Buiomega71 • 21/08/19 10:48
Consigliere - 25999 interventi Rassegna estiva:
Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica
Che regista che è Douglas Sirk (di suo, nella mia videoteca, avevo solo questo, quindi sono corso ai ripari acquistando immediatamante
Interludio,
Secondo amore-che avrei già dovuto acquistare dopo aver amato
Lontano dal paradiso-
Lo specchio della vita e
Magnifica ossessione), viscerale, esteta fino alla maniacalità, fumettoso tanto da sconfinare nel pre pulp, isterico nel caricare i suoi personaggi tanto da farli sconfinare nel grottesco del teatro dell'assurdo, avanti anni luce per quanto concerne inquadrature, montaggio, narrazione serratissima, psicologia dei personaggi, enfasi emotiva e maestro assoluto nel caricare i suoi melò di diperazione e angoscia fino all'eccesso.
E che mezzo capolavoro che è
Come le foglie al vento, già dallo straordinario e sbalorditivo incipit, con Stack (grandioso) che corre con la sua auto sportiva come un pazzo, tra foglie che invadono i corridoi della grande villa, fotografia tra il noir e i cromatismi più accesi (Bava segnerà sul taccuino), uno sparo e un uomo che cade a terra esanime, un calendario che và a ritroso per presentare la storia come un lungo flashback.
Basterebbe già l'inizio al fulmicotone per relegare Sirk tra i grandi registi, ma l'autore tedesco non si ferma quì, perchè il suo fiammeggiante (mai aggettivo fu più consono) melodramma ingrana la quinta e non si ferma più.
Ninfomani viperelle travestite da femme fatale che se la spassano con uomini occasionali (cosa non è Dorothy Malone), al bar con poco di buono o abbordando benzinai sulla spider rossa (Dennis Hopper ne sarà stato fulminato e se lo ricorderà per
The Hot Spot) e che ballano spasmodicamente in una danza isterica e forsennata, con il padre che si becca un infarto e ruzzola giù per le scale (momento di cinema "estremo" unico, dove ti domandi "ma che razza di regista è Sirk?") , Stack preda delle sue ossessioni e delle sue angoscie personali (da antologia la pistola sotto al guanciale), che scoperto di essere sterile (pezzo di regia unico la sequenza in cui il medico le dice che i suoi spermatozoi sono "deboli", esce dal bar disperato e vede un ragazzino sul cavallino che le ride in faccia) si aliena tra alcool e follia, fino alle drastiche conseguenze che porteranno la vicenda ad un violento punto di non ritorno, con un emotività febbrile che sfocia nel sanguigno prefinale, non lasciando un attimo di respiro, trasformando il melò sirkiano in una cruda tragedia greca, tra solitudine, ricatti, follia, rabbia e gelosia.
Tutto è portato all'estremo, dalle realistiche scazzotate, alle seduzioni dell'amorale Malone (il picnic al fiume, il continuo irretire un impassibile-e straordinario-Rock Hudson, il comportamento cinico che ha verso la cognata, il mettere il tarlo della gelosia al debole e fragile fratello, Stack che cerca dannatamente la pistola nascosta nell'ufficio del padre, devastando mezza casa) alla cieca furia di Stack quando la Bacall-di gran classe-le dice che è rimasta incinta, facendola abortire con un ceffone, dettato da una rabbia belluina e incontrollabile, a Stack ubriaco al bar che chiede la pistola al barista.
E Sirk ammanta il suo delirante melò con inquadrature ricercate, affidandosi ai cromatismi suggestivi di Russel Metty che spaziano tra il sogno e l'incubo, il kitsch più squisito e l'estetismo più sfrenato, agli interni lussuosi di stanze d'albergo e di ville maestose, tra drappi, tendaggi, specchi, corridoi, scalinate, balaustre troneggianti, sensuali vestagliette rosso sangue, finestre dove gli sguardi dolenti della Malone sono ritagliati come in un horror, scrutando dalla sua camera la dannazione del suo amore non corrisposto e la decadenza della sua famiglia dal sangue guasto (
Tu sei malata, dice, ad un certo punto, Hudson alla Malone, dopo l'infame ricatto).
Grande, grandissimo cinema, immenso, monumentale regista, che ispirirà non solo Fassbinder e Haynes, ma anche Lynch, Coppola e Scorsese.
La Malone che si infila le calze di nylon con una sensualità tra le più ardite dell'epoca, il suo ballo scatenato alla festa davanti ad un Hudson indifferente che produce più di un erezione, il modellino del pozzo petrolifero nelle mani di una sconsolata e sconfortata Malone che ha tutte le reminiscenze di un simbolo fallico, la grazia e la comprensione della Bacall, remissiva moglie triste di un uomo allo sbando e prigioniero dei suoi tormenti, l'amore soffocato di Hudson, un amicizia virile/fraterna che lambisce una larvata omosessualità.
Cinema con la C maiuscola e scoperta di un autore più vicino che mai alla mia concezione di visceralità, di melò splendidamente decadente e mortifero, e furia incotrollabile dei sentimenti più passionali, tra silfidi diaboliche e sfrontate, dolci mogli condiscendenti e mariti insicuri divorati dall'ossessione.
E per capire che narratore abbagliato di magnificenza sia Sirk, basta solo la sequenza dei poliziotti che arrivano entrando a villa Hadley, o solamente riprendendo una coccarda portata via dal vento sul vialetto.
Quando il melò incendia l'anima e i sensi, Douglas Sirk santo subito.
A un passo dal capolavoro.
Il Gobbo
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