Ottimo film horror diretto con maestria da Sasdy. Il finale entra di diritto tra i più inquietanti del genere. Ottima prova di Diana Dors, assurdo il titolo italiano.
Tralasciando il titolo italiano, il resto è veramente notevole. La storia è ricavata da un ignoto romanzo inglese ed è ben trasposta sullo schermo dal regista ungherese Sasdy. Gran bel ritmo e bella atmosfera cupa. E grandissimi come sempre Lee e Cushing, coppia di protagonisti molto affiatata. Da Vedere.
Davvero notevole questo giallo-horror, diretto con solida mano da Peter Sasdy e interpretato splendidamente da un cast in stato di grazia (i mostri sacri Lee e Cushing, la Dors - magari un po' appesantita ma sempre "in gamba" - e la Brown). Il plot è avvincente e inquietante non poco, forse secondo solo al titolo italiano.
Pur godendo di una certa fama devo dire che l'ho trovato piuttosto brutto e a tratti anche prevedibile e un po' noioso. Peccato perché il regista ha dimostrato in passato di non essere malvagio e gli attori sono di tutto rispetto. Ciononostante il risultato, a mio avviso, è decisamente al di sotto della sufficienza.
Horror con forte componente gialla e buone intepretazioni di maestri del genere quali Lee e Cushing. Cupo, inquietante, avvincente e con un finale magistrale che giustifica, inserendo un forte elemento soprannaturale, l'apparteneza della pellicola al genere horror. Il mito dell'eterna giovinezza ottenuta a danno dei malcapitati di turno è stato usato in passato e lo sarà successivamente in molti altri film ma Sasdy riesce qui a darne una raggelante interpretazione. Notevole.
Nothing But the Night: splendido titolo originale - i morti viventi non c’entrano, ma i cervelli sì… -, film verboso e prolisso, scarsamente orrifico e, quel che è peggio, ridicolo e goffo quando approccia l’azione. Sasdy, che aveva dimostrato certa perizia nell’uso delle immagini, qui non riesce a generare alcun senso d’incombenza e manca totalmente di lirismo nel condurre un soggetto che ne è potenzialmente carico. Malamente costruito già in fase di sceneggiatura, il film non riesce a potenziare l’alone di mistero né a prorogare l’attesa. Adeguati Cushing a Lee (specie il primo). Noioso.
Attorno a una clinica di accoglimento per orfani e bambini abbandonati ruota una setta di "illuminati", in grado -mediante avanzati studi medici- di trapiantare le loro personalità nei corpi dei fanciulli. Indegno del regista che lo ha diretto e degli attori che lo hanno interpretato. Lambisce l'idiozia per un plot privo di ritmo. E' girato malissimo, lento e reso antipatico da prolissi e inutili dialoghi. Insensato per buoni 70 minuti, durante i quali pare che gli autori non avessero idea di che film fare. I tre delitti iniziali sono girati da cane, e si dimenticano dopo 5 minuti.
MEMORABILE: Il finale tagliato con l'accetta: tutti i cospiratori si buttano da una rupe.
Non ci sono gli zombies promessi dal titolo italiano e si rinvengono invece due miti della filosofia e della scienza – la perpetuazione di sé e il trapianto dei cervelli – in un thriller vanificato da una sceneggiatura letargica che si desta solo negli ultimi dieci minuti, quasi prescienti del falò sacrificale di The Wicker Man e delle devianze infantili di Grano rosso sangue; patetiche le sedute di regressione ipnotica. Rivitalizzano l’anemico cast la venerabile diade Lee-Cushing e gli appropriati eccessi della paffuta Dors, che ricorda talora pose e sguardi di Shelley Winters. Tarpato.
Film dalle potenzialità eccellenti, con una storia che poteva giungere molto in alto, si perde invece via e resta un po'rasoterra. Anche i mezzi limitati, visibili in alcune risibili circostanze (il fuoco finale, per esempio), contribuiscono a peggiorare il tutto, con ulteriori rimpianti sul fattibile. L'atmosfera era di quelle buone, la coppia horror di nemici/amici (come in questo caso), stracollaudata, certe macchiette anche divertenti (la madre naturale, con il suo veicolo ferino). Complessivamente sufficiente, ma solo per il mio giudizio superficiale.
Horror soporifero che per gran parte della durata sembra un banale giallo con dialoghi poco coinvolgenti e azioni ancora meno interessanti. Solo negli ultimi dieci minuti diventa horror e magari anche inquietante, soltanto che ormai il danno è fatto. Sasdy a mio parere aveva diretto già malamente il peggiore della serie Hammer su Dracula e qui conferma la sua mano poco felice e aggiunge una lentezza di ritmo davvero insopportabile. Salvo il cast con i bravi Lee e Cushing e una appesantita Diana Dors.
