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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ci vuole non poco coraggio per azzardare un film così: l'ingombrante pupazzo blu che sembra uscito da MONSTERS & CO. e che rappresenta l'invisibile coscienza della protagonista, appare più ridicolo dello sperato (anche per come è reso digitalmente) e fa decisamente a pugni con il tentativo di raccontare una storia che invece di comico non ha nulla. E' il ritratto poco allegro di Valentina (Gatti), una diciassettenne disadattata, asociale, che dopo aver sottratto il boyfriend a un'amica ci fa insieme pure un video hard subito condiviso in rete e che diventa caso nazionale. Il padre avvocato (Tognazzi), venuto...Leggi tutto a conoscenza del filmato e sapendo già da prima che Valentina si fa di PCP, capisce che è il momento di spedirla in comunità riabilitativa (rehab) e la affida per il viaggio fin lì a un suo dipendente, Antonio (Perduti), chiamato a farle da autista e accompagnatore. Per quanto non sia un film "on the road" la parte in auto ha una sua importanza, anche se poi la ragazza riesce a convincere Antonio a portarla da sua madre (Guzzanti) fino a Monopoli, in Puglia, dove si svolgerà la lunga fase conclusiva. Valentina è piuttosto intrattabile, ma nemmeno così insopportabile come si potrebbe pensare. Lo è molto di più Renato, il pupazzone blu con le corna, goloso di patatine, inseparabile compagno immaginario che la ragazza riesce a togliersi di torno solo quando "si fa". Renato le rimprovera ossessivamente di aver fatto morire il fratellino, non senza motivo, impersonando la sua coscienza distrutta dai rimorsi e i sensi di colpa con l'ambizione sciagurata di farci sorridere (anche perché la voce è quella di Neri Marcorè). Niente da fare: le gag sono blande, mai incisive come vorrebbero essere e il più delle volte l'invadente pupazzone ci fa solo la figura imbarazzante dell'inutile ammennicolo la cui presenza sarebbe stato meglio evitare. Certo, si sarebbe persa molta della bizzarria e della relativa originalità dell'operazione, però avrebbe trovato più spazio il confronto tra Valentina e Antonio, l'autista pure lui con le corna ma metaforiche, dovute al tradimento della moglie. Tognazzi e la Guzzanti si vedono ben poco a dire il vero, tuttavia la seconda ha almeno un paio di buone scene (compresa quella, notevole, dell'improvviso riconoscimento di sua figlia) e si districa con inattesa disinvoltura in un ruolo drammatico. Monopoli, Polignano e la Puglia offrono location di ottima qualità (di giorno e di notte), la giovane Marina Gatti, pur forse non ancora attrice vera, sa supplire con buona spontaneità alle carenze interpretative donando autenticità a un ruolo tra l'insoddisfatto e il rassegnato mentre Perduti si ritrova tra le mani il personaggio stereotipato del servitore succube, timido ma pronto a qualche scatto d'orgoglio che lo riqualifichi. C'è però poco da raccontare e le intrusioni dell'animatronico Renato spezzano il clima teso e crudo che a tratti il film riesce a ricreare. Di rado qualche buon dialogo si individua, Valentina è un personaggio che ha il suo bel motivo d'esistere, ma per reggere un film intero non è abbastanza.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 4/02/20 DAL DAVINOTTI
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Puppigallo 20/08/20 18:17 - 5275 commenti

I gusti di Puppigallo

Pellicola sbagliata e pretenziosa, in cui il tentativo di psicanalisi della ragazza risulta superficiale e puerile, a partire dal senso di colpa rappresentato da un insopportabile “muppet” che le ricorda il fattaccio. In più, la struttura già pericolante è resa ancora più instabile da una protagonista difficile da reggere, con contorno di esagerata macchietta umana (una sorta di zerbino umano, che farebbe impallidire Fantozzi). Il colpo di grazia però lo darà la madre, col suo manesco “sensore” di colpa. Evitabile.
MEMORABILE: Le due sorellone in bagno, dopo il numero dell’offerta “Ma che ha messo?”, danno del pezzente al protagonista.

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