Horror inglese a episodi mascherati. Non sono preceduti da una sigla propria e mantengono il filo comune della casa stregata, ma è chiaro che lo sceneggiatore Robert Bloch (autore di rango qui in evidente crisi d'ispirazione) abbia usato la casa come pretesto (in due casi senza nemmeno curarsi del fatto che la casa c’entri poco o nulla con la vicenda raccontata) per quattro episodi diversi, riguardanti quattro bizzarri occupanti successivi della stessa. Il primo (Denholm Elliott in “Method for murder”) è uno scrittore di gialli truculenti in crisi di idee (Bloch autobiografico, qui) che arriva con la moglie nella casa e scrive di un serial killer che gli si materializzerà davanti fino al tragico...Leggi tutto epilogo. Più giallo che horror, in ogni caso di infima qualità. Il secondo occupante (Peter Cushing in “Waxwork”) è un amante di antichità che trova nel museo degli orrori del paese una Salomè di cera un po' troppo realistica e ne capirà solo poi il motivo. La casa non c'entra nulla e l'episodio è penosamente privo di mordente. Il terzo occupante (Christopher Lee, in “Secret to the sweet”) è un padre con una bambina strana a carico. L'istitutrice chiamata per educarla in casa comincia a sospettare che si tratti di una piccola strega. Lee è sempre carismatico e l'episodio, più lungo, è almeno quasi decente, pur nella sua avvilente ovvietà. L'ultimo occupante (Jon Pertwee in “The cloak”) è un attore di film horror che compra da uno strano antiquario un mantello con proprietà vampiriche. E’ l'episodio più ironico, se non altro a tratti quasi divertente, ma sempre scontatissimo. Confezione economica, storie insulse per un lavoro da dimenticare. Atmosfere tipiche da orrore inglese. Ha i suoi estimatori, ma...
Horror a episodi quadripartito con una haunted-house a fare da collante, che a essere del tutto onesti di sangue non ne fa sgorgare nemmeno mezza goccia. Ingenuotto e disgraziatamente datato, ma non privo di un vago fascino e di uno slancio autoironico che lo rende ancora trasversalmente respirabile. Niente per cui ballare il can can strappandosi i capelli, comunque. Si vedicchia, tra un moto di perplessità e l'altro.
Film ad episodi nel consueto stile Amicus, con Peter Duffel in luogo del solito Francis alla regia. La casa del titolo è solo un pretesto per intrattenerci con storie a base di presunte allucinazioni, musei delle cere, streghe in erba e inquietanti mantelli da vampiro. Solido, divertente e interpretato da un cast perfetto: su Lee e Cushing poco da dire, ma è d'obbligo una citazione anche per uno scatenato Jon Pertwee (doppiato da Ferruccio Amendola) e la splendida Ingrid Pitt.
MEMORABILE: La dolce fine di Pertwee tra le braccia della vampira Ingrid... Non ho mai capito perché strillasse tanto...
Decisamente fiacco, mal diretto e poco incisivo sul piano "fotografico". Nemmeno la particolarità della frammentazione (in cinque segmenti) riesce a rendere più scorrevole la visione d'un film che appare - alla luce del tempo - decisamente frenato da una sorta di "autocensura". Quello che c'è di bello è frutto del grande Robert Bloch, scrittore in grado di portare sullo schermo storie suggestive e accattivanti, in tal caso partorite dalla "dimora maledetta" che funge da trait d'union con i vari episodi. Lee e Cushing sono, comunque, sprecati.
Dignitosissima produzione a episodi Amicus, che si segnala per buoni attori. Forse l'episodio più debole è quello con Christopher Lee (nonostante la bravura degli attori), ma gli altri (con numerosi colpi di scena) funzionano perfettamente, a partire da quello con Cushing fino al gran finale (l'episodio vampirico con Ingrid Pitt). Ottimi il commento musicale e la stessa scenografia della casa, che appunto "gronda sangue".
Solito filmetto ad episodi senza infamia e senza lode che lascia un po' di amaro in bocca perché a firmare la sceneggiatura è uno specialista del genere come Robert Bloch. Il risultato è un po' troppo loffio a causa della qualità altalenante dei vari episodi che risultano peraltro anche abbastanza scontati e poco divertenti. Mediocre ma si può comunque vedere, specie se si è appassionati di questo tipo di pellicole.
