Soggetti proibiti - Film (1989)

Il tenente Crowe è incaricato di trovare una ragazzina giapponese rapita da alcuni tipacci. Dopo laboriose ricerche la ritrova ma... Bel poliziesco diretto con polso robusto dal bravo Thompson, che conferisce alla pellicola un buon ritmo e scene d'azione di una certa efficacia. Bronson come sempre in questo genere di ruoli ci sguazza e regala un'ennesima prova di valore. Alcune battute, specie quella finale, sono perle da incorniciare. Discreto il resto del cast.

Bronson (affiancato da 2 personaggi principali del Giustiziere della notte 4) smette i panni del giustiziere per indossare quelli del poliziotto irlandese e incazzato. Nei panni dei cattivi questa volta una banda di sfruttatori di ragazzine. Bel film che coniuga benissimo azione, poliziesco e giustizialismo. Bronson, nonostante l'età, è sempre lui. Compare nel ruolo del galeotto anche Danny Trejo.

Forse il saluto di Bronson ad un cinema solido, certo d'azione, ma con un buon ritmo narrativo e tempistica poliziesca che non fa un grinza. Il tema è quello della prostituzione minorile (notevole anche l'equivoco che si viene a creare tra il padre giapponese e la figlia di Bronson). Superiore agli ultimi due giustizieri e anche di tanto.

Un altro colpo messo a segno dalla premiata ditta Cannon (alla produzione) + Bronson + Thompson, in contemporanea con l'analogo quarto capitolo del Giustiziere. La trama non è tanto diversa dagli ultimi episodi del suddetto, mentre il poliziotto interpretato da Bronson lo eguaglia in brutalità fisica ma lo supera nell'attacco verbale, che qui sconfina in una serie di dialoghi deliranti e razzisti, talvolta quasi volgari (gli ultimi fuochi reaganiani?). C'è comunque di che divertirsi, a patto di non prendere tutto troppo sul serio. Per fans.

Ultimo film Cannon per Bronson. Il suo personaggio è il classico poliziotto dai metodi spicci, che rasenta il confine della legge per punire i criminali. Sebbene sia qui molto avanti con gli anni riesce ancora a divertire, con battute fulminee e menando le mani. La storia non presenta novità ma ha un buon ritmo e la seconda parte è così piena di spacconate da essere piacevole. In fondo da un Bronson a fine carriera non si può pretendere di più.

Altro tassello della Cannon per il loro attore feticcio Charles Bronson, che non cambia di una virgola il suo personaggio scorbutico che ben conosciamo. Stavolta è un poliziotto dai metodi eufemisticamente non ortodossi (quando non uccide per futili motivi, massacra di botte...) con un "caso" legato a una ragazzina giapponese. Per tutto il film Bronson seguita a dare dei "musi gialli" al popolo nipponico che secondo lui sta colonizzando gli Usa. Si guarda per puro divertimento e, come molti film di questo genere, non delude le aspettative.

Regista dai trascorsi brillanti, ma da tempo adagiatosi sulla routine, Thompson si congeda dal cinema con un poliziesco poco avvincente, neppure troppo torbido sebbene l'argomento sia lo sfruttamento della prostituzione minorile, ma i cui intenti razzisti e forcaioli sono fin troppo palesi. A Bronson il personaggio dello sbirro insofferente delle procedure calzava a pennello, ma anche lui cominciava ad essere troppo anziano per il ruolo, e forse per questo anche l'azione latita, fatta eccezione per l'immancabile resa dei conti conclusiva.

Ultimo colpo in Cannon per il Bronson callaghanoide e occhioperocchiolista sempre più macchiettisticamente reazionario bigottone e razzista, che Thompson prova volonterosamente a ricollocare assieme al suo action sbruffone su una superficie scabra, borotalcando sceneggiatura e schermo di peperoncino tra pedoprostituzione sadomaso e vibratori special guests. Ma son fuochi fatui sia per lo scenario licenzioso che per l'action: all'acqua di rose l'uno, impagliato e antiquato l'altro. Entrambi in ostaggio e balia di sbadigli il conto dei quali si perde presto. Sic transit gloria Kersey.