Sadisterotica-L'estate torbida dello tio Jess
Già nell'incipit, dove troneggia la stessa villa dal gusto futuristico/dadaista, poi ancora usata da Franco in
Sexy Nature, con la Miranda (in tutto il suo splendore) che ne scende la scalinata recandosi verso il mare, il termometro della francomania raggiunge livelli quasi orgasmatici.
Must franchiano zeppo di tutta la sua poetica, dalle riprese ardite, dagli zoom impazziti, dal montaggio frenetico, alla ritmatissima OST quasi funky , alla bellezza non comune della Miranda, che diventa vedova nera in odor di necrofilia, idolatrata da Franco in ogni angolazione, dai reggiseni alla
Barbarella ultrafetish, alla mise erotizzante che ne mostra il soave corpo nudissimo, alla lingerie, ai travestimenti protodepalmiani per uccidere, ai suoi momenti di pazzia che mettono i brividi (nuda sul divano, a contorcersi nella follia, sgranando gli occhi guardando il corpo del marito senza vita sul letto, dove la decadenza spettrale del personaggio-in simbiosi con la stanza dai macabri livori funebri-e uno dei momenti franchiani più inquietanti e emblematici in assoluto)
Psichedelissimo, pulpissimo, febbrile , dove lo tio non da tregua, stringendo sui primissimi piani dello sguardo allucinato della sua musa, accentuandone la sensualità delittuosa, angelo della morte (o della vendetta) che dispensa eros e thanatos in egual misura.
Un delitto pop pseudobaviano (soffocata con il cuscino gonfiabile), il numero lesbo (anche se edulcorato rispetto a quello che Franco metterà in scena in futuro) tra la Stromberg (di una sensualità abbaccicante, che sveste delicatamente la Miranda sfilandole pure i sandaletti) e la Miranda con look simil Raquel Welch e un pedinamento spasmodico tra specchi e bizzarre vetrate (tra un sospetto Paul Muller e la Miranda) restano tra le cose più belle e registicamente raffinate mai partorite dallo tio.
I feti sottovetro che aprono il film così spudoratamente pre cronenberghiani, la follia in cui si crogiola il marito della Miranda, la diperazione di quest'ultima , diventando la donna che visse tre volte (
She Killed in Ecstaty sta al cinema di Franco come
Vertigo sta a quello di Hitchock), con travestimenti , ora puttana, ora pittrice lesbica, ora vedova inconsolabile in cerca di vendetta, o figura eterea, impalpabile, stretta nella sua striminzita mantella (la stessa che Irina indosserà in un
Caldo corpo di femmina, che dal viola passerà al nero) che ne risalta le nudità, vagando per la grande casa come il più tipico spettro/angoscioso femmineo franchiano, o in piedi, su una barca, in mezzo al mare.
Howard Vernon (da antologia i giochi di sguardi con la Miranda al bar), nudo a letto, che ama farsi dire le parolacce e ricevere sonori sberloni in stati di lussuria sadomasochistica progressiva, prima che la Miranda (magnificamente vestita di sola mignottagine) sferri la sua ira punitiva, Paul Muller che non resiste (e come potrebbe?) alle grazie poco velate della Miranda che si rotola lasciva sul letto in reggicalze, finendo nei meandri sanguinosi di una forbiciata proto slaher, con il sangue che cola dalla bocca di Muller imbrattando la candida pelle della Miranda, e lo stesso Franco (nella sequenza più sadisteroticamente franchiana del film) con moglie uccisa e legato ad una sedia a petto nudo, in balia delle forche caudine di una scatenatissima Miranda in preda a isteria sensual/suppliziante, armata di pugnale e di seduzione mortale, avvolta nel suo look sexyssimo, di inarrestabile dea della morte.
Finale amarissimo e, ahimè, terribilmente funesto per quello che accadrà (di lì a poco) nella vita reale a Soledad.
Franco e il thriller revenge, o il thriller revenge visto da Franco, nella sua dimensione più pura e anarcoide, impreziosito dallo score martellante del duo Hubler/Schwab, dall'algidità mortifera della musa franchiana che impazza in furori vendicativi e follie uterine, dagli interni coloratissimi e arty, dai dipinti BDSM, da seducenti effusioni lesbo, dalle ossessioni franchiane che si amplificano (il mare, gli specchi, la grande casa sull'isola, la figura funureo femminile portratrice di passione e di morte, l'atto sessuale come privazione della vita)
Tappert fa le prove generali per Derrick, ma il suo ruolo è fondamentalmente inutile
Tanto è austera, glaciale e distaccata la Miranda, quanto è più carnale, impudica e odorosa la Romay (che comunque preferisco), e dubito che la Miranda (che personalmente trovo molto meno sensuale e succosa della Romay) , se fosse vissuta, si sarebbe spinta oltre, come ha fatto, senza inibizioni, la Romay.
Il lato thrilleresco vendicativo va a farsi benedire, quello che conta è l'assoluto estetismo franchiano imbevuto di rovente psicotronia.