Pecos è qui: prega e muori - Film (1967)

Pecos è qui: prega e muori
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MMJ Davinotti jr
Anno: 1967
Genere: spaghetti western (colore)
Note: Aka "Pecos è qui prega e muori", ma non "Pecos è qui prega o muori". Seguito di "Due once di piombo". scritto da Fernando Di Leo
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Uno spaghetti-western girato a Cinecittà con quattro lire ma non privo di un certo fascino. Robert Woods è Pecos, il solito pistolero ultraveloce, ma messicano e di buon cuore, non necessariamente votato alla solitudine. Infatti ben presto incontra sulla sua strada tre peones col pallino della musica (chitarra-tromba-violino i loro tre strumenti), che venuti in possesso della mappa del “barco de oro”, il tesoro di Montezuma, stanno cercando un bravo pistolero in grado di combattere contro El Supremo, il tiranno del luogo nel quale si troverebbe il tesoro. L'accordo è fatto e i quattro vengono subito in contatto col Supremo, alle prese tra l'altro con il sequestro della figlia di un potente. Come...Leggi tutto si vede il soggetto di Adriano Bolzoni non fa faville, ma la sceneggiatura (dove a Bolzoni si affiancano Augusto Caminito e l’abile Fernando Di Leo) non è affatto male e anzi sa disegnare tutti i personaggi con una cura meritevole di altri palcoscenici. I dialoghi sono ben studiati, le situazioni offrono di tanto in tanto momenti di discreta originalità e rispetto ad altri spaghetti western contemporanei si nota che qualcosa in più c'è. Non certo nella fotografia (Franco Villa e il Techniscope non formano un tandem vincente, i colori sono scialbi), né nelle musiche di Lallo Gori (non sgradevoli ma piuttosto convenzionali). Il cast, eccetto il bravo Robert Woods, non offre granché (giusto Umberto Raho - si firma Umi Raho - nella parte di uno dei tre peones e Mirella Panfili), la regia di Maurizio Lucidi, pur corretta, non fa gridare al miracolo (ma aiuto regista è Aldo Lado) eppure nel complesso PECOS E’ QUI: PREGA O MUORI è un western in fondo sufficientemente godibile, meno scontato di tanti suoi celebrati “colleghi di genere”. La mano di Fernando Di Leo si sente e questo basta a sollevare di un bel po' un prodotto altrimenti destinato a una fine decisamente ingloriosa.

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Homesick 15/03/13 07:19 - 5737 commenti

I gusti di Homesick

Seguito di Due once di piombo, ma più vicino alla vena scanzonata de La più grande rapina del West che Lucidi ha diretto solo un anno prima. Woods con gli occhi stirati indossa ancora il poncho dell’astuto Pecos in una storia povera di mezzi e ambientazioni, ma con molto movimento (la posta in gioco è il mitico Barco de Oro) e colpi di scena; il trio di peones Casellato-Raho-Vida intona un controcanto comico, mentre Crisa, nei panni del tirannico “El Supremo” che si crede discendente di Montezuma, impersona un villain molto fumettistico. Fiacche e dozzinali le musiche di Lallo Gori.
MEMORABILE: Il duello tra Woods e Gaddi mentre i tre peones suonano il cancan.

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