Una locanda sperduta nell'entroterra della campagna francese (che sembra quella della provincia americana), un camionsita si ferma per una birra e comincia a dialogare con la barista, sulla parete i disegni delle tre storie che i due si racconteranno per ammazzare il tempo (un pò come le fotografie appese nel locale del
Club dei mostri).
La prima narra di una coppia di lesbiche cannibali, la seconda di un'orchessa che divora i bambini e la terza vede due sorelle fuggire dal degrado e dagli abusi sessuali paterni per ritrovarsi dalla padella alla brace.
Opera peculiare, bizzarra, stralunata, che se ne frega delle regole imposte dal genere, dove il surrealismo , il grottesco, la comicità, il demenziale, l'horror più viscerale, la fiaba e il dramma più doloroso vanno a braccetto, e si amalgamano alla perfezione. Tre episodi ognuno all'opposto dall'altro, tre storie completamenti differenti (par tematiche e situazioni) che riescono a convivere alla perfezione, bilanciandosi tra lo splatter del primo, il surrealismo fiabesco demenziale del secondo e il puro dramma della perdita dell'innocenza del terzo.
Il talento di Paya sarebbe fuori discussione, con alcuni momenti visivi sbalorditivi (l'interno dell'asilo con l'orchessa che, golosa, spia i bambini lievitando come una creatura baviana, e la stessa ritualità predatoria dell'orchessa, con montaggio alternato sul famelico coccodrillo), la cura per la messa in scena e la soprendente bravura delle attrici(la Lalande, l'orchessa della Marie-Pierre Vincent che, a volte, mette davvero paura e soprattutto Stéphanie Siebering).
Il primo segmento altro non è che una versione "urbana" di
Ossessione carnale, due amanti cannibale, un poliziotto vendicativo evirato da una di loro, pranzetti antopofagi e smembramenti, copule saffiche cronenberghiane e attività predatoria/antropofaga.
Tra peni recisi nell'orinatorio, corpi fatti a pezzi e sviscerati, un'estrazione vaginale cronenberghiana (o zulawskiana) tramite cunnilingus, sputate al sangue indirizzate alla telecamera (e a chi guarda), menomazioni maschili e un agghiacciante parentesi di furia misogina (il pestaggio di una delle due ragazze antropofaghe), il primo racconto è quello più prettamente horror e gore, dove la ferinità femminea e la brutalità maschile vanno di pari passo. Finale ambiguo alla fermata del tram.
Il secondo è decisamente il più folle e delirante, coacervo di favola pagliaccesca alla
Fantaghirò, misto a
Rabid Grannies, che non lesina momenti splatterosi, a altri decisamente assurdi e bambineschi, con personaggi assurdi (il cacciatore di vampiri con l'acqua santa) e una narrazione volutamente dissennata e bambinesca.
Dopo un poetico e delicato incipit con delle marionette orientali e un dragone, un'orchessa finisce di raccontare la favoletta ad una bimba, la strega già sbava copiosamente e si pappa la bambina in un sol boccone. Quello che succede dopo e dà vederlo per crederci, in sintesi: l'orchessa mantiene un coccodrillo (nelle campagne francesi!) a cui dà da mangiare pezzi di carne (omaggio nemmeno troppo velato al Judd di
Quel motel vicino alla palude), un assurdo e alquanto pittoresco poliziotto è sulle sue tracce, l'orchessa rapisce una ragazzina previo boomerang australiano(!) e la mette in un sacco per portarsela nella sua casetta di marzapane in mezzo ai boschi. Il poliziotto uccide , però, la sua vicina di casa che ha tutta l'aria di essere anche lei una strega, ma sbaglia bersaglio, l'orchessa cita la strega di Biancaneva con "specchio, specchio, delle mie brame", una mostruosa megera le apparve da ragazzina alla finestra, in una notte d'estate, e le offrì la mela avvelenata. Poi arriva una specie di principe azzurro completamente idiota (con scarpette alla Cenerentola e pianole Bontempi), ci sono i pupazzetti e gli effetti sonori da cartone animato tipo BOING BOING, e tutto si risolve che manco Bim Bum Bam.