Un ispettore di Scotland Yard indaga sulla scomparsa di un attore e un solerte agente lo mette in guardia in quanto la casa presa in affitto dall'attore stesso è stata teatro, in passato, di misteriose tragedie. Con questo esile pretesto vengono introdotti i 4 episodi del film aventi come protagonisti la casa stregata del titolo e i suoi affittuari. Un po' ingenuo e datato ma con grandi attori come Lee e Cushing che con la loro sola presenza nobilitano qualunque prodotto. Bellissima Ingrid Pitt nel segmento vampirico (il migliore). Caruccio.
MEMORABILE: Ingrid Pitt che mostra la dentatura vampiresca... spettacolo!
Accomunati dalla medesima alimentazione – la casa maledetta del titolo – i cinque episodi rimasticano svogliatamente storie di serial-killers sghignazzanti, complotti, statue di cera, stregoneria e vampirismo con una propensione alla parodia che solo nell’ultimo segmento – affidato alla brillante coppia “metacinematografica” Pertwee e Pitt – si rivela azzeccata ed efficace. Se Lee non delude affatto, utilizzare Cushing solo per umiliarlo a spaurita vittima sacrificale è invece uno scempio imperdonabile.
A me piace il genere e quindi lo trovo buono e con una certa dose di umorismo; gli episodi sono apprezzabili e ai tempi potevano spaventare. Quello con Christopher Lee è forse il migliore, su un padre severo e il mistero di una bambina. Bello l'episodio sui vampiri e il primo sullo scrittore che impazzisce, ma anche il capitolo con Cushing sul museo delle cere non è male. Tutti legati da un unico elemento, il più classico: la casa. Il film è del 1970 e ancora oggi le case rimangono le protagoniste principali di molti horror...
Discreto horror episodico piuttosto "classico", con un cast ottimo ma una sceneggiatura piuttosto soprattutto nelle prime storie, dal ritmo troppo fiacco. Si ritira su con l'ironico episodio finale, a tratti davvero divertente, ma c'è poco altro che salverei. Naturalmente sia Lee che Cushing sono in forma e aiutano non poco a tirar su la media, ma purtroppo non bastano. In compenso l'ambientazione funziona, la casa è stata scelta e arredata con attenzione. Tutto sommato, abbiamo visto ben di peggio.
Scialbo horror ad episodi tenuti insieme malamente da una cornice inutile che fa giusto da pretesto: la casa del titolo (che dovrebbe provocare brutti influssi) non si capisce fino a che punto entri nelle vicende (soprattutto nell'episodio con Cushing, visto che ha il suo centro in un museo delle cere). L'ultimo episodio è il migliore (pur restando su livelli mediocri) seguito appunto da quello con il grande Cushing, poi c'è Lee in quello con la storia migliore (ma è troppo lungo) e infine il noiosissimo e ridicolo primo episodio. Evitabile.
Una casa che nasconde un mistero, una casa che sopravvive ai suoi inquilini; in questo ha similitudini con La casa che non voleva morire, ma solo in questo, per il resto siamo di fronte ad una modesta produzione, che raggiunge il suo apice nell'episodio della bambina malefica, l'unico a mio avviso degno di nota. Ottima la location, misteriosa e suggestiva, come si addice ad un classico gotico. L'assenza di gore gratuito va a suo favore, ma cozza con le aspettative che il titolo prometteva.
Filmino a episodi mediocre e che dona continuamente un senso di deja vu. Le storie mitiche son sempre le stesse e per questo occorre rinarrarle con sguardo diverso o forza d'ispirazione; in questo, purtroppo, il buon Duffell si dimostra particolarmente inetto. Solo il segmento con Lee e la bimbetta terribile (brava la Franks) riesce a evocare le atmosfere perturbanti proprie al genere. Cushing sprecato.
Tra gli horror della Amicus (la "rivale povera" della Hammer) è uno dei migliori che abbia visto. Quattro episodi di sapore assai retrò (tutto sommato anche per gli standard dell'epoca: del titolo si mantiene la casa, il sangue molto meno), che si imperniano soprattutto sugli attori, l'uso delle musiche e la fotografia dai colori acidi. Un gotico-pop insomma, ideale per i fan del genere.
