Nel titolo è racchiusa con termine sintetico e significativo l'originale idea sulla quale è costruito il film: rimpatriamo gli immigrati! E' la conclusione a dir poco paradossale cui addiviene Mario (Albanese), merciaio milanese ossessionato dal senegalese Oba (Fondja), che vende calzini “brevi manu” proprio di fronte al suo negozio sottraendogli i già pochi clienti; e indispettito pure dall'egiziano che a sorpresa ha rilevato il bar dell'amico dove ogni mattina da trent'anni beveva il suo marocchino. Un'esistenza rovinata dall'immigrazione; o almeno questa è la convinzione del protagonista che un giorno, dopo aver invitato Oba in negozio...Leggi tutto offrendogli un tè, lo narcotizza con un medicinale prestatogli dalla vicina e lo carica sull'auto con l'intenzione di rimpatriarlo personalmente in Senegal. "Se tutti facessero così l'immigrazione non esisterebbe più": un'intuizione ovviamente semplicistica (e di base razzista), utile giustappunto per costruirci lo spunto per una commedia che, già lo sappiamo, non potrà che condurre a scontate riflessioni. Anche perché poi Oba, dopo aver capito che Mario col "ti riporto a casa" non intende a Lampugnano ma proprio in Africa, ne approfitta per chiedergli di passare a prendere quella che presenta come sua sorella, la splendida Dalida (Legastelois). Come non figurarsi a questo punto quali saranno i sentimenti provati da Mario nei confronti di una giovane tanto radiosa e attraente? Gli ingredienti per la tipica commedia italiana di buon cuore sono già pronti e la sceneggiatura non fa che mescolarli nel modo più banale possibile, dimenticando ahinoi di insaporirli con la giusta dose d'ironia, affidata quasi esclusivamente alla maschera dell'Albanese attore, ancora una volta straordinario per espressività e tempi comici. Purtroppo, in assenza di vere gag (anche se per esempio il botta e risposta tra Mario e l'immigrato che pretende di lavargli il parabrezza è notevole), quel che resta è il solito road movie che guarda alle bellezze d'Italia (ma nemmeno troppo) per trovare quel po' di poesia e folklore in grado di supplire alle carenze del copione. In questo modo tocca comunque rilevare le qualità di un film che evita le volgarità e mostra una certa maturità nell'affrontare un tema attuale quanto "difficile" infilando con coraggio pure un disabile per variare registro con qualche battuta politicamente scorretta in puro stile Farrelly. Manca però del tutto la vivacità, a un Albanese che torna alla regia ben sedici anni dopo la sua ultima prova dietro la macchina da presa. CONTROMANO non lascia il segno, si confonde nel mare di commedie che non sanno incidere né divertire quanto il suo protagonista potrebbe invece facilmente fare (e lo dimostra ancora in più occasioni). Ci sono garbo, misura, il solito tocco stralunato di un autore difficile da catalogare, ma anche una seconda parte che perde visibilmente colpi fino a scivolare nel finale in una melassa urticante.
Albanese affronta a modo suo una delle tematiche del momento (un momento piuttosto lungo, in realtà); sull'onda di un sotteso "aiutiamoli a casa loro" caldeggiato da una qual certa risma politica, il suo negoziante meneghino che vive in piazza Missori e prende il marocchino da anni nello stesso bar si trova quotidianamente a fare i conti con la questione immigrazione. E decide di risolverla in maniera pittoresca: perché non rapire un venditore abusivo e ricondurlo di forza direttamente al suo paese d'origine? Ne nasce un road movie non sorprendente né travolgente, semplicemente simpatico.
Una commedia agrodolce (in parte on the road) diretta e interpretata da Antonio Albanese che scivola via piuttosto bene tra qualche battuta e alcuni luoghi comuni sui migranti almeno fino a quando non avviene lo sbarco in Africa. Lì la pellicola tende ad affossarsi e a virare verso un finale scontato e buonista. L'Albanese attore se la cava decisamente bene e dimostra un ottimo mestiere, i suoi comprimari lo seguono bene.
Un film decisamente contromano, considerando il clima che si respira nel 2018. Purtroppo la sceneggiatura è avara di idee originali e abusa dei soliti cliché narrativi, con un finale che non convince. Però la regia è dinamica e cuce con accuratezza le varie fasi e la prova attoriale di Albanese è rimarchevole, con qualche momento di assoluto divertimento. Il resto del cast è mero contorno che non ravviva più di tanto la vicenda. Qualche bella location e musiche accettabili completano il tutto. Non male, ma era lecito chiedere di più.
MEMORABILE: La cura maniacale dell'orto; Il filo di Svezia; Albanese maestro di nuoto.
Film dalla tematica quanto mai attuale, che entra prepotentemente nel dibattito politico e sociale del nostro paese. Molto efficace nella prima parte che tratteggia i caratteri dei personaggi e il loro contesto relazionale, diventa più blando e convenzionale nella parte centrale dove prende l’aspetto del road movie. Pochissimo efficace il finale eccessivamente consolatorio e poco realistico. Molto buona la prova di Antonio Albanese, migliore come interprete che come regista e sceneggiatore di un film complessivamente mediocre.
Tanto buona la prima mezz'ora quanto declinante e banale quella finale. Albanese parte bene con immagini e suoni che richiamano la sua attitudine poetica e con un vivace e continuo confronto tra il proprietario del negozio e l'ambulante che gli frega i clienti. Con l'arrivo della (presunta) sorella si capisce che piega possano prendere gli avvenimenti e si prepara il terreno per un finale del tutto evitabile. Però fino a quel punto le cose che voleva dire le ha dette e in modo anche convincente.
