Paranoid Park - Film (2007)

Paranoid Park

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L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 11/01/08 DAL BENEMERITO GALBO POI DAVINOTTATO IL GIORNO 2/08/12
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Galbo 12/01/08 05:41 - 12392 commenti

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Un sedicenne skater di Portland compie involontariamente un grave reato ma non trova il coraggio di confessarlo apertamente. Tratto dal romanzo omonimo di Blake Nelson il film è un interessante lavoro dal taglio "sperimentale" del regista Van Sant. Cambiando continuamente le prospettive di osservazione (e adoperando un montaggio frammentario), il film tende a disorientare lo spettatore ma è il frutto di una lucida (e veritiera) analisi sul mondo degli adolescenti e sulle barriere di comunicazione generazionale.

Deepred89 4/04/08 18:07 - 3706 commenti

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Un'occasione mancata. Lo spunto di partenza è ottimo, ma il film comincia presto ad avvolgersi su se stesso, Van Sant si compiace in maniera eccessiva e il film, quando sembrava pronto per decollare, si chiude con un deludentissimo finale aperto. Ottimo cast, buona fotografia e colonna sonora molto azzeccata, ma il film rimane solo un'esercizio di stile neanche troppo riuscito.

Tarabas 24/12/08 09:21 - 1878 commenti

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Paranoid Park è una malfamata pista da skateboard nella periferia della città, rifugio malconcio di ragazzini altrettanto malmessi, con adulti assenti (il padre del protagonista è perennemente inquadrato fuori fuoco). Seguiamo il protagonista durante giornate senza scopo, mentre scrive una confessione in una lettera che nessuno leggerà mai. Girato e fotografato in chiave antirealistica, il film è un riuscito tentativo di raccontare più con le immagine che con la trama. Insolito e affascinante.
MEMORABILE: "Forse non sono pronto per Paranoid Park" "Certo che non lo sei. Nessuno è mai pronto per Paranoid Park."

Pigro 13/02/09 09:44 - 9666 commenti

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Il film è l'ennesimo omaggio di Van Sant agli adolescenti belli e dannati, in questo caso si tratta di un lungo sguardo, quasi documentaristico, sugli skater, con il semplice e flebile pretesto narrativo di un omicidio. In realtà al regista non interessa raccontare una storia né una condizione esistenziale o sociale o generazionale, ma più semplicemente "spiare" i "suoi" ragazzi. Il problema è che quasi sempre (soprattutto in questo film) lo sguardo rimane in superficie, con generiche annotazioni antropologiche, generando una sostanziale noia.

Puppigallo 2/04/09 09:30 - 5275 commenti

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Alla fine, vederlo non mi è dispiaciuto. Non si può infatti dire che non si respiri una certa aria d'autore. Il problema è che, troppo spesso, quest'aria assume più le caratteristiche del cloroformio. L'insistere sui rallenty delle evoluzioni degli skaters, sulle camminate del giovane protagonista, o sulle azioni di tutti i giorni, compreso il rapporto con una ragazzina che più di tanto non gli interessa, fanno addirittura passare in secondo piano l'uccisione di un uomo. Convincenti i giovani attori. Sicuramente vedibile (la reazione del protagonista lascia un certo disagio), ma arrancante.
MEMORABILE: L'uomo, diviso in due, ancora vivo, che si trascina.

MAOraNza 6/10/09 02:11 - 244 commenti

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La sensazione è che Gus Van Sant non avesse ben chiaro dove andare a parare. Paranoid Park ha un'apertura lisergica: un sacco di riprese "a mano", immagini distorte, musica ipnotica. Il risultato è una specie di Stand By Me all'incontrario, dove la fine dell'adolescenza viene inevitabilmente griffata dalla leggerezza. E da un morto. Lento, un po' pesante, continui flashback che si alternano con il presente. Peccato, lo spunto iniziale non era male e il giovane protagonista è in gamba, ma non riesce a lasciare poco più di un finale già scritto.

