Paola, di umili origini, ha sposato un ricco cumenda che la tiene in dorata schiavitù; reincontra una vecchia fiamma giovanile, è di nuovo amore, ma... Primo film di fiction di Antonioni, bellissimo e di sontuosa qualità stilistica, un dramma sentimentale giocato sugli spazi, sui silenzi, sugli ambienti. Comincia (era l'ora!) la sepoltura del neorealismo, e il cinema italiano entra in Europa. Audacissima per l'epoca la colonna sonora atonale firmata da Fusco. Da non perdere. Adorato da Scorsese.
Esordio di Antonioni, è un'opera molto diversa dai suoi film successivi: ferma restando la descrizione di una borghesia avida, vuota, capricciosa e malata, privilegia qui i dialoghi e le azioni, basandosi sulla classica struttura ad inchiesta. Girotti è, come in Ossessione, coinvolto in un esasperato rapporto con una donna (l'elegante Lucia Bosè) che cerca di sbarazzarsi del marito.
Storia di due amanti con un segreto alle spalle e un complotto nel futuro. La bella trama è giocata su più piani, non solo quello sentimentale che è il corpo del film e non solo quello investigativo che ne è lo scheletro. Antonioni intreccia a questi una spietata analisi sociale (mondi sociali diversi entrano in rotta di collisione, ciascuno con le proprie ipocrisie e miserie), condita con una sensibilità formale, con immagini raffinate, ambienti e paesaggi (grigi e umidi) descritti con cura, dettagli simbolici di una narrazione complessa.
L'esordio di Michelangelo Antonioni avviene con un film molto raffinato stilisticamente che dipinge come meglio non si potrebbe (riponendo grande cura nei particolari) la differenza tra gli ambienti sociali da cui provengono i protagonisti, quello popolare e quello alto borghese. In questo contesto appare molto particolare ed azzeccata la colonna sonora, minimalista e basata su sassofono e pianoforte.
Primo film di Antonioni, che rimanda a Il postino suona sempre due volte, pertanto anche ad Ossessione di Visconti. Molto complesso nella narrazione, con la trama da melodramma/noir che incontra qualche parentesi gialla, mentre dal punto di vista registico abbiamo già i lunghissimi piani-sequenza che caratterizzeranno il regista. Azzeccatissima la scelta di Lucia Bosè come protagonista, bravo Massimo Girotti nonostante la sua interpetazione risulti un po' troppo misurata. Bella la colonna sonora. Buon film.
La trama già consumata, i sensi di colpa trascinati nel tempo, non sono eccellenti quanto le novità stilistiche e la reale contrapposizione sociale che emerge e che viene pesantemente evidenziata. La teatralità degli amanti focalizza, ma spesso perde intensità per la inespressività (niente da dire sulla recitazione) di Massimo Girotti; sorprendente e calzante nel suo ruolo è invece Lucia Bosè. Antonioni anticipa il rapporto con l'ambiente. Buon film.
Folgorante esordio nel lungometraggio dell'allora documentarista ferrarese con quello che è il suo film più riuscito e ammaliatore. La trama gialla, che diventerà poi sempre centrale ma pretestuosa nel suo cinema a venire, è padroneggiata straordinariamente. Al neorealismo, ormai svuotato di temi e stile, Antonioni sostituisce un cinema solo all'apparenza classico, dentro cui ribollono le inquietudini di una borghesia in evoluzione, costretta a far i conti con la propria coscienza nonostante i tentativi di forzarla. Girotti-Bosè diabolici incompiuti.
MEMORABILE: L'agenzia di investigazione privata; Gli incontri di Guido e Paola per una Milano asfaltata e grigia che già diventa personaggio antononiano; La sfilata.
Antonioni dà il via a uno stile proprio che non abbandonerà più. Lo renderà poi sempre più raffinato ed essenziale, ma l'impronta rimarrà la stessa. Esterni rigorosi e squadrati, grigi, freddi e umidi, riflettono gli stati d'animo dei protagonisti, colpevoli innocenti, divisi da morti che avrebbero dovuto unirli. Perfetta la colonna sonora, buona l'interpretazione della Bosè, che sfoggia un'intera collezione di moda, a contrastare con lo striminzito cappotto di Girotti, che si trova a ripetere una parte conosciuta. Pubblicità esplicite, peccati veniali.
