Marebito - Film (2004)

Marebito

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Un horror, senza dubbio, ma particolare e quasi metafisico, che recupera la tradizione dei grandi maestri del cinema orientale e con essa l'inevitabile lentezza che vi si accompagna. Takashi Shimizu è il regista di RANCORE, film che ha già declinato un'infinità di volte (dalla tv al grande schermo, dal successo in patria al remake americano), ma con MAREBITO sembra volersi allontanare dalla formula che l'ha reso celebre рer testare la via del cinema d'autore. E comincia chiamando come protagonista nientemeno che Shin'ya Tsukamoto, il regista di TETSUO...Leggi tutto e A SNAKE OF JUNE, il quale si cala nella parte per dar vita a una storia d'amore estremo, nascosta da una prima mezz'ora tendenzialmente fuorviante ma che poi, minute dopo minuto, assume sempre più i connotati di una tragedia. Perché la ragazza che Tsukamoto incontra esplorando i sorprendenti cunicoli sotto la metropolitana di Tokyo (che si aprono in una sorta di mondo perduto meritevole di qualche inquadratura in più), non è certo normale: non parla, non mangia, non beve... e tanto per cambiare indovinate di cosa si nutre. Tra suggestioni vampiriche e barkeriane (HELLRAISER è lì a un passo), Shimizu confeziona più che altro una successione di scene di nera solitudine: il protagonista vive con la sua telecamera, elabora pensieri che noi ascoltiamo, osserva l'ospite di casa preoccupandosi solo di trovarle il necessario sostentamento. Di sicuro MAREBITO, che pure è un film girato bene e che possiede un suo rigore stilistico da apprezzare, non piacerà a chi cerca coinvolgimento o terrore.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 5/10/06 DAL DAVINOTTI
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Keoma 20/03/07 18:24 - 34 commenti

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"Marebito" è la prova più straordinariamente matura di Takashi Shimitsu. Cupo, plumbeo, disperato è un grandissimo esempio di come girare un horror a budget quasi zero. "Marebito" ti entra dentro il cervello veloce e sa trascinarti senza freni nei meandri più nacosti della mente, quelli dove risiede la follia. Difficile trovare in un film una poesia così estremizzante del dolore e dell'amore. Straniante e straziante. Un capolavoro.

Sadako 26/03/07 21:45 - 177 commenti

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Nonostante la bellissima ricostruzione del mondo sotterraneo e del popolo dei sotterranei di Tokyo, il film è spesso pesante e difficile da seguire. Basato su una creazione di Richard Sharpe Shaver e sui Dero (detrimental robot... robot nocivi) di cui si parla in alcuni suoi racconti pubblicati su "Amazing Stories", il film si dipana lungo una trama divisa tra paranoia e schizofrenia, (malattie che si dice affliggessero Shaver). In bilico tra sogno e follia, si conclude senza una spiegazione logica o una conclusione degna di questo nome.

Undying 24/10/07 08:27 - 3807 commenti

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Fuor di dubbio che a Shimizu gli vada riconosciuta la buona volontà di staccarsi da The Grudge e da quel tipo di horror (casa infestata e fantasma vendicatore). Però un film girato in 8 giorni in formato digitale mostra tutti i suoi limiti: non tanto dati dall'assunto e dalle reazioni inverosimili del protagonista (incontra il fantasma del suicida sotto terra e non fa una piega!), ma da una trama che, anche sforzandosi, proprio non fila. Dove vuole arrivare a parare il regista? Nemmeno vedendo il protagonista come uxoricida funziona...

Schramm 20/11/07 00:25 - 3495 commenti

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Pagante non poco pegno a Mermaid in a manhole (quarto e più riuscito episodio della controversa serie Guinea Pig), di apparente semplicità, ma complessissimo e claustrofobico, fa sporcare le mutande e regala un'inquietudine di non facile smaltimento. Menzione al merito alla prova attoriale di Tsukamoto.

Greymouser 5/06/10 00:04 - 1458 commenti

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Shimizu si distacca finalmente dall'eterna riscrittura di Ju-on per approdare ad un incubo più complesso e sfuggente, fatto di metaforiche sortite in indefiniti territori ctonii, da cui il protagonista (uno Tsukamoto che dimostra di saperci fare anche di fronte alla MdP) riemerge con un carico solo apparentemente innocuo. Quasi cronenberghiano in certe situazioni, il regista porta avanti la tesi che non solo l'amore entra dagli occhi. Inquietante.