Capannelle 21/09/09 15:36 - 4411 commenti

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Non è memorabile come vuole la critica ma non è nemmeno un film banale: colpisce la soavità di certe scene/musiche (tra cui diverse di Nino Rota) in mezzo a tanto torpore esistenziale e psichedelia immaginifica. Van Sant ha il grosso merito di non svoltare mai verso il dramma o i clichè tipici dei film sui giovani (droga, sesso, bulli..). La sua denuncia sull'incomunicabilità percorre sentieri tortuosi ma a modo loro affascinanti. Un film che nel complesso può risultare pesantuccio ma che, se ripensato, può prendere una forma interessante.

Giuliam 22/10/09 11:05 - 178 commenti

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Introspettivo film di Gus Van Sant, seconda opera dedicata alla gioventù americana, soltanto che qui la trama non è concentrata su un fatto di croncaca (come in Elephant). Non è la storia sullo "skateboard", come qualcuno avrebbe intuito, bensì un tentativo di descrivere gli sfondi delle periferie americane e l'ingenuità adolescenziale. Regia magnifica, il ritmo un po' meno.

Enzus79 22/10/09 10:36 - 2896 commenti

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Gus Van Sant ha il pregio di conoscere il mondo giovanile. Come in precedenza fu per Last days e Elephant, ne esce un mezzo capolavoro. I ralenti e le scene senza senso ci sono, ma quando si arriva al succo del soggetto il film ne esce bene. L'attore principale è bravo.

Rickblaine 22/10/09 10:58 - 635 commenti

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Piccola opera sperimentale che lavora sui motivi che dividono il mondo adolescente dalla realtà quotidiana degli adulti. Un giovane uccide involontariamente un uomo e si crea complessi di colpa che sfoga silenziosamente sui conoscenti. Interessanti le sequenze rallentate e gli skater in azione. Gli attori sono molto genuini e accettabili.

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Pinhead80 19/05/10 14:09 - 4760 commenti

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Gus Van Sant a tratti pare essere un regista furbetto, altre volte un genio. Questo perché la prima parte di questo film asomiglia incredibilmente ad Elephant (i ragazzini che si muovono al ralenty nei lunghi corridoi della scuola... ricordano qualcosa?), ma poi riesce a virare efficacemente nella seconda parte. Non è un film per tutti i palati e, qualche volta, si stenta a capire cosa ci voglia comunicare il regista.

Rebis 28/10/10 17:06 - 2337 commenti

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Autentico magma adolescenziale che Van Sant enuclea e cattura in una sintassi filmica imprevedibile, capace di restituire la complessità emozionale, coscienziale del protagonista. Il volto di Gabe Nevins è di un'intensità disarmante. Chi chiama in causa Dostoevskij non lo fa a sproposito, così come le note di Nino Rota concretizzano un'intuizione registica ardita e coerente. Notevole il gusto visuale. Complementare a Elephant per tematiche e stile: lì la ripetizione dell'identico frammento innesca l'esplosione di una violenza ineluttabile, qui l'incessante modulazione dell'anima la reprime.

Xamini 9/01/11 20:59 - 1252 commenti

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Molto interessante, questa visione frammentaria dell'adolescente di Van Sant. Interessante nel modo in cui la vicenda è [de]costruita, nella maniera in cui l'episodio centrale viene inserito nel contesto e, infine e soprattutto, nel modo in cui mette in scena il disagio. Non è l'approfondimento pedagogico a interessare, quanto piuttosto lo stato, la mancanza di comunicazione, la (non) emozione. Molto efficace il protagonista.
MEMORABILE: Il momento in cui si allontana dal primo interrogatorio, il suo profilo sempre più nero sullo sfondo bianco.

