Il convento - Heretiks - Film (2018)

Un mezzo pasticcio mal riuscito e poco interessante, incapace di lasciare un segno tangibile e raggiungere un’onesta sufficienza. Non riesce a essere molto credibile a causa di una confusione generalizzata nello scritto che per una buona parte del tempo non permette di capire quale sia il problema. Nella seconda parte quasi diventa uno zombie movie; ma non ha i numeri per farlo, apparendo risibile per colpa di effetti non clamorosi e di cliché che puzzano di stantio lontano un miglio. Ironside fa poco più di una comparsata.

Indubbiamente non aggiunge nulla di nuovo al panorama horror (l'argomento avrebbe potuto essere approfondito anzichè cullarsi nello splatter gratuito)  e la parte finale sembra un film sui morti viventi con effetti digitali innaturali sulla scia del remake di Zombi. Eppure ben racconta le vessazioni delle "anime perdute", il cast è buono, l'atmosfera pestilenziale, montaggio e inquadrature sono accattivanti e parecchie scene rimangono scolpite nella memoria per originalità e/o crudezza. Il tipico caso in cui la cornice vale più del quadro, in sostanza.

Ambientato nel '600 con l'inquisizione ancora attiva: in un convento le suore hanno un concetto particolare del rapporto tra bene e male. Passo falso per Hyett che aveva dato prova di discreta regia con prodotti interessanti. Confezione molto digitale, ottime atmosfera e ambientazioni ma manca la sostanza; il concetto di eresia e la metafora del limite tra bene e male sono lasciati totalmente in mano a effetti speciali tra horror, fantasy e gore (The nun) e dialoghi altisonanti, rimanendo troppo in superficie qyuando sarebbe stato interessante approfondirli in maniera più sobria.

Chi è che bussa al mio convento? Pochi entusiasmi, nessuna sorpresa: la storia è troppo convenzionale, sfrutta i cliché delle suore vecchie e cattive e di quelle giovani e b(u)one, di fronte alle canoniche apparizioni spettrali provoca immedesimazione in quelle novizie con gli occhi cavati. Quando Hyett però finalmente mette via tinelli e rosari e inizia a sporcarsi le mani, l’ultima mezz’ora diventa un party splatter a colpi di teste segate e fiotti di sangue che ottiene l’assoluzione per quanto visto prima. Claire Higgins graditissima. Prende i voti, ma non sono così alti.

Didascalico e noioso, non sa sfruttare nemmeno la buona ricostruzione scenografica, che risulta essere giusto un complemento d’arredo fine a se stesso. Paul Hyett non mostra qui di conoscere l’abc dell’orrore e dirige i suoi attori come fossero le comparse di una soap opera, montando scene opulente, oscure ma senza un minimo di pathos. La storia scricchiola e si fatica ad arrivare alla fine con gli occhi aperti. Bocciatissimo.

Passo falso nella carriera registica di Hyett, che torna sul tema delle ragazze segregate già affrontato in The seasoning house, ma sposta l'azione in un convento inglese del '600, richiamando (almeno inizialmente) il clima sospettoso e repressivo de Gli orrori del liceo femminile o di Suspiria (citato apertamente nel finale). La seconda tranche, fra splatter e possessioni, fa scadere il tutto in una sorta di remake del The convent di Mike Mendez, meno smaccatamente fracassone e pertanto più ridicolo. A questo si aggiungano effetti visivi degni di una web-serie e pochissimi spaventi.

Al di là degli effetti dozzinali e di tutti gli altri difetti che si porta dietro, quello che infastidisce maggiormente è la calibratura narrativa, uno sbilanciamento che, a dispetto degli 80 minuti di pellicola, fa apparire il film più lungo e stiracchiato nelle parti importanti. Curato nella preparazione e nelle atmosfere, ma poi Hyett fa sempre un passo di troppo che sciupa quel climax che si stava raggiungendo con troppe sequenze-doppione. Sprecatissimo Ironside.