Inferno nel penitenziario - Film (1958)

Inferno nel penitenziario

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il prison-movie di R.G. Springsteen si apre con una scena di veloce passaggio assai significativa che è corretto e utile non comprendere appieno: un omicidio inatteso (vi compare l'unica donna del film, inquadrata in primo piano, non parla ma strilla) al quale segue la presentazione del protagonista, il gangster Lou Gannon (Evans); il suo avvocato lo avvisa di non poterlo salvare come già fatto in altre occasioni e questa volta tocca il carcere, dove il film si ambienterà per intero. Lou arriva nel luogo da "star" e di fronte a lui china la testa pure il più rispettato del penitenziario (Carey), con cui subito il protagonista stringe un'alleanza in vista dell'ovvio tentativo di evasione. Il compagno...Leggi tutto di cella è invece un bravo ragazzo (Blake), lì per aver incidentalmente partecipato a una rapina: cinque anni, da commutare forse in tre con la buona condotta. Suscita la simpatia di Gannon, ma con un figuro simile c'è sempre da capire dove la vicinanza sconfini con la convenienza. Anzi, si può dire che la base psicologica del film risieda in quest'ambiguità, alla quale è affidata parte dell'efficacia del risultato finale: Gene Evans presta bene le fattezze al volto imperscrutabile del gangster mentre la storia si sviluppa seguendo scrupolosamente le regole di un genere che difficilmente riserva troppe sorprese. Si segnala qualche fase non troppo chiara (in special modo quelle riguardanti le armi consegnate segretamente all'interno del carcere) e colpisce la scelta di non spiegare fin da subito il piano per lasciarlo prima intuire e poi, col passare del tempo, esplicitarlo passo dopo passo fino alla sua attuazione. REVOLT IN THE BIG HOUSE funziona nella resa dei suoi personaggi principali (anche se il Rudy di Robert Blake è fin troppo lagnoso nella sua costante contrizione, nel pentimento per un crimine al quale ha preso stupidamente parte), meno in quelli secondari, nell'azione e in una regia convenzionale che non trova mai un guizzo in grado di dare vera personalità al tutto. Il film scorre così via palesando una certa dignità ma anche portando senza gran grinta avanti una storia il cui anonimato è riscattato - a ben vedere - soprattutto dai colpi di scena dell'ultima parte (ottimamente strutturata) prima dello sbrigativo epilogo, che al contrario lascia un po' con l'amaro in bocca. Bianco e nero nella norma di William Margulies.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/01/19 DAL DAVINOTTI
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Digital 9/01/19 10:19 - 1257 commenti

I gusti di Digital

Lou, subito dopo essere stato recluso in un carcere, medita di evadere. Per fare ciò, elabora un piano, facendosi aiutare da altri detenuti. Il tema è dei più classici, per cui non c’è nulla di originale nella pellicola di R. G. Springsteen. Niente di trascendentale, eppure nella sua schematicità riesce a destare interesse, anche grazie a un buon ritmo e alla concisa regia, che evita tempi morti e arriva dritta al punto senza perdersi dietro inutili rivoli. Piuttosto originale la scelta di riallacciarsi alla scena iniziale per chiudere il film.

Fauno 25/01/19 00:51 - 2212 commenti

I gusti di Fauno

Il senso estetico del regista per i suoi personaggi non si discute, in quanto Evans, Carey e Barnes hanno sagome e lineamenti che si incastrano alla perfezione coi loro ruoli (specie il terzo come capo delle guardie carcerarie). Con questa buona partenza si seguono bene la vita del carcere e i progetti di evasione, ma si arguisce presto che c'è sotto qualcosa di poco chiaro, e il finale, pur creando un eroe, depotenzia assai ciò che di buono era stato fatto; il voler cercare di correggere il tiro ripetendo una scena va poi a confondere perfino le idee.
MEMORABILE: La presentazione fra i due malviventi.

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