Simpatica sciocchezzuola che vanifica il fulminante, per quanto derivativo, spunto iniziale: uccisi o vieni ucciso.
Ciò accade a causa di un andamento narrativo più da videogame (uno dei personaggi ad un certo punto parla appunto di livello finale) che da film vero e proprio. E così tra una reiterazione e l'altra, il film si muove e risulta abbastanza piacevole o quantomeno non annoia grazie
ad una durata davvero minima: 70 minuti all'incirca. Qualche abbondante e piacevole iniezione splatter. Immagine finale risaputa ma che ci può stare.
Trionfalmente splatter e giocherellone nel conteggio di un body count affidato a un gioco da tavola dei tempi andati ma anche estremamente precario dal lato tecnico, con una realizzazione di appena qualche spanna al di sopra del livello amatoriale e un manipolo di attori che proprio non riescono a entrare in sintonia tra di loro. L’atmosfera seriosa quando il tutto suggerirebbe l’opposto aggiunge un pizzico di stramberia, qualche facile (e finto, suvvia...) moralismo di troppo, fuori luogo, ne sporcano il segmento finale. Squillante ma ciancicato.
Lamantini che nuotano: è questa la scenetta post-credits con cui i registi tagliano l'agognato traguardo del settantesimo minuto. L'insensatezza di questi fegatelli rappresenta l'essenza stessa del film: inutile cercare un significato ad alcunché. Supponenza nichilistica, autoparodia grottesca, humour di snervante infantilità, un editing anarchico da videomaker che eleva la negazione di un'idea a preteso colpo di genio: si resta interdetti fra un non-capo e una non-coda, prendendo coscienza che negli incisi più superflui risiedono le poche tracce di ispirazione. In quello e nel gore.
MEMORABILE: Il tizio investito tranciato a metà; L'assurda ranger che canta il jingle; Il montaggio musicale a mo' di videogame col massacro dei malati terminali.
Nel loro saggio movie-game, Sebastian Landry e Laurence M. Lagace non temono neppure il filosofico, che viene incapsulato nel marasma splatter con coerente partecipazione. Vivere o morire? Quale dei due cammini è il vero dono esistenziale? Ovviamente la risposta non sussiste, vanificata - o forse mai contemplata - da un cast mediocre e da una sceneggiatura monodimensionale. Fanno sorridere certi passaggi narrativi, ma il sangue, il gore e lo splatter ammaliano.
Villetta, party tra otto amici ambosessi all'insegna della goliardia godereccia e un soggetto facile basato sul ritrovamento di un vecchio gioco: ventiquattro persone devono morire in mancanza o il gioco fa esplodere la testa ai giocatori. Ennesima pellicola horror sui giochi ma da Guinness dei primati rispetto alle varie escape room o funhouse per via del banalissimo meccanismo di gioco che nel finale cerca di riprendersi con pretese esistenzialiste sulla vita e la morte. Possibilmente evitabile a meno che non vi piaccia chi vuol vincere facile di splatter.
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