Nevermind - Film (2018)

Nevermind
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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Quattro episodi labilmente intrecciati e uniti da un paio di personaggi che tornando fungono da collante quasi invisibile, fragile, appena accennato all'interno di una conduzione registica che mira a lambire il surreale fin dalle prime scene: a tratti sembra riprendere l’approccio della commedia tradizionale per poi risganciarsene e riabbracciare toni grotteschi e sospesi, senza mai indulgere nella risata facile ma non riuscendo sempre a dare una direzione precisa alle buone idee contenute. Prendiamo come esempio il primo episodio, IL RAVANATORE. Racconta di un avvocato (Molinari) che non appena si trova in studio da solo prova l'irrefrenabile desiderio di infilarsi le mani o oggetti di...Leggi tutto ogni natura nelle mutande per toccare poi qualunque cosa o offrire ai clienti gli oggetti stessi, schifando i collaboratori che spiando dalla porta hanno scoperto la sua disgustosa usanza. L'avvocato parla il minimo indispensabile e in generale l'episodio vive dell'esecrabile gesto ripetuto senza sosta. Per quanto intimamente volgare, l'episodio è invece condotto con eleganza e il contrasto mostra una bella originalità che rinveniamo anche in molti altri punti del film. E’ anche forse l’unico episodio a dare una vera chiusura che dia un senso e porti a compimento l'ottimo spunto, cosa che manca a tutti gli altri segmenti. Il secondo, BABY SITTER, è forse il meno insolito, con Giulia Michelini chiamata a sorvegliare in casa un bambino che... non trova! I genitori, coppia a dir poco sui generis, le lasciano un biglietto con le indicazioni per il pranzo, ma non parlano mai del piccolo Mattia Toscani, il loro figlio di fatto invisibile. Ancora una trovata azzeccata che però lascia per la prima volta capire quanto il film avrebbe necessitato di una maggiore sintesi, difetto che si avvertirà ancora spesso e che porta a pensare come le quasi due ore siano una durata eccessiva, per quello che si vuole comunicare. Ad ogni modo di nuovo si sorride per la situazione in cui la protagonista si trova e la sceneggiatura qualche buon momento lo azzecca. Il terzo episodio, ZIOPADRE, porta in scena il marito (Poggio) della babysitter vista nel precedente, un uomo che vede progressivamente sgretolarsi le proprie certezze sul lavoro e, con la ditta sull'orlo del fallimento, parte verso il paese natìo per incontrare Gualtiero (Burzi), strambo amico d'infanzia che ha fatto i soldi e al quale vorrebbe chiedere un prestito. Bell'esempio di parole in libertà, con Gualtiero che perlopiù parla senza dire nulla, inseguendo pensieri che hanno senso solo nella sua testa. Daniele lo osserva regolarmente stralunato un po' come noi facciamo col film, ma le frasi di Gualtiero sono un ottimo esempio di come poter trovare un bello spirito nel nonsense, e l'episodio (che conta anche una rediviva Dagmar Lassander nel ruolo dell'anziana madre) è forse il più genuinamente divertente. La chiusura con NON LO POSSO VEDERE (il titolo contiene un gioco di parole relativo a quanto accadrà) ci fa invece conoscere meglio Valerio (Sartoretti), che già avevamo incontrato brevemente dallo psicologo (Sassanelli) protagonista del prologo; continuerà la terapia con un collega (Scarpa) quando il primo finirà in coma. A un corso di cucina ha fatto la conoscenza di Giuseppe (Gobbi), già noto per aver partecipato al reality culinario "Il trono di spiedi" (!), e non lo sopporta. Grazie all’aiuto di una tecnica speciale consigliatagli dallo psicologo lo farà scomparire dalla sua immaginazione (l'effetto, per lo spettatore, è quello di osservare una sorta di uomo invisibile)... L'idea meno singolare e lo svolgimento più ripetitivo portano a chiudere non nel migliore dei modi, così come poco interessanti sono le vicissitudini dei due psicologi che fanno da intervallo tra gli episodi aprendo e chiudendo il film. Sulla carta un'operazione interessante, nella sua realizzazione uno svolgimento deficitario e zoppicante, ambizioso ma che non riesce a cavalcare fino in fondo lo spirito anarchico e surreale che è l'elemento chiave attraverso il quale leggere il tutto. Eppure qualcosa di buono indubbiamente resta, a partire dagli incastri della particolare struttura narrativa (che un po' come il resto segue l'esempio del più riuscito STORIE PAZZESCHE). Magari sfoltendo un po' e con la dovuta cura se ne sarebbe potuto trarre un ottimo film... Comunque, pur con tutti i suoi evidenti difetti, un film particolare e a tratti gustoso.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 6/01/20 DAL BENEMERITO KINODROP POI DAVINOTTATO IL GIORNO 28/08/21
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Kinodrop 6/01/20 00:19 - 2950 commenti

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Uno psicologo che viene investito continuamente da un carro attrezzi, un avvocato che di nascosto si infila oggetti nelle mutande, una babysitter per un bimbo inesistente... Vari personaggi e le loro inconsuete vite si intrecciano in questa commedia episodica di Puglielli votata al "famolo strano"; hanno un retrogusto di fiacca barzelletta, raccontata male e tirata per le lunghe, con un senso del paradosso a livello infimo. Peccato per la vasta gamma di interpreti più o meno validi e per il loro "sacrificio" (in nome di cosa?).

Pinhead80 26/02/20 21:02 - 4760 commenti

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Bizzarro film di Puglielli che incastra tra loro tante storie di personaggi sui generis alle prese con un mondo folle e schizofrenico che gli farà tirare fuori il peggio di sé. Come commedia grottesca funziona benissimo perché fa divertire e allo stesso tempo storcere il naso presentando situazioni assurde e raccapriccianti (l'episodio del ravanatore è geniale). Il film ci regala una carrellata di nuovi mostri in salsa contemporanea che poco ha da invidiare ai suoi predecessori. Strano ma vero, tutte le storie funzionano bene.

Pigro 19/07/20 10:02 - 9666 commenti

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Quattro storie pazzesche raccontano in modo grottesco le alienazioni moderne di fronte all’insormontabilità dei problemi. L’episodio migliore è l’ultimo, vertiginosa favola morale sull’avversione a un antagonista che sfocia in una misantropia che annulla letteralmente ogni essere umano. Più vicini alla barzelletta il “ravanatore”, la baby sitter del bambino invisibile e la strana rete familiar-incestuosa, e tutto sommato debole il filo rosso dello psicologo che lega le vicende. Ritmo poco calzante, invenzioni poco divertenti, occasione persa.

Markus 15/08/21 10:40 - 3687 commenti

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Quattro episodi grotteschi con il grave deficit della mezz'ora di troppo. “Il ravanatore” (**!): l'idea dell'avvocato con un particolare vizio è indubbiamente geniale e scaturisce un'innocente ilarità; “Baby sitter” (**!): tra commedia e dramma, il tocco in più lo dà l'espressività della graziosa Michelini; “Zio padre” (**): forse il più grottesco degli episodi. Lo spunto e qualche dialogo funzionano, ma alla lunga è un po' stancante; “Non posso vederlo” (**!): ambientato tra i fornelli, è una simpatica parodia - tirata per le lunghe - di certi format televisivi con logorroici chef.

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