Una commedia leggera, che tratta temi attuali con toni quasi favolistici e uno spirito che inizia cinico per farsi progressivamente più garbato ma senza perdere in verve. Certo la morale è all'acqua di rose, ma Albanese regista ci sa fare e come attore offre una grande performance, molto naturale e misurata. Bravi anche i suoi coprotagonisti. Si perde un po' con l'arrivo in Africa, ma è decisamente gradevole.
La prima parte funziona molto bene, il personaggio di Albanese è descritto in modo efficace nonché divertente e la Piperno è un'ottima comprimaria (gustosa la gag del principe Carlo gay). Dopo il rapimento, quando inizia la parte on the road, il film inizia a mostrare qualche crepa, soprattutto nel comportamento di Oba. Aude Legastelois ha un corpo perfetto, ipnotica la scena a mare. L'Albanese sceneggiatore non andrebbe oltre i due pallini, l'Albanese attore se ne meriterebbe almeno tre, l'Albanese regista due e mezzo. Come il film.
Albanese dirige una pellicola che parte col piglio giusto e ottime trovate, certo sorretta quasi unicamente sull bravura del comico, ma che trova il modo di smarcarsi leggermente dal panorama circostante. La seconda parte, a tutti gli effetti un raod movie, comincia quasi subito a scricchiolare, invece, per poi terminare in un finale fin troppo buonista. Molto delicati alcuni passaggi (la parte sulla spiaggia), un po' leggeri altri (la scena al commissariato).
Proprietario di una merceria, stanco di vedersi sottrarre la clientela da un venditore di calzini senegalese piazzato proprio di fronte al suo negozio, decide di passare al contrattacco... Albanese parte bene: il suo protagonista, metodico fino all'ossessione, è esasperato ma non può essere liquidato semplicemente come razzista. Purtroppo con l'entrata in scena della ragazza il racconto sbanda vistosamente, incanalandosi nei binari di una commedia prevedibile sfociante in un epilogo consolatorio. Messaggio encomiabile ma veicolato in modo superficiale, regista non all'altezza dell'interprete.
Venditore di calze riporta in Senegal un immigrato. Storia di sopportazione (poca) e di integrazione (con calma) verso chi non ha il permesso di soggiorno. Albanese all'inizio sembra Perego, ma parla sul serio e la faccenda del rapimento è quantomeno eccessiva. Con la discesa in Africa i personaggi divengono più sfaccettati e la vicenda acquista maggior respiro. Conclusione fantasiosa, ma a volte è lecito anche sognare un mondo migliore.
MEMORABILE: I dialoghi con la vicina di casa; Davanti ai carabinieri; L'arrivo in Senegal.
Film che parte decisamente bene, con Albanese che dà sfoggio delle sue grandi doti attoriali e conferisce al suo personaggio la giusta dose di cinismo che lentamente si perde nella seconda parte, in cui probabilmente l'esigenza di rientrare in un consolatorio politically correct toglie nerbo alla vicenda. Cast nella media che spesso non riesce a reggere il confronto col protagonista. Regia piuttosto buona, capace di cogliere interessanti dettagli mentre il ritmo tende a calare con l'arrivo in Africa. Vale il prezzo del biglietto, ma si poteva fare decisamente di meglio.
Unica cosa azzeccata di questa commedia on the road è il titolo (vedasi il finale), il resto è da dimenticare. Peccato, perché l'idea di partenza era buona, ma viene distrutta da dialoghi banali (quando, al contrario, avrebbe potuto dare origine a una serie di situazioni esilaranti, se soltanto ci si fosse sforzati un po' di più). Persino Antonio Albanese (di solito brillante) appare qui svogliato e spento, mentre il resto del cast si mantiene su livelli mediocri.
MEMORABILE: Il bimbo precisino (pessimo gusto made in Italy).
Un cittadino milanese onesto e tranquillo chiede solamente che le sue abitudini rimangano inalterate nel tempo e nello spazio. Dopo aver conosciuto il senegalese Oba perde la testa e decide di rapirlo per riportarlo al suo paese di origine. Albanese nel tempo ha dimostrato di essere anche un buon attore in film impegnati, ma qui non riesce ad essere convincente, così come approssimativa appare anche la sua regia. La storia non riesce a intrigare e dopo un inizio cattivello si finisce per arrivare a un eccesso di "bontà" che porta a un finale decisamente brutto. Occasione mancata.
Commedia dal messaggio chiaro e semplice (oltre a quello razziale, nessuno è perfetto e le opinioni possono cambiare). Albanese è ben calato nel personaggio; e chi lo accompagna fa la sua parte (un plauso alla limitata ma incisiva presenza del disabile, che compatisce il protagonista). Certo, la sua infatuazione post lezione di nuoto sembra eccessiva, forzata, denotando un'esagerata ingenuità dell'interessato; e il suo cambio di rotta è poco credibile. Ma la pellicola ha il pregio di lasciarsi guardare senza provocare sbuffi e il risultato, alla fine, non è male.
MEMORABILE: Albanese in auto canticchia felice una canzone adattando il ritornello alla situazione; "C'è chi può".
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Antonio Provasio e Luigi Campisi, qui nel cast, sono attori di teatro appartenenti alla famosa compagnia dialettale dei Legnanesi, per la quale interpretano gli spassosi ruosi della Teresa e del marito Giovanni.