Luchi78 31/08/10 12:22 - 1521 commenti

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Pessimo esempio di cinema horror orientale: lento e privo di suspense, davvero non suscita alcun tipo di interesse. Anche l'utilizzo della videocamera digitale da parte del protagonista non aggiunge niente di emozionante al film. La storia è surreale e banale allo stesso tempo.

Capannelle 2/09/10 11:50 - 4411 commenti

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Nei limiti dei mezzi a disposizione, Shimizu è bravo a dare sufficiente profondità e alone di mistero/straniazione ad una storia (più fantasy che horror) che paga lo scotto alla lentezza iniziale ma riesce a mettere a segno alcuni colpi interessanti: la scoperta del mondo sotterraneo, la bimba così teneramente famelica, il non sapere da parte del protagonista cosa stia diventando. E cosa sia disposto a fare.

Myvincent 21/03/12 13:48 - 3741 commenti

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Occhio che uccide nipponico che getta uno sguardo sulla realtà metropolitana e sotterranea di Tokyo, ritraendone l'orrore quotidiano e l'insensibilità dell'umanità distratta di tutti i giorni. In bilico fra horror e critica sociale, il film non convince con quel suo stile povero e finto-realista, propinandoci noia in quantità eccessive.

Rebis 13/10/12 16:20 - 2337 commenti

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Cos'ha fatto Shimizu oltre a riciclare per sei volte Ju-on? Marebito. E cosa ci dice Marebito? Che non aveva altro da aggiungere. Tratto da un romanzo di Chiaki Konada - anche sceneggiatore - cui si devono le suggestioni esoteriche e lovecraftiane (Agarta, "Le montagne della follia", i Grandi Antichi) è un film assai convenzionale malgrado le premesse, figurativamente nullo, incapace di sostanziare il labirinto psicotico cui allude (Escher campeggia su una parete: ah, ecco!). Shimizu si applica con digitale, POV e riprese tradizionali, ma l'atmosfera non monta. Pleonastico Shinya Tsukamoto.

Daniela 7/02/13 07:40 - 12660 commenti

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Ossessionato dallo sguardo di terrore che traspariva dagli occhi di un sconosciuto prima del suicidio, un cameraman finisce in mezzo alle montagne della follia, dove scopre una ragazza nuda ed incatenata... Horror dall'andamento onirico, fitto di riferimenti, da Lovecraft a Escher, che incrocia il tema dell'occhio che uccide con quello della ragazza selvaggia. Ne risulta un film irrisolto, pretenzioso, ma non privo di fascino, con un protagonista sonnambolico guidato negli inferi della follia da una Beatrice innocente, muta e vampira. 2+

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Buiomega71 7/03/15 00:37 - 2910 commenti

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Sorprende Shimizu e si raschia dalle suole i "fantasmini formaggini" per addentrarsi nei meandri della follia. Dopo un inizio ben poco promettente (terribili immagini amatoriali, estenuanti perlustrazioni in tunnel bui) arriva uno squarcio visivo abbagliante (le montagne della follia sotterranee), per poi deliziarsi in femminee rappresentazioni dell'orrore, con fameliche bevute di sangue (che sembrano sempre più rapporti sessuali orali) e crudeli delitti alla Occhio che uccide. Jenifer è dietro l'angolo e la marciscente claustrofobia e l'odore di morte fanno il resto.
MEMORABILE: Il primo piano della terrificante dentatura di F; F che trangugia biberon al sangue; Tsukamoto porta F in giro per negozi; Il crudele omicidio della studentessa.

Bubobubo 31/10/18 09:58 - 1847 commenti

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Un film interamente intessuto di suggestioni e associazioni mentali, dove la trama si annulla in favore della percezione, della riduzione ai minimi termini dell'effetto-horror. Oltre a essere del tutto atipica (difficile prevedere un tale non-sviluppo a partire dall'interessante spunto di base, quello dello sguardo terrorizzato di un suicida in metropolitana) è anche piuttosto criptica e insoluta, costellata di singoli sprazzi di grande impatto che faticano terribilmente, tuttavia, a formare un quadro compiuto. Interessante, ma nulla più.

