biancofiore legge la carta d'identità del malcapitato proprietario del ristorante Ciceruacchio, egli dice:
    "Abitante in via Capecelatro 15".
    Nel 1962, quando fu girato il film, questo era un errore: a quel tempo si doveva parlare di Piazza Alfonso Capecelatro (una piazza di Primavalle).
    L'errore, tuttavia, è scusabile: la denominazione toponomastica "Piazza Alfonso Capecelatro" fu istituita il 25 febbraio del 1948.
    Dal 5 giugno 1941 (delibera 1749 del Comune di Roma) ad allora il termine esatto era proprio "Via Alfonso Capecelatro".
    Magari gli sceneggiatori hanno compulsato un dizionario toponomastico anteriore al 1948.
  • Pigro • 11/10/16 00:09
    Consigliere - 1659 interventi
    Rufus68 ebbe a dire:
    Quando il protettore di Biancofiore legge la carta d'identità del malcapitato proprietario del ristorante Ciceruacchio, egli dice:
    "Abitante in via Capecelatro 15".
    Nel 1962, quando fu girato il film, questo era un errore: a quel tempo si doveva parlare di Piazza Alfonso Capecelatro (una piazza di Primavalle).
    L'errore, tuttavia, è scusabile: la denominazione toponomastica "Piazza Alfonso Capecelatro" fu istituita il 25 febbraio del 1948.
    Dal 5 giugno 1941 (delibera 1749 del Comune di Roma) ad allora il termine esatto era proprio "Via Alfonso Capecelatro".
    Magari gli sceneggiatori hanno compulsato un dizionario toponomastico anteriore al 1948.


    No, Pasolini (e non "gli sceneggiatori") non leggeva la toponomastica sulla carta, ma la "viveva" andando in giro e riportando i nomi che sentiva dalla gente. E lui ha scritto proprio "via Capecelatro 15".
    Magari il proprietario del ristorante non aveva rinnovato la sua carta d'identità per anni, e quindi questa riportava ancora la denominazione vecchia...
    A parte le battute, è che forse nel parlato normale della gente che abitava da quelle parti tra la fine degli anni 50 e gli inizi degli anni 60, quel posto era chiamato ancora con il nome vecchio: càpita spessissimo. C'è gente che ancora traduce l'euro in lire, figuriamoci se gente che per una vita ha chiamato una strada in un certo modo smette per delibera comunale. A Bologna si continua a chiamare "Piazza Santo Stefano" quella che in realtà sarebbe "via Santo Stefano", per dire...
  • Buiomega71 • 3/08/20 10:38
    Consigliere - 25934 interventi
    Rassegna estiva: Italian Graffiti d'agosto 

    Ancora oggi attualissimo, che non ha perso un grammo della sua narrazione viscerale che arriva diretta come un pugno nello stomaco (e se un film non risente del passare del tempo, per quanto mi concerne, è un gran film), dove Pasolini parla con il cuore in mano, senza le allegorie e i simbolismi che verranno dopo (Porcile, Teorema), ma guardando ad un pubblico vasto e non solo per certi spettatori colti e snob.

    Cinema di pancia quello del primo Pasolini, che con un realismo aspro regala un racconto sanguigno e vitale, impreziosito dalla straordinaria strabordanza veemente di una Magnani che furoreggia in maniera impressionante, divisa tra un amore figliale che sfiora la morbosità incestuosa e la ricerca della retta via (facendo l'ortolana al mercato).

    L'inizio al banchetto di nozze, con la geometria della composizione dei tavoli e i canti è la stessa identica di quella che sarà in Salò (pure Citti con la sua sposa "donna scimmia"), così come il vagabondare di Ettore tra i campi (sullo sfondo i palazzoni in costruzione) ha in embrione i sopralluoghi del Decameron e della Ricotta.

    Dalla Magnani che lancia una scarpa con il tacco ai ragazzacci sulle scale, a Ettore che ne prende un sacco e una sporta dai "ragazzi di vita", dove la promiscua e contesa Bruna lo pianta in asso per andarsene con i suoi amici, ai discorsi surreali e deliranti della Magnani che passeggia di notte battendo, tra le luci dei lampioni  e le belle donne, dove le si affiancono effemminati marchettari e varia fauna umana maschile, a quelli di Ettore sulla morte di un bimbo di due anni, allo straordinario momento quando , sul piatto del giradischi, parte Violino tzigano (cantata da Joselito) e la Magnani insegna il tango al figlio, Violino tzigano che torna quando Ettore, al mercato delle pulci, rivende i dischi sotratti alla madre, tra cui proprio Violino tzigano, alla laidezza del pappone di Citti (di furiosa rabbia femminea quando la Magnani, in cucina, lo aggredisce con un coltello da cucina, che mi sembrava una scena di Attrazione fatale ante litteram).

    Puro cinema proletario , popolano, pasoliniano fino al midollo, che scava tra i volti dei ragazzi di vita, di ragazze facili non propriamente bellissime, di protettori, di puttane, di carcerati e degenti in ospedale (il furto della miserissima radiolina bianca è un must), fino al disperato finale, che non commuove, con Ettore legato ad un tavolaccio e la grata del tugurio (i simbolismi pittorici non li ho colti, essendo totalmente a digiuno sulla materia), oppure la sua crisi in cella, dove viene afferrato dagli altri carcerati, che ha tutta l'aria di un terribile stupro di gruppo omossessuale.

    Dialoghi taglienti nella carnalità romanesca, cattiveria, cinismo, crudeltà, rabbia e miserie umane (la tristezza e lo squallore infinito di andare a rubare ai ricoverati in ospedale), nella sincerità narrativa di un Pasolini al massimo della forma registica (come cantastorie).

    Degna di nota la prostituta della Loiano "Biancofiore", quintessenza del personaggio pasoliniano con quella non recitazione tipica del regista friulano, coacervo di ignoranza, sensualità, carnosità e grezza femminilità, mentre Garofalo assomiglia troppo a Bruce Lee (quando poi è disteso, sul tavolaccio , a occhi chiusi, è identico a Chen).

    Come avverà nel primo Scorsese di little italy con il Ken Loach delle periferie londinesi, Pasolini ritrae le borgate romane con doloroso lirismo e un emotività che lascia il segno.

    Puro cinema istintivo, per quel che mi concerne il miglior Pasolini della prima ora.

    Per la serie conrnuto e mazziato. Il povero Ettore non c'ha soldi, il fancazzismo dilaga, sottrae i dischi alla mamma, li rivende ad un poco pulito ricettatore che compra di tutto. Si piglia i soldi e acquista una collana da quattro soldi da donare ad una ragazza dei quartieri popolari non propriamente attraente (e pure parecchio mignotta) di qui si è invaghito (Bruna).
    Risultato, massimo dello zerbinismo e dell'umiliazione: viene menato dai suoi compari nullafacenti, lasciato lì saccagnato di botte e la sua  ( grezzissima) Bruna se nè và con gli altri lasciandolo lì come un fesso (Ci vediamo domani Ettore).
    Allo sfortunato Bruce Lee de borgata non gliene va dritta una.

    Straordinaria e incisiva la fotografia in bianco e nero di Delli Colli.



    Ultima modifica: 3/08/20 19:16 da Buiomega71