Non tragga in inganno il titolo italiano: nel film non vi è la minima traccia di zombi. Si tratta piuttosto di un thriller a tinte sovrannaturali, ambientato in una clinica dove si mescolano trapianti di cervello e possessioni dall'aldilà. Lo svolgimento è più affine al genere giallo, ed è appesantito da dialoghi che smorzano decisamente il ritmo. Pochi effetti, poche scene da horror. Nemmeno i grandi Lee e Cushing possono fare granché.
Già come thriller è di tenuta dubbia, un po' per il passo felpato, un po' perchè alla pista apparente non crede nessuno, per cui si capisce subito dove i nodi dovranno venire al pettine. Senonché il pettine paranormale è francamente risibile, pur consentendo una scena suggestiva nel finale. Cushing e Lee professionali come sempre ma poco convinti anche loro. Il brutto titolo italiano è quasi più pertinente del bel titolo originale.
Ci sono buone premesse, visti attori del calibro di Peter Cushing e Christopher Lee e un'ambientazione scozzese con tanto di castello. Malgrado ciò il film manca totalmente di atmosfera macabra. Mancano pure la tensione e una sceneggiatura che tenga alto l'interesse dello spettatore. Solo nel finale si palesa l'elemento fantastico, che non sarebbe neanche male come colpo di scena ma arriva quando ormai la noia ha preso il sopravvento.
L'elettrofilmogramma è piatto, con rarissime occasioni di sussulti. Non si può neanche dire che il film sia brutto: è solo noioso (un terzo della durata contempla la fuga di una sovrabbondante Diana Dors: e è tutto dire). Il colpo di scena finale cerca di rianimare la salma e, in minuscola parte, vi riesce anche se le sofferenze (e le insofferenze) patite per arrivarvi sono molte e difficili da perdonare. Lee ordinario, Cushing quasi inavvertito.
La presenza Di Cushing e Lee, leader (assieme a Price) degli horror anni '60-'70, garantisce alla pellicola una certa indiscussa professionalità che, unita a una storia grottesca ma inquietante e ad atmosfere fredde e taglienti, rende il tutto accessibile anche se non sempre convincente, ma avvantaggiato da un finale inquietante. Efficaci anche le prove dalle Dors e della Brown.
L'epilogo può giustificarne l'appartenenza al genere horror, ma nel complesso siamo più dalle parti del giallo/thriller, con le due icone Lee e Cushing (nei rispettivi panni di poliziotto e patologo) che stavolta fanno fronte comune e indagano su una serie di misteriosi decessi. Forse non riesce a sfruttare appieno le sue potenzialità, ma è comunque un film diretto con un bel senso del ritmo e inquietante al punto giusto. Oltre alla coppia protagonista, si fanno ricordare anche una Dors un po' appesantita e una Brown dallo sguardo magnetico.
MEMORABILE: L'inizio; La seduta di ipnosi; Il finale.
L'avventura della Charlemagne, casa di produzione fondata dal regista con lo stesso Lee, non poteva cominciare peggio che con questo giallo psicologico confuso e soporifero, il cui titolo italiano si rivela un fake appena appena riscattato da un rigore finale ai supplementari. Sasdy, che in precedenza fu corretto supplente, trovandosi al di fuori del territorio rassicurante e obbligato del gotico in costume denuncia totale mancanza di stile e di idee. Lee si impegna inutilmente, Cushing fa un favore a titolo amichevole. Bruttino e faticoso.
MEMORABILE: Il rituale sacrificale, assai simile a quello di The wicker man.
Inspiegabilmente vengono uccisi ricchi finanziatori di orfanotrofi e a decifrare l'enigma sono chiamati uno scienziato e un detective come si deve. Le ricerche vanno in una direzione, poi si scopre ben altro. Thriller desueto, si sviluppa dentro se stesso e, come una torta uscita male, involve in una resa complessivamente noiosa che richiede troppa pazienza per arrivare a un finale sconvolgente. Grandi, come sempre, tanto Lee che Cushing.
Lento e delirante al tempo stesso, è un film che vede nel linguaggio della scienza la nascita della stregoneria. Lussuosamente allestito da prestanti scenografie, illuminato dalla sulfurea fotografia di Kenneth Talbot e con un’atmosfera ipnotica che accresce in un finale malvagio e amaramente infuocato. Cushing e Lee primeggiano, ma il sottobosco attoriale di contorno incanta. Sottovalutato.
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Uno dei più brutti horror inglesi che io ricordi di avere visto, in grado di fomentare il sonno a cadenza regolare di 10 minuti,
mentre, sorpresi, ci si dice (senza convinzione) che, prima o poi, qualcosa succederà: e invece non succede proprio nulla se non negli ultimi 10, confusi ed estranei (al resto del girato), minuti.
Se è vero che il titolo italiano è forzato e mira a cavalcare l'onda di successo dei film realizzati dopo La notte dei morti-viventi, è anche vero che i "cervelli" c'entrano qualcosa, almeno negli ultimi 5 minuti.
