Cristopharo omaggia il thriller italico degli anni '70 (a cominciare dalle sonorità alla Nora Orlandi nell'insistita colonna sonora, dai titoli di testa inventivi e settantiani, ai cromatismi della fotografia-dello stesso Cristopharo-che virano in blu accesi argentiano/baviani, alla figura della Gemma che richiama non solo le varie Fenech e Bouchet, ma anche la Farrow di
Terrore cieco o la Hepburn di
Gli occhi della notte, così come la fascia di luce che si staglia sullo sguardo della Gemma appena mette piede nella villa di campagna)
Dopo un sensuale intro in doccia che cita l'incipit di
Vestito per uccidere, Cristopharo si prende i suoi tempi, tra maniacali ossessioni per i particolari (le mosche, la larva,i libri,il giradischi, la collana di perle,le lampade,i balsami,i cieli stellati,le fotografie, i telefoni), melomania compulsiva (le canzoni con echi anni 60-tra l'altro bellissime, tra cui
Marie Marie cantata in francese e
Dietro un grande amore che danno al film un'aurea ancor più allucinata-in 33 giri dove balla la Gemma trasportata dalle note musicali come in stato di trance), tocchi registici raffinati e quasi virtuosistici (carrellate all'indietro, piani sequenza, soggettive), in un atmosfera straniante, angosciosa, quasi surreale, dove pare che il tempo si sia fermato, in un limbo lentissimo e trasognato, che prende via via la dimensione di un incubo.
Quasi tutto girato nella villa di campagna, tra telefonate mute con il gracchiare di linee disturbate, sospiri, rumori, nenie, inquietudini, le perlustrazioni alla cieca della Gemma (che nonostante non sia adattissima per il ruolo, riesce a reggere discretamente l'incubo in cui Cristopharo la proietta, indossando dei tacconi da paura), fino a stanze proibite alla
Barbablù che custodiscono terrificanti segreti come nel curtisiano
Ballata Macabra (o le camerette walkeriane dal puzzo mortifero di
Chi vive in quella casa?)
La Nocetti negli inquietanti panni di una donna prete (sottile omaggio avatiano), aumenta il disagio , fino a un prefinale fulciano tra occhi enucleati e coltellate (dove salta fuori la vena viscerale di Cristopharo, fin lì tenuta a freno preferendo la suspence e lo straniamento narrativo) e chiusa finale inaspettata, tanto terrifica quanto agghiacciante, pantomima necrofora che sposta il film nei territori dell'horror puro, una via di mezzo tra Mario Bava, il Lucio Fulci più necrofilo, lo zio Joe di
Buio Omega e il Raoul Ruiz della
Villa dei pirati
Geniale anche l'idea dello smartphone per non vedenti, che registra a voce quello che la Gemma fotografa (
Una donna davanti a te ti guarda e sorride, e si gela subito il sangue nelle vene), blackout narrativi disturbanti che spezzano la quiete della coppia (il marito che mentre suona la fisarmonica ha un transfert mentale a ritmo della luce intermittente) nonchè certe soluzioni visive che risaltano il gusto dadaista del regista.
Cristopharo si (ri)conferma uno dei nostri registi indipendenti di genere più dotati e inventivi, tecnicamente ineccepibile e molto personale, che quì lascia un pò da parte il suo gusto per l'estremo tenendo a freno i suoi deliri visivi, ma che entra sottopelle, scardinando le regole del genere, lasciando spazio alla sospensione e all'attesa (per buona parte del film la Gemma è l'unica protagonista in scena), per poi esplodere in dirittura d'arrivo in un incubo fatto di cadaveri mummificati, odori acri di decomposizione, occhi estirpati a mani nude, stanze che celano orrori, le perle della collana che scendono, rimbalzando, le scale come le sfere in
5 bambole per la luna d'agosto o quelle di
Suspiria e squarci "zombeschi" macabro/surreali.
Quasi un
Amer secondo il gusto personalissimo del regista de
La casa dei manichini di carne
L'attore protagonista (e maritino non troppo amorevole) Arian Levanael assomiglia , guarda caso, allo stesso Cristopharo (alter ego?)
Piccolo cameo "fotografico" del mitico Carlo De Mejo
Svegliati...svegliati...svegliati
Un grazie particolare allo stesso Cristopharo che mi ha suggerito i titoli delle due canzoni presenti nel film