MEMORABILE: La statua di Salomè al museo delle cere che ossessiona un Peter Cushing mai così icona gay, armato di toupet e cache-col coloratissimi.
Una misteriosa magione sembra essere il palcoscenico in cui si susseguono fatti inspiegabili e sanguinosi: quattro storie ricche dei classici topoi horror e con star incontrastate del calibro di Peter Cushing e Christopher Lee. Nell'ultimo episodio risalta la mitica Ingrid Pitt nel ruolo a lei più congeniale. La Amicus sforna un prodotto digeribilissimo puntando le sue migliori fiches e vincendo alla grande nel genere favola-gotica.
Quattro racconti del terrore sceneggiati dal grande Robert Bloch che ruotano intorno a una misteriosa casa maledetta. Quello con Cushing, che viene anche ripreso nella locandina, è naturalmente il migliore. Paurosi e divertenti anche il primo, dello scrittore, e l'ultimo, grazie alla verve di Pertwee e una sempre brava e bellissima vampira Ingrid Pitt.
C'è un sentore di svolta nell'horror, ma non si comprende dove avverrà: forse nello scrittore e il suo doppelganger, che trasmuterà nel Nicholson Kubrickiano dell'hotel Overlook e nella metà oscura kinghiana? Oppure nel metacinema che scherza sull'efficacia del cinema della paura? O ancora nel confronto tra Lee ex-Vlad Tepes e una baby-strega? O più semplicemente nei ninnoli del gotico esposti in una bella vetrina senza slanci di creatività? Quest'ultima soluzione è la più certa, visto che il sangue non gronda e latita la presa di coscienza filmica.
Classico horror a episodi, di gran moda negli anni '70, targato Amicus. Come spesso accade in questi casi la qualità dei vari segmenti è altalenante, anche se non si raggiungono mai né vette altissime né baratri abissali. i due episodi leggermente migliori sono il primo ("Method for murder") e l'ultimo ("The cloak"), mentre sia Cushing che Lee danno vita a quelli meno riusciti. Il tutto è "incorniciato" dalle indagini di un improbabile ispettore di polizia. La regia di Duffell, pur corretta, non riesce a dare quel brio che avrebbe potuto donare alla pellicola una marcia in più.
Film a episodi che ripercorre diversi generi narrativi: dallo psycho-thriller "borghese" stile I diabolici alla stregoneria fanciullesca di matrice matriarcale. Sul piano figurativo siamo sempre su piani abbastanza alti, alcune idee di scrittura sono forse un po’ ricalcate ma nel complesso l'opera viaggia nei meandri dell’orrore con efficacia e spigliatezza. La casa a cui fa riferimento il titolo, poi, è un teatro del macabro decisamente suggestivo.
Seguendo la collaudata formula britannica dell’horror a episodi legati da un esile fino conduttore - nella fattispecie la solita casa maledetta da cui nessuno o quasi alla fine riesce a uscirne vivo – il film è un compitino senza infamia e senza lode, privo di mordente ma condotto a termine con sufficiente diligenza. Gli episodi migliori, il secondo e il terzo, vedono all’opera le due star del filone, Cushing e Lee, insulso il primo e quasi caricaturale l’ultimo che si avvale però della presenza di Ingrid Pitt nel ruolo di una sensualissima vampira. Vedibile e subito dimenticabile.
MEMORABILE: La Pitt vampira che prende il volo una volta indossato il mantello stregato.
Fra i portmanteau targati Amicus, quello di Duffell (regista da grande schermo solo in rare occasioni) resta fra i più deboli e meno vivaci. Lo script di Bloch punta all'orrore psicologico e si regge su idee discrete (il primo episodio pare un prototipo di Shining con un divertente doppio twist giallesco), ma si traduce in lunghi silenzi e atmosfere mal invecchiate. Particolarmente noioso il racconto con Cushing nel museo delle cere, banalmente frivola la commediola vampiresca col simpatico Pertwee. Va meglio con la stregoneria fanciullesca nel segmento con Christopher Lee. Vedibile.
MEMORABILE: Il finale a sorpresa del primo episodio; Il sogno di Cushing; Lee getta la bambola nel caminetto; Il mantello vampirizzante e il morso "vero" sul set.
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Nel DVD c'è una scena in lingua originale non sottotitolata e la scena finale in lingua originale sottotitolata.... Un po' di ronzio di fondo durante la visione in italiano.