Jdelarge 31/10/18 10:02 - 1000 commenti

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Voyeur dell’orrore cerca nei meandri di Tokyo la paura estrema da catturare con la sua retina e non più con il supporto della videocamera. Ciò porta il protagonista verso una sorta di piccolo tour sotterraneo dal quale torna in compagnia di una fanciulla alquanto angosciante. Film che incuriosisce e che funziona per l’atmosfera che crea, cupa e torbida dall’inizio alla fine. A livello di storia, però, oltre alla curiosità umana nei confronti della paura, del vedere e toccare il terrore, c’è ben poco altro.
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  • Discussione Buiomega71 • 7/03/15 09:42
    Consigliere - 25998 interventi
    NOTTI E NEBBIE DEL GIAPPONE

    Sorprende Shimizu, e con mio stupore riesce a raschiarsi dalle suole gli improponibili e ridicoli "fantasmini formaggini" che avevano frantumato gli zebedei, per addentrarsi in un vero e proprio viaggio nella follia

    L'inizio non faceva ben sperare (terribili riprese amatoriali da mal di testa, perlustrazioni estenuanti nei tunnel bui nei sottosuoli di Tokyo) e stavo già per smadonnare...

    Poi l'abbaglio visivo (e bellissimo) delle "montagne della follia" sotterranee, il ritrovamento di una ragazza nuda legata al piede con un catena, e comincia un inarrestabile viaggio nel seme della follia...

    Cinema carnale, misto olezzoso tra Cronenberg, Parkinson, Henenlotter, Polanski e Zulawski, fatto di sangue trangugiato famelicamente da un biberon, dai tagli procurati per dissetare la "ragazza selvaggia" che assumono sempre più i tratti di un osceno rapporto sessuale orale

    Shimizu non dà tregua, immerge questo suo oscuro racconto di "leggende metropolitane" e pazzia in un atmosfera claustrofobica ristagnante, che sà di sangue rappreso e solitudine, fame femminea e terrificante disfunzionamento familiare

    Parecchio distante dal solito J-HORROR (e non e poco, visto che ha realizzarlo e uno dei suoi nomi più rappresentativi), mette a disagio e non pochi brividi lungo la schiena. Shimizu, inoltre, regala pezzi di regia non banali e visivamente bizzarri (il colloquio dell'assunzione, l'acquisto del telefonino, le riprese per strada con i volti delle persone "schermati")


    Jenifer (più il fumetto che l'episodio di Argento per i MASTERS) e pericolosamente dietro l'angolo, dai video snuff alla Videodrome, ai crudeli omicidi (della presunta ex-moglie e della studentessa)che vengono dritti dritti dall'Occhio che uccide (soprattutto il secondo e di notevole crudeltà, con Tsukamoto che osserva la sua vittima agonizzante e bonfonchia di aver ucciso una nullità), i salassi agghiaccianti, F (così Tsukamoto chiama la ragazza selvaggia e assetata di sangue che manco Belial di The Basket case) che trangugia e succhia avidamente sangue a litri, Tsukamoto che porta F a spasso per negozi, la terrificante dentatura di F in primo piano, il monitoraggio dell'appartamento per controllare cosa combina F, gli strani individui che pedinano Tsukamoto (un ipotetica ex-moglie, un oscuro figuro dalla voce metallica), l'agghiacciante bacio al sangue finale.

    Impreziosiscono questo allucinante e alienante racconto di morte e follia metropolitana gli omaggi a Lo stato delle cose e Cannibal Holocaust (la telecamera che cade e continua a riprendere) e ai due mostricciattoli (nonchè con reminiscenze alle ferine creature di The Descent) che appaiono nel finale di Catastrofe (i due inquietanti DERO avvistati, per un attimo, da Tsukamoto in un angolo della città)

    Plauso per l'algida e animalesca Tomomi Miyashita nel ruolo della ferina F e delizia Tsukamoto nei panni d'attore, in un ruolo sofferto e malato (non dissimile dall'Harvey Keitel fotografo di agonie nel Gatto Nero argentiano)

    Forse un tantino prevedibile (avviene esattamente ciò che si sospetta durante la narrazione, mozzando un pò l'effetto sorpresa), ma e peccato veniale, perchè Marebito è puro cinema del terrore, diretto, senza fronzoli, necroforo, allucinato, folle, che sembra uscito dai gloriosi anni 80 quando l'horror metropolitano era denso di solitudine, sangue, menti deviate e puzzo di morte, e la nerissima chiusa finale e lì a confermarlo.

    Piccola curiosità cinefila: nel film Tsukamoto cita il Kaspar Hauser di Herzog.
    Ultima modifica: 7/03/15 11:36 da Buiomega71