Dercourt, con un passato da violoncellista e insegnante di conservatorio, centellina la vendetta, cita
Il servo di Losey, con reminiscenze dal
Teorema pasoliniano, costruendo un thriller che viaggia sottopelle, una vendetta subdola e crudele, che non lascia scampo.
L'asta del violoncello usata da Mèlanie per difendersi da inopportune attenzioni sessuali da un violoncellista lascivo, la tesissima prova d'esame della piccola Mèlanie interrota e rovinata dallo snobbismo e dalla disattenzione della distratta e altezzosa Frot (da cui scaturirà la vendetta), la fotografia con "dedica" che sarà il colpo di grazia del disfacimento della famiglia alto-borghese, la piscina nello scantinto (quasi argentiana), il ghigno finale soddisfatto di Mèlanie a vendetta avvenuta, mentre cammina su una strada di campagna, i continui sguardi e mani che si sfiorano dal sapore lesbo, restano pezzi di cinema unici che lasciano il segno.
Gran duetto delle due attrici, fredda e al contempo disperatamente fragile e con bisogno d'amore la Frot, freddissima e calcolatrice la Francois (che sempra un robot senza sentimenti direttamente uscita da un film di Haneke). Regia chirurgica di Dercourt e una tensione che si taglia con il coltello.
Tipicamente e indissolubilmente francese nell'anima, che strazia i sentimenti e il cuore di chi guarda e dei suoi personaggi.
Non per tutti, ma per chi ama certo tipo di cinema (come il sottoscritto), rimarrà incantatato.