Saigon, aprile 1899: il cinema filma sé stesso. La cosa più rilevante del filmato, difatti, è che Veyre inquadra anche un operatore che a sua volta filma (o finge di filmare) un nutrito gruppo di persone che esce dal posto di lavoro: uomini, donne e bambini. Ma, come si può immaginare, si rimane lì, a guardare l'operatore, sulla sinistra. Davvero molto curioso, quasi affascinante.
Curioso davvero questo brevissimo corto (siamo sotto al minuto) in quanto viene scelto un approccio non banale: non filmare semplicemente l'avvenimento in sé (l'uscita del personale da un arsenale), bensì riprendere anche l'operatore che filma il fatto. Bisogna dare atto che l'idea era al tempo innovativa e questo è sicuramente l'aspetto di maggior rilievo, in questo reperto.
L’operatore riprende un operatore che riprende l’uscita di operai dall’arsenale dove lavorano. Siamo al metacinema, con compiaciuto orgoglio, evidente in Veyre che realizza un’inquadratura perfetta da questo punto di vista, ed evidente anche nel personaggio ripreso, che continuando a filmare con la sua cinepresa si volta spesso verso di noi. Insomma, più dell’esotismo poté il narcisismo del cinema, ma anche la curiosità degli spettatori che forse gradivano conoscere “come funziona”. Gradevole e stuzzicante anche per noi oggi.
Gabriel Veyre HA DIRETTO ANCHE...
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