Volutamente demenziale, abbagliato da attimi da fiaba nerissima quasi jordaniani, tra mutazioni stregonesche, copiose sbavate, vomitate, pasteggi cannibalici e una scarnificazione facciale (l'orchessa davanti allo specchio) presa di peso da
Poltergeist.
Il terzo è un piccolo capolavoro di lacerante poesia e degrado sociale. Due sorelle (una ritardata) che vivono in una misera fattoria ai margini della società, vengono abusate sessualmente dal laido padre/padrone (all'inizio dell'episodio lo vediamo partecipe in una disgustosa scena di zoofilia con una gallina, amplificando lo schifo con la fuoriuscita dello sperma dal corpo del pennuto pronto per essere cucinato). Una delle due (quella ritardata) è incollata alla triste televisioncina a guardare la sua cantante preferita, Marina Moon, di cui ha una vera e propria venerazione. All'ennesimo tentativo di sudicia attenzione sessuale del padre verso di loro, le due lo uccidono soffocandolo con un sachetto di plastica sulla testa, lasciano la spelonca e si dirigono in città, ma quello che troveranno sarà solo altro squallidume e prevaricazione sessuale.
Sofferto, parecchio doloroso, senza speranza, profondamente tragico, un segmento inaspettato e decisamente drammatico, quasi verhoeviano o fassbinderiano (la prostituta che balla piangendo, il viscido e libidinoso cardinale che predilige la "carne giovane", la subdola e schifosa prostituta che circuisce le due sorelle, la goffagine della ragazza "ritardata" mentre balla in vestiti e pose sexy che non le appartengono, i soldi da procurarsi per vedere lo spettacolo di Marina Moon), fino alla drastica e impietosa soluzione della giovane dopo aver assistito-quasi in paradisiaco trance-all'esibizione della sua cantante del cuore. Chiusa finale, sulla strada, di rara spietatezza e desolante amarezza.
Un segmento crudele, devastante, da groppo in gola, lucidamente spietato e nerissimo, che sfiora il piccolo capolavoro.
Finite le tre storie si ritorna alla pensioncina aperta 24 ore su 7 giorni, il camionista se nè và, e Lloyd Kaufman (sì, proprio lui) da perfetto imbecille, scrive su un foglio i possibili titoli dei suoi prossimi film (
Toxic avenger e
Tromeo & Juliet, storpiandone i nomi), riuscendo pure a trovare il nome di una sua ipotetica casa di produzione (la barista, sua moglie, dice la parola "trauma" e lui, beota, ah, si, certo, TROMA!!!!)
Infine arrivano pure Thelma & Louise (quelle "vere") a completare il delirante quadro e a mettere la parola fine.
Citazioni, follie assortite, splatterate, morbosità lesbo, uomini fatti a pezzi, streghe mangiabambini, innocenze perdute, perfidie, mostruosità e alienazioni femminee, scampoli da musical americano nell'esibizione di Marina Moon, in un calderone estroso e stravagante che non assomiglia a nessun altro film, che se ne infischia di stare alle regole.
Uno dei film più bislacchi e liberamente anarchici visti negli ultimi tempi
Ottimi gli SXF del piccolo/grande Robert Scherer, tra make up "gommosi", arti amputati, teste maciullate, scarnificazioni e squartamenti.
A suo modo geniale, dove Paya ha l'ardire talentuoso di realizzare qualcosa di completamente diverso, un omnibus intriso di gustosi e imprevedibili squilibri narrativi, dove cannibalismo, favole oscure e drammi esistenziali coabitano in un unicum di macabra poesia, trivialità, grossolanità, delicatezza, crudeltà e derive gore.
Consigliatissimo a chi cerca qualcosa al di fuori dai soliti schemi prestabiliti.
Distribuito in dvd, negli states, dalla Troma con il titolo di
Open 24/7.