Mi ero sempre chiesto chi fosse questo misterioso John Real, con alle spalle alcuni filmetti horror (tra cui
Il Carillon), distribuiti nel circuito home video (dalla
Cecchi Gori) e spacciati come horror americani.
Scopro che è l'italianissimo Giovanni Marzagalli, catanese e con alle spalle studi all'UCLA di Los Angeles, e che già, appena 22enne aveva girato il suo primo film su una leggenda siciliana.
Regista molto preparato tecnicamente, spanne sopra alla patina di amatorialità che afflige la gran parte degli autori di genere italici odierni e con un gusto raffinato e quasi "americano" per la composizione filimica.
Questo suo
Obsessio è una diversa rappresentazione dello "stalking movie", ambientato a New York, girato quasi tutto in un ufficio (con quattro attori), e negli interni della casa della vittima femminile (una tonica e sexyssima Natalie Burn, che assomiglia sempre più a Liv Tyler, che indossa favolose e deliziose scarpette con il tacco, fissata con lo yoga e vittima inconsapevole delle mire ossessive e morbose del suo capo ufficio).
Il rischio di monotonia è dietro l'angolo, ma Marzagalli regge bene la tensione, e getta una coltre di morbosità e claustrofobia, annafiate da angoscia e dalla paranoia sociopatica.
Ma il merito è anche di Neb Chub, il capo ufficio della bella Natalie, inquietante uomo d'affari, una specie di Gordon Gekko che non sorride mai e con lo sguardo torvo per tutto il film, corroso dall'amore segreto che ha per la sua bella segretaria, covando un'ossessione spasmodica per lei, arrivando a a pianificare maniacali appunti su una agenda, per poi passare a malsane e perverse vie di fatto (la droga nel caffè, le telecamere piazzate ovunque-anche in bagno, sbirciando la bella Natalie che fa pipì-le cimici stile
La conversazione messe sotto la scivania della ragazza, sondando i suoi punti deboli e le sue patologie-la claustrofobia e la porta del bagno manomessa-venerandola e amandola morbosamente in gran segreto, mente la sua agenda si riempie di deliranti e sconnesse frasi amoroso/possessive, le cartelle di foto e di video sul suo PC "dedicate" alla ragazza, fino alla violazione di domicilio-non mancano le derive feticistiche annusando le sue mutandine o strusciandosi sui suoi vestiti fino alla cieca e rabbiosa gelosia quando la vede amoreggiare con il suo ganzo-, arrivando allo stupro con sonnifero, l'apoteosi di una passione insana e malata che sconfina nella necrofilia).
Marzagalli sposta l'asse dello "stalking movie" all'"office thriller" sullo stile di
Senza uscita o di
Senza scampo, con la suspence che monta minuto dopo minuto (la giovane e bella Natalie sembra inconsapevole di quello che le stà capitando, se non i nervi che, misteriosamente, sembrano andare in pezzi), fino alla risoluzione finale non poi così scontata (le pillole, il disturbo da delirio, il rimescolare le carte creando un corto circuito emotivo nella mente della confusa-e abusata in segreto-Natalie, i flashback dell'assunzione di impronta quasi rashomoniana).
Reminiscenze da
Bed Time (mentre lei dorme, lui le si staglia sopra con la sua ombra minacciosa), la psicosi ossessiva/possessiva di Trevor McNills (che si crede una specie di dio capace di controllare la vita altrui), maschera di austerità e glacalità, ma che nasconde un'incapacità di provare qualsiasi tipo di sentimento, se non quello malato di una fissazione distorta e psicotica su una giovane donna che non lo amerà mai, e quindi usando mezzi subdoli e criminosi per "possederla" alla sua maniera (arrivando a drogarla con il sonnifero per dar sfogo alla sua alienata passione).
Di culto l'incipit, con Trevor e Natalie (e le sue scarpine ) chiusi nella stanzetta dell'ufficio perchè c'è "un misterioso assassino" che si è intrufolato nell'azienda.
Regia altamente professionale (che maschera bene una certa italianità), buono lo score di Francesco Marchetti e suggestiva la fotografia (che regala tracce argentiane) di Luigi Mingrone.
Tra le mura di un angusto ufficio, all'interno della dimora gelida e ostentata di Chubin, solo con la sua insana ossessione amorosa e con la sua personalità distorta, nella casa di Natalie e qualche esterno di New York, che scandisce il tempo, ripreso in velocità stile
Koyaanisqatsi, fino alle inquietanti telefonate "mute" che riceve di continuo Natalie, con il solo sottofondo della
Sonata al chiaro di luna di Beethoven.
Non poi tanto distante dalle tematiche di alcuni straight to video degli anni '90, ma realizzato con una certa cura registica e con momenti di intensità davvero notevoli.
Nulla di nuovo nel mare magnum dello psycho-thriller, ma Chubin è uno psicopatico/sociopatico perfetto nella sua glaciale personalità disturbata, eppoi con una segretaria come la Burn...