Mickes2 6/06/11 19:23 - 1670 commenti

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Con un taglio quasi documentaristico Van Sant indaga, ci porta nei pensieri, nel senso di angoscia di Alex. Si concentra su di lui lasciando la famiglia sullo sfondo e con un montaggio frammentato ci accompagna in un senso di strana inquietudine, in un dissidio interiore con cui il protagonista combatte giorno dopo giorno. Bravissimo Nevins, che impersona molto bene un adolescente alle prese coi problemi tipici di incomunicabilità e quel senso di smarrimento che lo attanaglia. Il regista non giudica e ci regala un finale splendidamente amaro.

Didda23 4/05/12 17:30 - 2426 commenti

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Intenso dramma umano e sociale ricco di echi dostoevskijani, Paranoid Park racconta, con un preciso e raffinato gusto formale evidenziato dalla funzionalità del montaggio, il disagio giovanile moderno nel quale la solitudine e la difficoltà di distinguere il bene dal male la fanno da padroni. Immensa la soundtrack, che sublima il fascino poetico della maggior parte delle sequenze. Impagabile.

Paulaster 18/05/12 10:01 - 4419 commenti

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La forza del film è fare un piccolo quadro di una situazione generazionale. Ragazzi che ricevono impulsi dalla guerra in Iraq, ma che sono estranei all'interno delle loro famiglie. Che sono protagonisti di un'apatia sociale, tranne quando si sentono tribù, anche se in fondo non gliene importa niente. Poi, se capita il guaio grosso, si somma al resto. Immagini rallentate che esprimono la confusione che regna e capacità di cogliere gli unici momenti di presa di coscienza.

Saintgifts 29/06/13 22:34 - 4098 commenti

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Nonostante l'aspetto Alex è maturo. È maturo soprattutto nei pensieri, ma anche negli atteggiamenti, sembra avere solo un piccolo cedimento quando apprende la notizia dalla TV, ma in quel momento era solo. Gli skates, gli amici e le amiche (queste ultime ancora più mature, ma questo è normale), la scuola, la famiglia (vista di striscio ma c'è)... Qui si inserisce il tragico incidente, ma è un piccolo intoppo, bisogna solo trovare il modo di metabolizzarlo. Una visione forse non troppo realistica del mondo adolescenziale, ma lo stesso interessante.
MEMORABILE: Come diceva Fellini, le musiche sono il 50% del film, qui indispensabili per giustificare certe riprese.

Cotola 12/09/15 17:29 - 9043 commenti

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Van Sant torna ed elephanteggiare seppure con qualche variante rispetto al passato. Lo stile è quello solito, il modo di narrare la "storia" non lineare e con diversi salti temporali avanti-indietro, ma soprattutto come già accaduto in precedenza non ci sono giudizi, risposte e sociologismi d'accatto. Magari c'è qualche spiegazione e dialogo in più, ma non è un male. Si arriva spediti al traguardo grazie ad un buon piglio, ad una buona capacità di coinvolgimento e ad una durata mini (ottanta minuti). Curiosa la citazione rotiana-felliniana nella colonna sonora.

Bubobubo 23/12/18 19:17 - 1847 commenti

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Controcultura giovanile, un crimine che si consuma casualmente, un peso inconfessabile che corrode la vita del protagonista e di chi gli sta intorno. Elementi per rendere grande questo Van Sant non mancano di certo, ma tra lo speculare e l'incensare c'è il realizzare; e molto oltre lo sgonfio calligrafismo adolescenziale, sfortunatamente, non si riesce ad andare, anche se il regista - ma questo è un merito che gli si deve ascrivere indipendentemente dal giudizio singolo - evita come la peste i pruriginosi luoghi comuni di Clark e compagnia.

Rocchiola 16/09/18 11:31 - 968 commenti

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Non aspettatevi un giallo, malgrado lo spunto alla Sleepers. Ritornando ai suoi Belli e dannati, Van Sant gira con lo stile ondivago e frammentario di Elephant e Last days, vagando senza troppa convinzione nella psiche del giovane protagonista. Forse negli intenti doveva essere un quadro generazionale dei giovani del nuovo millennio, ma i risultati parlano di un filmetto piuttosto breve e noioso da parte di un autore largamente sopravvalutato ormai da anni incapace di sfornare un’opera davvero convincente. Trascurabile.
MEMORABILE: La visione del sorvegliante che si muove ancora benché tagliato in due sulle rotaie; L'abbandono della fidanzata sulle note del tema di Amarcord.

