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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Vagonate di misticismo a buon mercato per un presunto catastrofico ancora una volta agganciato alle profezie Maya del 2012. Si comincia in Messico, dove gran parte del film è ambientato e dove un vulcano è sul punto di esplodere. Un esperto del settore, il dr. Frank Richards (Midkiff), monitora i ripetuti terremoti in loco mentre una scritta che accompagnerà ogni didascalia relativa al cambiamento di luogo ci avvisa che mancano 36 ore al giorno del giudizio (il Doomsday del titolo). Una scossa particolarmente forte libera l'accesso a una caverna segreta che all'interno contiene un crocifisso risalente al 300 A.C., secondo gli esami del carbonio 14. C'erano i cristiani in America ben prima di Colombo...Leggi tutto (e anche prima di Cristo a questo punto)? Così pare. E' il caso di seguire le iscrizioni sulla croce allora, e portarla "prima della fine del ciclo" (Maya) alla piramide di Chichén Itzá, dove peraltro si stanno dirigendo pure una crocerossina (Nason) che fin da piccola sognava la stessa piramide e l'ha appena vista tatuata sul corpo di un uomo che ha inutilmente soccorso e una giovane (Dolenz) impegnata a portare lì una donna che pretende di partorirci la figlia perché sente che così s'ha da fare. Tre storie che procedono su binari apparentemente paralleli destinati invece inevitabilmente a convergere nel finale a Chichén Itzá. Quel che colpisce, per un film che promette catastrofi in linea coi tanti prodotti in tema, è la quasi totale assenza delle stesse, ridotte a qualche classico effetto di frantumazione dell'asfalto (non se ne può davvero più), a qualche finto pesce morto che galleggia e a una nevicata in Messico che di meno credibili non se ne ricordano. Quando poi si passa alla grandine si va di male in peggio, ma se non altro si ride quando un chicco sfonda un parabrezza e fa secco il poveretto al volante squarciandogli il petto! Se sotto l'aspetto degli effetti speciali è bene stendere un pietoso velo, non è che poi le idee si sprechino, in sceneggiatura: rubata da INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO l'idea della piramide misteriosa che poi d'improvviso si riconosce vedendola in tv, si cerca in qualche modo di avvicinare il classico spielberghiano con il citato misticismo alla buona: la crocerossina viene accompagnata in auto verso Chichén Itzá dalla madre che cerca di spiegarle quanto siano validi e importanti gli insegnamenti cristiani, mentre la ragazza che accompagna la partoriente insieme a un reporter incontrato sulla via si scopre preda di suggerimenti dall'alto che gli impediscono di seguire quelli ben più concreti del padre (De Young), il quale i fenomeni climatici li studia per mestiere dannandosi l'anima tra rotazioni dell'asse terrestre e allineamento dei pianeti. Quanto al professore col suo crocifisso precolombiano, intraprende il viaggio con l'ex moglie magicamente riavvicinatasi tra patetici dialoghi da ritrovata armonia familiare. Il finale, più che al catastrofico classico (se non vogliamo calcolare qualche fugace crollo in CGI tra Gerusalemme e New York), guarda semmai ai PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA frullati con ROSEMARY'S BABY, ma è solo la ciliegina di un american pie rancido cui mancano i requisiti minimi per convincere l'appassionato.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 5/03/20 DAL DAVINOTTI
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