Tramwaj - Corto (1966)

Storia di ordinaria infatuazione boicottata da ordinaria timidezza che si rovescia a scoppio ormai ritardato, quando non resta più niente da fare ma occorre farlo lo stesso. Sinossi semplice ma compressa in 6 minuti scarsi e silenti in un bianco e nero da brutto sogno andato di male in peggio, che dissotterra e rilancia gli albori del cinema russo, e che nella sua esilità e linearità narrativa riesce ad angosciare come un il più kafkiano dei dormiveglia. Fosse stato sempre così, Kieslowski sarebbe stato la tesoreria cinematografica del ventesimo secolo.

Un tram notturno, un ragazzo e una ragazza. Pochi elementi minimali per raccontare un colpo di fulmine, lo sguardo di lui, calamitato, imbarazzato, timido e desideroso, e l’atteggiamento di lei, prima timoroso poi divertito. Con pochissimi tratti e in pochi minuti Kieslowski ci mostra la vertigine dell’innamoramento e il timore delicato dell’adolescenza, affondando primissimi piani e dettagli nel nero profondo della notte. Un cortometraggio d’esordio emozionante e trepidante, una piccola grande cosa che ci tocca.