Cinema da "strada" quello di Giovinazzo, crudo, intinto in un iperrealismo quasi esasperante e documentaristico, ambientanto in una State Island degradata e degradante, dramma urbano familiare di grande presa emotiva.
Squallidi locali notturni (dove si consumano fugagi rapporti sessuali e pestaggi in abili montaggi alternati), sfasciacarrozze, barboni che dormono per strada, appartamenti disadorni e proletari di indigente quotidianità.
Come in
Combat Shock , Giovinazzo, ritrare il "male di vivere", tra colpa, emarginazione , redenzione e rivalsa (nella sua pellicola d'esordio, però, negata), che sembra di vedere le prime opere scorsesiane.
Tim Roth (forse in uno dei suoi ruoli migliori) una specie di
Rain Man tanto sensibilie quanto emarginato (un gruppo di ragazzini lo soprannomina Freddy Krueger), James Russo impegolato in debiti e chiuso in un cul de sac senza via d' uscita e la Kara Unger, moglie rassegnata e disillusa, regala momenti di fiammante sensualità (i piedini laccati e il piatto rotto, il suo striptease al paralitico), dove il regista di origini calabresi sembra empatizzare e amare i suoi personaggi borderline, ritratti in modo sobrio e con gran rispetto.
Momenti straordinari e toccanti (l'incontro chiarificatore sui "fantasmi" del passato tra Joey e Denise in casa di lei, il dialogo in macchina tra Joey e Lorrain) si mischiano a giri di malaffare di Tommy e dei guai che non tarderanno ad arrivare, sino al gran prefinale "casalingo" violento, dove il massacro alla
Taxi Driver (poi curiosamente ripreso , quasi allo stesso modo, da Ami Canaan Mann in
Texas Killing Fields) con spargimenti di sangue e sanguinosi colpi in arrivo, fa saltare fuori il lato sanguigno dell'autore di
Combat Shock e la Kara Unger , dietro al frigo, che spara in autoreggenti è un pezzo notevole che non si scorda. Una chiusa speranzosa, che mi ha fatto tornare alla mente quella di
Un uomo da marciapiede
Dialoghi ficcanti, sceneggiatura senza sbavature, regia appassionata e appassionante, momenti parolacciai da trascrivere sul taccuino, attimi di commovente umanità e scoppi di grande violenza.
Passato praticamente (e colpevolmente) inosservato all'epoca (non fu di sicuro un successo commerciale), merita una riscoperta che (ri)conferma il talento di un autore poco accomodante, intenso, ruvido e maledettamente sincero, che in un'annata (soprattutto quella che andava dal 1996/1998) dove proliferavano i noir gangsteristici/grotteschi che scimiottavano il fenomeno Tarantino, Giovinazzo se ne và per la sua strada non concedendo nulla al facile pulp derivativo tarantiniano, ma seguendo il suo personale istinto e la sua poetica autoriale.
Non poi dissimile da
Fratelli di Abel Ferrara, e qualcosa del
Tetro di Coppola viene un pò anche da quì.
Da segnalare il sopraffino tocco di regia del montaggio alternato dello spoglierello della Kara Unger con Russo che carica la pistola in camera da letto aspettando l'invasione dei debitori
Come si dice in questi casi un pregevole "culto non colto", un piccolo film d'autore (nel vero senso del termine) da ripescare dall'ingiusto oblio.