Consolazione magra, data la totale mancanza di ritmo che fa di questo Nothing But the Night una delle più sfiancanti pellicole interpretate da Peter Cushing e Christopher Lee.
Disponibile in DVD per la Pulp Video che offre il solo film (ossia senza extra) in formato full screen 1.33:1 (ovvero 4:3).
La qualità del film è ottima e pure l'audio (scordatevi però il dolby 5.1 indicato in fascetta) è nitido e pulito.
La durata complessiva della versione è di 86 minuti.
A quanto pare (fonte: "Dizionario dei Film Horror" di Rudy Salvagnini) Lee, che produsse l'esorbitante pallone e ne approfittò pure per fondare la Charlemagne, poco dopo la fine delle riprese rilasciò alcune interviste dove lamentava come l'horror, qualora fosse privo di mezzi e incapace di veicolare contenuti, si avvalesse del grand guignol per vivacizzare pellicole altrimenti mediocri. Praticamente una dichiarazione d'intenti: Nothing But the Night ripiega sull'indagine investigativa per cercare di sostanziare il racconto e raccimola nel finale tutte le pretese simbologie per ovviare al mero shock visivo... inutilmente, visti i risultati pienamente disattesi, come già sottolineato da Undying.
Undying ebbe a dire: Uno dei più brutti horror inglesi che io ricordi di avere visto, in grado di fomentare il sonno a cadenza regolare di 10 minuti,
mentre, sorpresi, ci si dice (senza convinzione) che, prima o poi, qualcosa succederà: e invece non succede proprio nulla se non negli ultimi 10, confusi ed estranei (al resto del girato), minuti.
Se è vero che il titolo italiano è forzato e mira a cavalcare l'onda di successo dei film realizzati dopo La notte dei morti-viventi, è anche vero che i "cervelli" c'entrano qualcosa, almeno negli ultimi 5 minuti.
Non è un horror. Come dici giustamente c'è una forzatura ma non nella realizzazione del film che come thriller psicologico ha il suo fascino.
Non c'è nulla di horror se non la scena finale in cui i "bambini diabolici" si rivelano. Peraltro (SPOILER) il suicidio di massa finale rimane una scelta coraggiosa e carica di significati.
...la forzatura a mio parere sta nel catalogare e titolare, dunque pubblicizzare come horror ciò che non lo è...
Poppo ebbe a dire: Undying ebbe a dire: Uno dei più brutti horror inglesi che io ricordi di avere visto, in grado di fomentare il sonno a cadenza regolare di 10 minuti,
mentre, sorpresi, ci si dice (senza convinzione) che, prima o poi, qualcosa succederà: e invece non succede proprio nulla se non negli ultimi 10, confusi ed estranei (al resto del girato), minuti.
Se è vero che il titolo italiano è forzato e mira a cavalcare l'onda di successo dei film realizzati dopo La notte dei morti-viventi, è anche vero che i "cervelli" c'entrano qualcosa, almeno negli ultimi 5 minuti.
Non è un horror. Come dici giustamente c'è una forzatura ma non nella realizzazione del film che come thriller psicologico ha il suo fascino.
Non c'è nulla di horror se non la scena finale in cui i "bambini diabolici" si rivelano. Peraltro (SPOILER) il suicidio di massa finale rimane una scelta coraggiosa e carica di significati.
...la forzatura a mio parere sta nel catalogare e titolare, dunque pubblicizzare come horror ciò che non lo è...
Ok. Non è horror ma perché è mancato il risultato da parte della sceneggiatura e della regia (e spiace dirlo di Christopher Lee qui anche produttore). Il progetto però nasce come horror (ed è catalogato così ovunque) e non solo perché la Pulp video lo distribuisce nella serie "Maestri del terrore" (sic!): basta confrontare la locandina del film, anche nel suo titolo originale, ovvero Nothing but the night (1973).
Poi che possa piacere per carità, ma qui -a mio parere ovviamente- a tradire le attese non è certo il giudizio di chi lo cataloga come horror...
Impostando il discorso in questa maniera - ossia "Il progetto però nasce come horror (ed è catalogato così ovunque)" - non approdiamo a nulla.
Qui si tratta di giudicare un film per quello che mostra. Non per quello che voleva o poteva mostrare se fosse stato realizzato diversamente.
Credo si tratti di un problema assai diffuso. Sono molti, e spesso di registi notevoli, i film che vengono giudicati non per il loro "reale valore"* ma per le aspettative del pubblico (o dei produttori, o dell'industria cinematografica, degli attori, etc).
* con "reale valore" non intendo un dato interpretativo critico - altrimenti ognuno di noi dice la sua e amen - ma qualcosa di più oggettivo, ossia "il mostrato", quello che il film ci fa vedere e ascoltare.