Ennesimo cortometraggio targato David Lynch che mette in scena una "storia" assurda che vuol farsi beffe dei vecchi noir. Per fare questo utilizza dei veri animali e dei dialoghi praticamente incomprensibili a livello di logica che "scimmiottano" le frasi più classiche degli interrogatori al cinema. Un vero e proprio teatro dell'assurdo difficile sia da commentare che da comprendere e che ancora una volta spiega in parte la follia del regista. Nonostante tutte queste difficoltà si rimane affascinati dall'atmosfera.
Vedere David Lynch in persona che fa il terzo grado alla scimmietta Marcel di Friends è già di per sé appagante per qualunque weird-seeker. Il corto, nella sua semplicità (andando all'essenza, non è altro che la parodia surreale di un film noir), scorre simpaticamente sospeso fra il perturbante (la bocca umana sovrapposta a quella di Jack), l'assurdo umorismo dei dialoghi e l'intrinseca follia del soggetto. Lynch, più ironico che mai, dimostra di non aver perso lo smalto e condensa in 17 minuti un tributo al nonsense che si farà ricordare.
MEMORABILE: "Chi crederebbe a un orango?"; La straniante parentesi musicale di Jack; L'inquietante urlo di Jack; Il concitato (e stranamente concludente) finale.
Nella saletta appartata di un bar, un investigatore interroga un certo Jack Cruz sospettato di aver ucciso un rivale in amore. Jack nega il delitto ma non la sua passione per la dolce Toototabon... Jack è un cebo cappuccino (vero), probabilmente "doppiato" dallo stesso Lynch, Toototabon è una gallina (vera), il corto è un distillato di assurdo d.o.c. che lascia perplessi e deliziati come spesso accade di fronte alle opere d'arte moderna: difficile trovarvi un senso, impossibile non apprezzarne lo stile e la geniale bizzarria.
In un angolo di un malandato bar ferroviario, davanti a due tazze di caffè, avviene l'interrogatorio tra David Lynch e Jack, una scimmietta accusata dell'omicidio di un rivale in amore. Fin da subito il dialogo tra i due risulta essere molto surreale e di non facile comprensione, ma l'assurdità della scena è talmente ipnotica che riuscire a comprendere ciò che dicono diventa secondario. Il tutto poi è condito con una canzone d'amore cantata da Jack per la sua amata, una gallina di nome Toototabon. Stranissimo!
Una scimmietta viene interrogata per l’omicidio di un rivale amoroso. Scambio serrato di battute tra lo stesso regista (che cerca di intimidire senza essere aggressivo) e lo scafato animale. Un botta e risposta che assume toni di arguta veridicità e che tende a richiamare gli interrogatori dei vecchi film noir. Discreta la fotografia rarefatta a ricreare il clima fumoso. Lynch inserisce anche una struggente canzoncina durante la quale l’indagato può esprimere tutto il suo amore per la gallina Toototabon.
MEMORABILE: La domanda sul rodeo; L’indizio delle piume; L’orango il testimone; La mancia alla cameriera.
Un serrato interrogatorio a una scimmia innamorata di una gallina: Lynch riesce a trasformare le baracconate più kitsch e insulse in emozionanti momenti di grande cinema e di trepidante tensione. Qui lo fa grazie a un b/n d’antan, a un dialogo dove le coordinate evaporano facendo trionfare il puro meccanismo del botta-e-risposta, a un ottimo ritmo e all’impressionante espressività del primate. Peccato che in effetti il tutto non abbia alcuna consistenza se non quella della curiosità strampalata e virtuosistica. Buffo.
Siamo in una malandata carrozza ferroviaria che ricorda i tuguri polacchi di Inland empire: qui, come allora, due persone a colloquio. Beh, persone... Lynch in persona, con sigaretta d'ordinanza e caffè americano, cerca di saperne di più sull'omicidio del rivale in amore di Jack, una scimmietta su cui vengono impiantate una bocca semovente e la voce filtrata dello stesso Lynch. Storia assurda, impregnata di anarchica autoironia, che si permette di celare una leggera inquietudine (l'assurda esibizione musicale di Jack). Si fa ricordare.
MEMORABILE: Lynch (fumando): "I don't bluff". Jack: "Yeah, and you don't smoke".
Divertissement solo parzialmente divertente che probabilmente risulta maggiormente tale più per chi l'ha fatto che per chi lo vede. Si omaggia il noir d'antan di cui vengono riprese e riprodotte perfettamente le atmosfere fumose e misteriose che un certo peso hanno avuto anche nelle opere più famose del regista. Nulla da dire invece sulla fattura dell'opera che è di ottimo livello. Beffardo e divertente, il guizzo finale. Molto lynchiano e quindi bizzarro, ma meno onirico del solito, come tutte le opere di questo immenso cineasta. Ideale per completisti.
David Lynch HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneDaniela • 23/01/20 21:50 Gran Burattinaio - 5927 interventi
Dal 20 gennaio 2020, giorno del compleanno del regista, è disponibile su Netflix questo cortometraggio girato nel 2016 e finora presentato solo in talune occasioni particolari.
La canzone "True Love's Flame" scritta da David Lynch e Dean Hurley, risulta cantata da Jack Cruz, ossia probabilmente dallo stesso Lynch.
DiscussioneBubobubo • 1/04/20 15:50 Archivista in seconda - 271 interventi
Daniela ebbe a dire: Dal 20 gennaio 2020, giorno del compleanno del regista, è disponibile su Netflix questo cortometraggio girato nel 2016 e finora presentato solo in talune occasioni particolari.
La canzone "True Love's Flame" scritta da David Lynch e Dean Hurley, risulta cantata da Jack Cruz, ossia probabilmente dallo stesso Lynch.