Basato sul rapporto tra rapinatori e ostaggi che diede vita alla cosiddetta "sindrome di Stoccolma", è una ricostruzione abbastanza fedele della rapina; grazie a un cast di attori in parte, anche abbastanza somiglianti ai veri protagonisti del fatto, nonché all'utilizzo di toni vicini alla commedia, il film risulta un lavoro godibile che riesce a non annoiare nonostante la monolocation e che finisce inevitabilmente per rendere simpatico il maldestro rapinatore. Da vedere idealmente in double-bill con Finding Steve McQueen per lo stile similare.
La sindrome di Stoccolma ebbe origine proprio dalla rocambolesca rapina occorsa alla Sveriges Kredit Bank nel 1973. Ed è proprio il rapporto che si viene a creare tra gli ostaggi e i rapinatori il sale di questo piacevole film. Dai toni velatamente ironici, riesce tuttavia a innescare una certa tensione, soprattutto nei concitati momenti finali. Hawke fa il bello e cattivo tempo, dominando letteralmente la scena; la Rapace si conferma attrice di livello sopraffino al pari di un coriaceo Heyerdahl. Buona la ricostruzione ambientale. Pollice su.
L'uso del termine "sindrome di Stoccolma" per indicare una complicità che si instaura fra criminali e loro vittime deriva dal fatto di cronaca a cui il film si ispira, dandone una versione americanizzante che lo priva di ogni connotazione ambientale, né serve in tal senso l'inserimento nel cast della nordica Rapace, espressiva quanto un ciocco. Il Capitan America di Hawke, rapinatore improvvisato e pasticcione, può anche suscitare simpatia ma, per soggetto e toni adottati, risulta inevitabile il confronto con il bel film di Lumet, che fa apparire questo scolorito e poco interessante.
MEMORABILE: L'impiegata ostaggio spiega al marito come cucinare il pranzo.
Una riuscita ricostruzione della famosa rapina per la quale si è coniato il termine di sindrome di Stoccolma. Il taglio ironico dato alla sceneggiatura è la carta vincente, che permette subito di empatizzare con i rapinatori, mentre la polizia è tratteggiata in modo antipatico e urticante. Molto bravo Hawke, vero mattatore, ben sospeso tra ingenuità e cialtroneria. Brava anche la Rapace, più in ombra Strong. Ultima mezz'ora abbastanza tesa.
Resoconto di un fatto di cronaca passato alla storia per avere dato il nome alla sindrome di Stoccolma. Benché l’impostazione sia quella di un film drammatico è presente un sottotesto ironico legato sopratutto all’interpretazione al di sopra delle righe di Ethan Hawke e in misura minore di Mark Strong. Capace di suscitare interesse nella prima parte, la pellicola perde quota nella seconda maggiormente convenzionale, in cui il rapporto tra i personaggi viene banalizzato e non approfondito come avrebbe meritato.
Deludentissima opera firmata da Budreau: non affronta con il dovuto mestiere la famosa rapina del 1973 che ha dato il nome all'arcinota sindrome di Stoccolma. La piattezza della fotografia "trasforma" la pellicola nel più becero dei film Tv e la regia è poco abile nel creare il giusto pathos nei momenti più topici. La scarsa brillantezza nello script certamente non aiuta. Fortunatamente il mestiere di Hawke, Strong e Rapace salvano la pellicola dal fallimento. Considerata la forza del soggetto, era lecito chiedere di più...
MEMORABILE: Il rapporto fra Hawke e Rapace; La ricostruzione degli ambienti; Mark Strong.
Pellicola che rievoca una rapina avvenuta nel 1973 in una banca svedese; da questo avvenimento deriverà la cosiddetta "sindrome di Stoccolma". Nonostante lo scarso coinvolgimento della storia in sé e il finale alquanto scontato, non ci si annoia e si apprezzano la regia di Robert Budreau e la fotografia. Ethan Hawke si apprezza di più in versione originale, Noomi Rapace è invece fuori ruolo.
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