Al pari dei migliori Hitchcock, stilisticamente elegante, l'esordio di Antonioni si rivela un'opera conturbante e magnetica. Al centro della storia un'indagine e un torbido rapporto tra due amanti. Un film che non vuol essere solo sentimentale, ma anche investigativo e giallo, suggellato da un bianco e nero che cattura e restituisce ai posteri stralci di vita vissuta dei protagonisti. Le venature noir si intersecano nelle complesse pieghe della psicologia dei due protagonisti, restituendoci un'opera di spessore e di indubbio interesse artistico.
Racconto di un sentimento segreto senza innescare risvolti psicologici o morbosi ma privilegiando la freddezza emotiva. La sceneggiatura rivela poco alla volta insinuandosi nel giallo amoroso specie per la prima disgrazia. La Bosè è bellissima, capricciosa e subdola, mentre Girotti sembra più interessato a sopravvivere senza un soldo. Riprese che sfruttano la profondità anche per descrivere gli stati d’animo dei due amanti.
Antonioni racconta una torpida storia di amanti, sullo sfondo di una Italia del nord in ripresa, dopo la guerra, rivelando gli aspetti umani fra i più biecamente arrivisti: la sete di denaro della umile, ma bellissima, protagonista si sposa bene coi sordidi piani di un ricco, ambizioso industriale. Si sviluppa così un vera e propria detective story, dove la condanna si profilerà , ancora più scottante, su un piano soprattutto morale.
Al suo esordio, Michelangelo Antonioni propone un film sull'alta borghesia che è al tempo stesso il naturale proseguimento di quanto teorizzava quando faceva il critico militante e un'anticipazione stupenda dei temi che caratterizzeranno il suo cinema. Un film intenso, sorprendente, anomalo per il cinema italiano dell'epoca. Un film tutto da ammirare, con una Lucia Bosè straordinaria.
Dramma con contorni di noir e neorealismo. Primo lungometraggio di Michelangelo Antonioni. La storia in sé non ha molto di originale, ma ha la capacità di destare interesse e un certo coinvolgimento per la sua evoluzione, con un finale abbastanza eloquente oltre che cinico. Massimo Girotti più in parte di una giovanissima Lucia Bosè. Discreta la colonna sonora.
Buon esordio alla regia di Michelangelo Antonioni, ancora lontano dalle atmosfere dell'incomunicabilità ma capace di dipingere al meglio la borghesia annoiata e viziata tramite la figura della brava Lucia Bosè. Come capiterà in futuro, Antonioni inserisce qui qualche traccia di mistero, che rende lo spettatore più partecipe alla visione. Pur con qualche momento lento il film scorre e tutto risulta piuttosto ordinato. Il buon finale corona una vicenda ben scritta e dai risvolti non sempre prevedibili. Un esordio cinematografico di tutto rispetto, che merita d'esser visto.
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Cronaca di un amore è un film in cui Antonioni descrive la crisi di una coppia rappresentativa di una certa società piccolo borghese, interpretato da Massimo Girotti e dalla meravigliosa Lucia Bosè.
Il film è ambientato e girato nella Milano dei primi anni ‘50 anno in cui la città visse un breve periodo di splendore al cinema: vi lavorarono contemporaneamente Antonioni e Vittorio De Sica per il famoso Miracolo a Milano.
Con quest’opera Antonioni segna una svolta di tendenza nel cinema italiano dopo l'esaurirsi del neorealismo. Cronaca di un amore è ricco di novità stilistiche, soprattutto nell'uso, allora poco frequente, del piano-sequenza e nell'attenzione alle cose e agli ambienti, come per sottolineare l'estraneità dei personaggi borghesi, il loro egoismo arido, la loro futilità .
L’esordio di Antonioni nel lungometraggio fu premiato con il Nastro d’argento Premio speciale nel 1951.
Anche il suggestivo il commento musicale di Giovanni Fusco, basato su un duo di sassofoni più un pianoforte, fu premiato lo stesso anno con il Nastro d'argento.