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Cinecologo 15/11/20 02:20 - 51 commenti

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Sul piano formale l'accoppiata Van Sant/Doyle partorisce uno dei migliori film del XXI secolo. Opera per la quale ben può valere la massima di McLuhan "il medium è il messaggio": la sintassi sperimentale di frammentati piani sequenza centrati sul protagonista, i ralenti ovattati, le scene oniriche, le musiche e i suoni mostrano magistralmente quello che altri autori malamente racconterebbero, perché non si può raccontare una condizione interiore che è impossibilitata - per deficit di adeguati strumenti emotivi - a esprimere se stessa.
MEMORABILE: La scena della doccia, pura opera d'arte.

Thedude94 31/03/21 23:42 - 1097 commenti

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Ottima storia di formazione giovanile ambientata tra gli skater di Paranoid Park, ben diretta da Van Sant che con il suo stile riesce a farci immergere nella mente del giovane protagonista tormentata dalle situazioni spiacevoli alle quali deve sottostare. La regia è buona, così come la fotografia molto realistica e i movimenti di macchina, alternati da scene amatoriali ottenute direttamente dalle telecamere posizionate sugli skater. La sceneggiatura è ben scritta, molto fluida e presenta i vari comprimari in modo giusto, senza che ostacolino troppo il protagonista.

Mattatore 15/11/23 19:33 - 81 commenti

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Complesso e monumentale affresco adolescenziale costantemente in bilico tra bruciante vita, trascinata esistenza e frammenti di morte, all'interno del quale Van Sant decostruisce, smonta e sbiadisce in magistrali sfumature silenzi, energie sommesse e contorni di Alex, divenuto assassino e impossibilitato nell'accettarlo. Nonostante i ritratti giovanili appaiano a tratti fuorvianti, la cura del regista si traduce, come di consueto, in un cammino di aggraziata e sincera metafisica psicologica, distogliendo genialmente l'attenzione dello spettatore dal facile fascino del delitto.
MEMORABILE: Le spettacolari carrellate sugli skater; Piani sequenza in corridoio; Il brutale corpo linciato; Verginità; In doccia; La straniante colonna sonora.
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  • Discussione Cinecologo • 15/11/20 03:20
    Galoppino - 30 interventi
    Macy: "Però ci sono delle regole, [la lettera]va scritta a qualcuno di cui ti fidi, con cui ti senti davvero di parlare, quindi niente genitori, niente professori. Scrivila a un amico, scrivila a me".
    Per gli adolescenti di GVS l'adultità è chiaramente un orizzonte di confronto impraticabile, d'altro canto i genitori vengono presentati nel film come figure evanescenti (sfocate dalla fotografia di un sempre immenso C. Doyle). Così si cresce con l'apatia e il disinteresse verso un mondo che non offre alcuna coordinata esegetica né strumenti emotivi per affrontare anche solo la prima relazione sentimentale, figurarsi l'irruzione di un evento drammatico come la morte: tutto rimane dunque silenziato, ciò che si vive non lo si vive realmente perché non lo si sa designare in alcun modo. Restituire questo vuoto (che cerca, goffamente, di essere riempito) - mostrare un vuoto, ciò che non v'è - è la grande sfida che GVS (con l'apporto fondamentale del già citato Doyle) raccoglie e alla quale risponde come pochissimi colleghi saprebbero fare: con una maestria davvero notevole.
    Non so davvero quanti registi contemporanei siano riusciti nell'impresa di sfornare un quartetto di film (uno di seguito all'altro) della levatura della "quadrilogia della morte" (che da Gerry conduce a questo Paranoid Park) di GVS