Un gruppo di poliziotti inglesi si infiltra tra gli ultrà della squadra di calcio dello Shadwell per tentare di incastrare i veri "pezzi da 90" dell'organizzazione. Ma il fascino selvaggio del fùtbol complicherà le cose... Viaggio all'interno del mondo dei cosiddetti hooligans tra alcolismo, povertà e disagio sociale. Ma con uno sguardo che è tanto accusatorio quanto rispettoso. Ottimo film, peccato per il finale eccessivamente didascalico.
"Vai con lo zoppo e imparerai a zoppicare". Doveva pur saperlo il nostro John, agente inglese inserito sotto copertura assieme a tre colleghi negli ambientacci della tifoseria calcistica più irrequieta e scalmanata. Un po' quello che accade al Burns/Pacino di Cruising, che vede progressivamente salire a galla la sua indole nascosta e ignorata, ma con molta meno ambiguità enigmatica e più platealità sintetica. Il cinema britannico non era ancora contaminato dal violento parossismo pulp di Tarantino & Boyle e Davis maneggia la materia con seria leggerezza, senza compiacimenti di maniera.
MEMORABILE: Il protagonista che marcia assieme ad altri tifosi per le strade cittadine gridando ossessivamente il suo "Sieg heil!".
Apprezzabile la cornice della storia: l’ambiente degli hooligan descritto nei discorsi da bar, nella violenza per i colori per far parte di un gruppo. Il tutto viene sbilanciato dall’eccesso di romanzo (anche rosa) alla trama, con la faccia troppo pulita del protagonista e con la conseguente trasformazione colorita. Tema iperrealista che non indaga le cause, le colpe della società e la repressione forzosa. Più adatta a un documentario l’analisi, qui le botte sono palesemente finte.
Il fenomeno hooligans post debellamento e pre-welshiano in questa discreta pellicola inglese. Il cast è abbastanza in parte ma, soprattutto dalla metà in poi, si comincia a percepire un senso di qualunquismo. Piuttosto efficace il cast e riuscite le ambientazioni, anche grazie a una buona fotografia; di contro i dialoghi finali sembrano piuttosto scialbi e poco riusciti. Il limite della pellicola, probabilmente, è di esser poco empatica e virare eccessivamente al didascalico.
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In un mondo cinematografico oramai subissato da un'estetica della violenza cool, para-filosofeggiante e tarantiniana fa sempre uno strano effetto ritrovarsi di fronte ad opere novantiane come Hooligans, non ancora "inquinate" (detto benevolmente) dal virus pulp-grottesco filo-settantiano.
Il rischio superficiale che si corre è quello di considerare pellicole di questo tipo come datate, sorpassate e senza "stile", quando invece il loro valore risiede proprio in questa distanza incontaminata da un certo trend impòstosi successivamente su larga scala, un'immacolatezza fondamentale per riuscire a costruirsi un'idea della drastica metamorfosi che ha subito la rappresentazione cinematografica della violenza in questi ultimi 15 anni di sincretismo revivalistico, post-exploitation e neo-grindhouse.