Estremo e disturbante. Con un esercito di freaks mette in scena un teorema che la storia lontana e vicina ha puntulamente dimostrato: gli artefici di una rivoluzione si dimostrano assai più crudeli del tiranno abbattuto, soprattutto sui più deboli. Questi ultimi, nel caso in questione, sono gli animali, che vengono sottoposti a scioccanti torture. La scena dlla macchina che gira torna in L'enigma di Kaspar Hauser.
Freaks era ben altra cosa, ma questo film ne è debitore. S'inscena anche qui la diversità e la mostruosità, qui, figlia, tuttavia, non della malignità quanto del disagio e mentale e fisico. Il film è pesante e faticoso e, sopratutto, disturba notevolmente. Impera l'autolesionismo anche se perpetrato inconsciamente ed indirettamente. Una storia desolata e di desolazione dove le parole non servono ma basta l'insano ghignare a dire tutto. Tecnicamente pregevole non lo consiglierei a chi non è del tutto preparato a ciò che vedrà!
MEMORABILE: Il dialogo/monologo tra il Maestro e l'albero.
Rivolta in un istituto coercitivo in aperta campagna. Il flm si basa sulla bizzarria del nanismo che accomuna tutti gli attori: così quella che forse è stata concepita come un'allegoria si trasforma nello sghignazzo di un pubblico 'normale' nei confronti di ridicoli e inetti nanetti impacciati nei movimenti e infantili nel corpo e nel pensiero. Inquietante poi il gusto voyeuristico di Herzog nei confronti dell'uccisione "live" e nella tortura di animali. Una discreta sensibilità visiva rovinata dalla supponenza verso i freak. Disprezzabile.
Uno dei film manifesto del weird insieme a Pink Flamingos, Gummo e ai film di Russ Meyer. Herzog ci propone un esercizio di stile, una pellicola folle, warholiana per certi versi, con pause lunghissime e senza un plot ben definito in sostanza. E' senz'altro un film cinico, disilluso e spietato, una visione d'obbligo se si ha intenzione di vedere tutta la filmografia del regista (in particolar modo My son my son what have ye done).
MEMORABILE: La macchina che gira e la risata mefistofelica del nanetto.
Film estremo di Werner Herzog, in cui si possono leggere più sfaccettature. Cupe sono le atmosfere così come gli atteggiamenti che hanno i nani, anche fra di loro. Il cinismo del regista, comunque, è quello che si evidenzia di più (come nelle altre sue opere, d'altronde).
Apologo allucinato, weird e surreale, intriso di nonsense e simbolismi più o meno pregnanti sulla follia degenerante e immotivata potenzialmente insita in ogni essere umano, anche nei più piccoli, deboli e apparentemente indifesi; il tutto shakerato e rovesciato ad altezza nano e immerso dentro un non-luogo, sorta di Lilliput in salsa violenta, blasfema e straniante in cui si consumano gli ultimi scampoli di un’umanità che, se abbandonata a se stessa o accecata dalla tirannia, pare naturalmente indotta a dissacrare, condannare e distruggere.
Agli esordi, ma già coerente con la sua opera, Herzog "c'interna" in spazio(isola) soleggiato, dove il non-sense si fa corrosivo (e Beckettiano) nell'espellere la ciclicità dell'esistenza. Tanti i rimandi a Freaks per l'evidente corrispondenza delle stature dei personaggi e nello stile sovversivo, ma orizzonti e intenzioni sono distanti. Browning, in un film sulla diversità (insuperato), dipingeva un conflitto tra mostruosità interiore ed esteriore. Per il regista tedesco, la malformazione è spietata allegoria di un canto di ribellione sociale. Non visionario, ma (cinema)puro.
MEMORABILE: La sequenza del letto; L'interrogatorio; I ciechi; Il finale beffardo.
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