Pare incredibile che sia di Fritz Lang, perché è, senza troppi giri di parole, un gran brutto film (non a caso proposto assai meno di molti altri titoli). Il cast è assai promettente, ma gli sforzi sono rovinati da un'ambientazione in Italia talmente sballata che da sola fa naufragare la pellicola.
Lang avrebbe voluto un finale diverso, ma la casa di produzione ha preferito restare sul sentimentale, scordando il motivo su cui tutto il lavoro appoggia, o dovrebbe appoggiare, la costruzione della bomba atomica. Buona parte del film è ambientata in Italia, un'Italia molto stereotipata e comunque un'Italia che si sta riscattando con l'azione dei partigiani (siamo ormai alla fine della II Guerra Mondiale). Nonostante gli attori si impegnino e i momenti di tensione non manchino, il film non riesce a coinvolgere più di tanto, è un Lang minore.
MEMORABILE: La lotta tra Cooper e il fascista nell'androne del palazzo, violenta e silenziosa, con mosse di karate. Una sensuale Palmer che si cambia sul camion.
La competenza del grande regista c'è, ma il film è davvero noiosetto e poco incisivo: la storia di spionaggio che vede coinvolto lo scienziato americano (un poco carismatico Cooper) in Svizzera e in Italia, per sventare la costruzione tedesca dell'atomica durante la guerra, lascia inopinatamente il posto a una sviolinata sentimentale che si colloca a metà film in modo ingombrante e incongruo. D'accordo che c'è lo zampino della produzione, ma il risultato è quel che è, nonostante alcuni momenti diretti con innegabile bravura. Evitabile.
La storia, pur basata su fatti realmente accaduti (secondo le didascalie finali), appare molto fantasiosa ed inverosimile. A peggiorare le cose c'è una seconda parte tutta incentrata sulle vicende amorose tra il professore e Ginetta ed in cui l'azione è quasi tutta relegata fuori campo e poi concentrata negli ultimi minuti. Ciò rallenta il ritmo, altrove accettabile, in modo eccessivo ed intollerabile. Il regista avrebbe voluto un finale diverso ma venne censurato così come alcune battute che furono eliminate. Uno dei Lang "più minori" che ci sia.
II guerra mondiale: uno scienziato americano viene obbligato dai nazisti a condurre i suoi studi sull'energia nucleare, naturalmente per scopi bellici. Il film ha un andamento diversificato e nella seconda parte si sviluppa in Italia, teatro di distruzione ma anche di amori e stornellate. Godetevi questo hard-boiled dal gusto forte e servito freddo, freddissimo, come solo Fritz Lang poteva fare. Trionfo della scienza al servizio dei popoli e ultimi 20' di grande presa cinematografica.
Bellico minore nella filmografia di Lang. La prima parte non sarebbe nemmeno male, se poi non si passasse a una banalissima quanto noiosa vicenda amorosa tra il protagonista e una partigiana. Qua e là affiora la maestria del regista: un combattimento piuttosto realistico verso la fine, un paio di momenti di buona tensione. Cooper stesso funziona a corrente alternata, a volte sembra convinto altre più svogliato. Mediocre.
Improbabile, mediocre (con tutta la parte centrale da colpo di sonno) spionistico di Fritz Lang: se non avessi letto la sua firma sui titoli di testa non lo avrei creduto un suo film; probabilmente mi sarei orientato sull'opera di qualche oscuro mestierante non in vena. Non funziona nulla (tranne la fotografia cupa e contrastata); il personaggio di Gary Cooper non ha credibilità, l'ambientazione è fuori dai cardini, la vicenda, singhiozzante, è pretestuosa e non fluida, la musica (invadente) è ora enfatica ora lagnosa. Passo falso del Maestro.
I fatti storici sono gli stessi che hanno ispirato il recente Il ricevitore è la spia, ossia l'attività dei servizi segreti alleati per comprendere a che punto fossero le ricerche degli scienziati nazisti in campo atomico, ma purtroppo il risultato, pur dignitoso, non è all'altezza della fama del regista, risultando fiacco nella gestione delle parti d'azione, ingenuo in taluni passaggi, sbilanciato da una sotto-trama sentimentale troppo invadente. Anche la prova di Cooper nel ruolo dello scienziato risulta poco convincente, impacciata.
Anche quando Fritz Lang deve fare i conti con una storia poco interessante e un'ambientazione assolutamente di fantasia riesce comunque a tirare fuori qualcosa di interessante. In questo film fortemente antinazista e tutto incentrato sulla scienza come progresso dell'umanità e non come arma di distruzione appaiono, soprattutto nel finale, momenti di grande cinema.
Fritz Lang HA DIRETTO ANCHE...
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Edizione dvd accettabile ma non certo scintillante: il comparto video presenta alcune
spuntinature anche se non ho notato graffi. Quello audio è un po' basso e non troppo chiaro: c'è qualche rumore di fondo ogni tanto ed un po' di opacità. Nulla di trascendentale
ma i puristi di suono ed immagine potrebbero non gradire.
P.S.
Bisogna anche dire che il film ha 65 anni e quindi l'edizione in questione raggiunge senza
problemi, a mio avviso, la sufficienza.
Monumentale svista di chi ha tradotto i dialoghi della versione italiana:
ad un certo punto la partigiana Ginetta dice
al suo amato Cooper: "Qui siamo tutti camerati"
Ma ci rendiamo conto? Rob de matt!
Forse intendeva dire che fingono di essere camerati? Dal tono del discorso non mi è sembrato fosse così.
DiscussioneDaniela • 6/04/19 21:44 Gran Burattinaio - 5926 interventi
Nella lunga parte ambientata in Italia, ad un certo punto lo scienziato impersonato da Cooper deve affrontare il funzionario dell'OVRA a cui presta il volto Marc Lawrence, specializzato in ruoli criminali o comunque spregevoli.
E' una delle poche sequenze in cui si ravvisa la mano del regista: una lotta all'ultimo sangue all'interno di un portone di casa popolare in cui i due contendenti si affrontano senza pronunciare parola, mentre in sottofondo si sentono le note di una canzone allegra cantata in strada.
Quando Cooper, a scontro concluso, esce nuovamente in strada, sul muro accanto al portone si legge la scritta: "Mussolini ha sempre ragione".
A differenza dei tanti slogan fascisti, quasi tutti ideati dal Duce oppure a lui attribuiti, questo ha una genesi particolare.
Venne infatti coniato dal "bastian contrario" Leo Longanesi, che lo scrisse nella sua rivista "L'Italiano" l'11 febbraio 1926. Longanesi trovava del buono nel fascismo ma non si poteva definire un fascista ortodosso, dato che in lui era sempre prevalente uno spirito caustico ed irriverente, per cui la frase si prestava anche ad una interpretazione ironica, anche se poi venne compresa nel suo "Vademecum del perfetto fascista" edito da Vallecchi.