Facile accostarlo al
Salò pasoliniano (che Serra omaggia nella momento in cui il libertino che assomiglia a Victor Buono, armato di canocchiale, tra i cespugli, si mette a rimirare le azioni scellerate e parafiliache dei suoi simili), che nelle mani greenawayane di Serra diventa una sadiana messa nera girata tutta di notte, in un bosco dimenticato da Dio, con il solo canto dei grilli sullo sfondo (alternato a fruscii di fogliame, di mugolii lussuriosi e di grida di dolore), con inquadrature fisse, campi lunghi estenuanti e i libertini che si muovono tra gli arbusti, sempre infoiati, in un continuo e ininterrotto ravanar di pacco (con masturbazioni maschili non simulate).
Affascinate nel suo incedere decadente verso i meandri oscuri della libido e della perversione, dove il voyeurismo domina incontrastato, tra sgradevolissime attenzioni omosessuali (sopratutto), vergate e frustate a sangue, ragazze legate ad una pianta e irrorate dal latte, tronchi usati come godemiche, pissing (anche questa pratica non simulata), omicidi, bianchi sederi femminili ispezionati con certosina cura e lo spuntar del giorno che tutto cancella, dirada i notturni spettri dell'oscenità, come se fosse stata una notte fiabesca di scelleratezze ectoplasmatiche, in una potente e vibrante immagine quasi vontreieriana.
Se la spocchia autoriale di Serra diventa, a volte, fastidiosa, e la noia fa spesso capolino (per ben 132 minuti si assiste alla monotonia di una foresta nera foriera di pansessualità), al regista spagnolo il plauso di aver mostrato i libertini come dei veri e propri freak, esseri spregevoli dalle fattezze mostruose, che fan sembrare il Valletti un damerino.
Quello gigantesco e baffuto che pare il sosia di Victor Buono, Helmut Berger vecchio decrepito che non si regge in piedi, un gemello di Stefano Dionisi tanto perverso quanto viscido, un'orrendo ceffo da galera che gira per tutto il film con un emblematico e gigantesco pene di pezza legato alla vita e ne prova godimento a farselo maneggiare o a usarlo come spugna per spalmare di latte la vittima femminile, ma sopratutto il libertino più raccapricciante (senza uso di make-up, un attore non professionista che fa parte dell'entourage di Serra) con il volto che sembra devastato dall'acido, gli occhi fuori dalla testa, senza un braccio, che si bea nell'onanismo (nella scena cult/extreme del film) di copiose "pioggie d'orate" sia femminili (gran momento) che maschili, mentre si tormenta a sangue (con un forchettone) il moncherino, che assume i raccapriccianti tratti di una pseudo/creatura cronenberghiana dotata di vita propria.
Poi è tutta un'infernale sequela di peni mosci e carne olezzosa e flaccida, dove si passa da un'albero all'altro, di una portantina all'altra, disquisendo di libertinaggio (in tedesco, in francese e anche in italiano), senza soluzione di continuità, in un miscuglio allucinato che sta tra la veglia, il sonno, l'incubo, l'irritazione, l'apatia e l'ipnotismo (potrebbe anche essere l'ultimo, estremo, atto finale prima della fine dell'umanità. dove l'uomo, una volta perso tutto, si getta negli istinti più bassi).
Esteticamente ammaliante (costumi, trucco e parrucco e la fotografia in notturna di Artur Tort), disgustoso per quanto riguarda i suoi scellerati protagonisti (al contrario divine le donne, anche loro possedute dal demone sadiano del libertinaggio, valga per tutte la Madame che si fa vergare con violenza le candide natiche), che mette a dura prova lo spettatore (e non solo per le parafilie, perchè il sesso, o l'erotismo,, così come inteso ai più, non è contemplato, e quì Serra tratteggia perfettamente le coordinate del divin Marchese), in un equilibrio che sta tra la fascinazione del male e la mattonata d'autore.
Resta comunque un senso di laidezza e di decadente marciume e , senza tanti orpelli o stucchevolezze, Serra, tutto in una notte e nel bosco oscuro, è riuscito a fermare il tempo, trasportando l'incauto spettatore negli umori rancidi e nelle selve cupe del XVIII secolo.
Senza mezze misure, prendere o lasciare (sia per contenuti-fondamentale amare gli scritti di De Sade-e narrazione sospesa, fuori dal tempo e dallo spazio, che scavalca le regole della convezionalità).
Ottimo il dvd francese della
Blaq Out (purtroppo senza sub di sorta, ma solo con la lingua d'oltralpe, a parte il dialogo tra un libertino e Helmut Beger in un impacciato italiano , dove entrano a forza i sub francesi), rigorosamente uncut, della durata effettiva di
2h, 12m e 05s