Buiomega71 • 27/09/13 11:19
Consigliere - 25944 interventi Come ho sempre sostenuto quando un attore passa dietro la MDP sfiora quasi sempre il capolavoro (chessò Johnny Deep con Il
coraggioso, Kevin Costner con
L'uomo del giorno dopo, Sean Penn con
La Promessa, Kevin Spacey con
Albino Alligator)
Anche Tommy Lee Jones non si sottrae a questa regola, realizzando una struggente ballata omerica, toccante e profonda, dolorosa e quasi surreale nella sua follia
Più che Peckinpah c'è molto Tony Richardson, soprattutto nella bellissima prima parte (quella che ho amato di più) che sembra un remake di quel capolavoro che e
Frontiera (il giovane poliziotto appena arrivato con moglie frivola che pensa solo ai centri commerciali, sceriffi ottusi, clandestini messicani trattati come carne da macello, la provincia texana non luogo arido e assolato, dove il meglio che può capitare e una vicina di casa che sembra uscita da un film di John Waters), nonchè il John Sayles di
Stella Solitaria
Sorprendentemente Jones non lesina sul sesso: il poliziotto Mike di Pepper che si trastulla leggendo
Hustler-impagabile la sua tentata masturbazione con la rivista infrattato tra i cespugli del deserto, prima dell'ecatombe-, Mike che prende da tergo la moglie in cucina, mentre lei impassibile guarda una fiction in tv, la mangiauomini di Melissa Leo, i film porno alla tv via cavo, la moglie di Mike "bella di giorno" per noia, l'impotenza dello sceriffo Belmond.
Una prima parte che mi ha ricordato parecchio anche
America Oggi di Altman, con una narrazione a flashforward di cui di primo acchito si stenta ad arrivarci su, ma che poi si fa fluida man mano che il film scorre
Si cambia registro nella seconda parte, quella del viaggio iniziatico quasi allucinato con echi westerneggianti con incontri quasi lynchiani (struggente quello col vecchio eremita cieco che chiede a Jones di ucciderlo), momenti di inaspettato humor macabro (il cadavere di Melquiades in continua decomposizione, le formiche, l'antigelo, la cura quasi necrofila che Jones riserva al cadavere dell'amico-la pettinatura-) e un Mike/Pepper sulla via del martirio fisico.
Per poi arrivare in Messico, tra bar all'aperto arrabaliani con ragazzine che suonano pianoforti mal messi, chiche vendicative (il naso rotto) e Jimenez, oasi che non c'è, fatta di sassi e sole a picco.
Alcuni passi che paiono enigmatici (lo sceriffo Belmond ha sotto tiro Jones, ma rinuncia a spararle, i racconti di Melquiades che sembrano fantasticherie), altri surreali (la fuga di Mike in mezzo al deserto con Jones che lo accompagna come un ombra)
Grande regia eastwoodiana di immenso respiro, magnifica fotografia di Chris Menges, sonorità melodiche di Marco Beltrami (così come alcune canzoni) e una chiusa che mi ha lasciato un pò l'amaro in bocca
Battuta cult dello sceriffo Belmond, che fà cilecca con Melissa Leo (che le propone il Viagra): "
Piuttosto di prendere quella roba, faccio i pompini ai camionisti!"
Anomalo e iptnotico, denso e ben poco commerciale, con l'incipt del coyote da tramandare a memoria, così come la riesumazione della salma di Melquiades e il cavallo che ruzzola giù da un canyon
Anche se la prima parte mi ha conquistato di più. La seconda, seppur interessante, soffre di un certo manierismo (Mike che rivede la fiction in tv preferita dalla moglie e si mette a piangere, i messicani buoni e ospitali)
Il Jones attore e un looser ombroso che rasenta la psicopatologia, il Jones regista e assolutamente straordinario!
Ma si respira comunque gran cinema.
Lovejoy, Furetto60
Bruce
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