Sadisterotica-L'estate torbida dello tio Jess
Uno dei punti più bassi mai raggiunti dallo tio, uno squallido filmettino dalla consistenza di un pornazzo, zeppo di interminabili spogliarelli che manco Stryx, una sottotrama spionaggistica a dir poco tremenda, patetiche scene action (c'è pure un terribile scontro di karatè in un vicolo) e finale poliziesco (sventagliate di mitra , Interpool e doppi giochi) talmente brutto che nemmeno in un poliziottesco turco
Lo tio al suo peggio, con attrici che non fanno parte del suo abituè (c'è solo la Stanford in un piccolo ruolo) che girano sempre ignude , indossando stivaloni che manco Renato Zero (addio alle soavi zeppe), variopinte parrucche e timide effusioni lesbo dove paiono uscite da qualche improponibile, schiocchino e delirante fantaeroticopsicotronico dei primi anni 70 prodotto da Harry Novak
Risibili e poveristici escamotage degni del più poveristico 007 (macchine di tortura che paiono uscite dai fantatrash italici, porte automatiche che danno a stanze segrete) con le ragazze di Blue Rita (una sciapa Martine Flety, che ride come una cretinetta mostrandosi senza veli, pastrugnandosi la passerotta) che "torturano" le vittime maschili, chiudendole, incatenate, in una botola con griglia (versione miserella e da pornacchio delle prigioni liberty/arty delle amazzoni di GWENDOLINE) , cospargendoli di un liquame verdastro (una specie di sostanza erotizzante che ne aumenta la libido) e provocandoli sessualmente per farsi estorcere informazioni e denaro
Alcune zampate dello tio quà e là (le stanze dell'amore oniricheggianti con manichini e arredamenti gonfiabili, Blue Rita e le sue ragazze con maschere antigas avvolte dai fumi di sostanze narcotiche, lingerie e stivaloni, la scena d'amore tra Falk e la Burger con quest'ultima che indossa la maschera antigas, anticipando Luigi Atomico, la ragazza di colore che corre per le strade di Parigi vestita come l'Irina di UN CALDO CORPO DI FEMMINA-ma sembra più Rollin che Franco-, la scena lesbo vista attraverso l'acquario, la Stanford semi strangolata eppoi "torturata" su una sedia metallica dalle aguzzine di Blue Rita, per poi essere data in "pasto" all'infoiato prigioniero di turno), ma sono orpelli, momenti franchiani che non risollevano il filmaccio dalla noia e dalla pochezza dell'insieme. Immagini che, slegate al contesto, sono anche suggestive e tipicamente franchiane, ma vanificate da una narrazione catatonica e miserissima (per stendere un velo pietoso sulla piega spy che poi prende il film)
Patti di sangue tra "consorelle", visite "ginecologiche protolesbo, una setta criminosa tutta al femminile (sempre nudissime, con sadismo uterino all'acqua di rose) e Franco che quando gira le scene (tremende) d'"azione" tocca il fondo del suo nadir.
La Burger in un numero da night club che sfiora la pedofilia (vestita da scolaretta simil Pippi Calzelunghe, che fa le faccette buffe, alla prese "sessuali" con una statua), qualche surreale squarcio spogliarellistico (la donna orientaleggiante e quella calva che fa il manichino di carne) e uomini nudi incatenati in preda alla libido per una delle opere dello tio più trascurabili e tediose, al di là del delirium tremens della trama (che sarebbe il meno) che sembra girato in fretta e furia, solo per "arrichire" le tasche del produttore svizzero.
Anche se la parvenza induce a copule ininterrote (gran parterre di gnocca comunque, come sempre nei lavori franchiani), in realtà di sesso c'è ne pochetto, o almeno, sotto la media franchiana patrocinata da Dietrich (più dalle parti di SEXY SISTER, più Dietrich che nemmeno Franco, ma senza l'andar di accoppiamenti continui)
Non male le musiche di Walter Baumgartner e qualche raffinatezza visiva nella fotografia cromatico/"suspiriana" di Rudolf Kuttel, ma il vero cinema dello tio abita altrove.