Guinea pig 3: He Never Dies - Corto (1986)

Un giovane disadattato, sconfortato dai brutti risultati con l'altro sesso e dall'asfissiante ambiente lavorativo, si richiude in una squallida camera per quattro giorni, al termine dei quali decide di togliersi la vita; ma quando si taglia un polso apprende, con terrore, di non sentire male. Le successive azioni distruttive sul suo corpo non gli permettono di andare incontro alla morte. Inizia la parabola discendente della serie infarcita, da questo episodio, di pura comicità. Il regista inserisce un brano musicale estrapolato da Dèmoni.

Lo spunto del suicidio costantemente differito e inesaudibile è intrigante e divertente, ma oltre la carta resta comunque un'idea sprecata e mal tradotta/amministrata. Si ridacchia e si sbuffacchia. Lecito immaginare che ne sarebbe stato nelle mani di Buttgereit o Tsukamoto.

Pessimo. La regia passa da Hino a Kuzumi e per la prima volta si tenta di affrontare una sceneggiatura vera. L'idea di partenza era molto interessante ma viene sviluppata malissimo: la storia scade presto nella farsa e il tutto sembra uno scherzo tirato per le lunghe. Per quanto riguarda la fotografia siamo a livelli amatoriali. Attori pessimi ma palesemente divertiti. Lo splatter c'è ma non abbonda più di tanto e la violenza è praticamente inesistente. In una scena si cita la colonna sonora di Demoni.

Il film è una critica alla società giapponese inquadrata, settaria, rigida nei ruoli. Il protagonista è il risultato di questa struttura che conduce all'alienazione dell'individuo e nel suo comportamento c'è la profetica dipendenza-computer-ipad-tv-tablet come unico contatto sintetico con l'umanità. Il suo suicidio (tema unico dell'opera stile Der Todesking-Buttgereit ma con ironia) guardando oltre gli effetti speciali nella media, simboleggia l'impossibilità paradossale di uscire da questo sistema e la condanna perenne di restarci dentro.

Dietro la patina del grottesco il film di Masayuki Kuzumi riflette, come in un sogno deforme, l'alienazione culturale e l’ossessione persecutoria che caratterizzano alcuni degli aspetti della vita nipponica e del suo apatico andirivieni. Rispetto ai capitoli che lo precedono lo splatter è meno provocatorio ma sempre enfatizzato da un realismo minuzioso e decisamente disturbante.