Una ragazza, da poco tornata nella sua città natale, viene angariata da un ex poliziotto, ora dedito al crimine. Per cercare di porre fine alle molestie si rivolge a un anziano signore e al suo giovane assistente balbuziente. Storia di vendetta come se ne sono viste a iosa, il che implica grande prevedibilità e un forte manicheismo nel tratteggio dei personaggi. Nonostante ciò il film si lascia anche seguire; ma la violenza è ridotta ai minimi termini e gli attori sono molto al di sotto dei loro abituali standard (e il doppiaggio modesto non li aiuta).
- A me gli Hopkins - disse il mago, ma il trucco non funzionò. Nel gioco delle belle statuine la Stiles trionfa a mani basse nella sua unica espressione, mentre Liotta galleggia apparendo più come un poveraccio che come un perfido da temere. Si prova, a cercare un senso al film, ma poi, avvinti, si finisce per godersi lo spettacolo della natura; ma non siamo a National Geographic e quindi sono molto deluso. Alfredson dopo Heineken fornisce un altro pasticciaccio brutto brutto.
Triste pellicola che presenta uno sviluppo narrativo abbastanza convenzionale e arriva a un finale scontato. Nonostante il buon cast - anche se diretto in maniera sciatta - il film non si distacca da uno scadente clima di mediocrità. Hopkins non incide, la Stiles non è pervenuta e Liotta interpreta la solita parte da laido. Buoni i paesaggi del Nord America.
Tornata nel paesello natale dopo la morte della madre, una donna viene molestata da un tipaccio violento di cui tutti sembrano avere paura, sceriffo compreso. Solo un vecchio boscaiolo ed un ragazzo mentalmente ritardato sono disposti ad aiutarla nel tentativo di far "ragionare" il cattivo soggetto... Thriller rurale minimalista penalizzato non tanto dalla trama esile e prevedibile quanto da una approssimativa definizione dei caratteri. Fra Stiles opaca e Liotta tagliato con l'accetta, solo Hopkins riesce a dare un minimo di spessore al suo personaggio, ma più che altro per meriti pregressi.
MEMORABILE: In negativo: la domanda "Dov'è Blackway?", tormentone ripetuto durante tutta la parte centrale del film
Senza infamia e senza lode. Un thriller con poche carte da giocare, lineare nello sviluppo e senza sobbalzi, ma se non altro corretto nella confezione e dal ritmo discretamente spedito. Gli scenari boschivi innevati danno la giusta cornice alla storia, mentre il cast vede contrapposti due mostri sacri come Hopkins e Liotta che usano un minimo del loro carisma per rendere digeribile il tutto. Finale prevedibile, come da copione.
In un paesotto montano degli Usa tra foreste e boscaioli, tutti (sceriffo incluso) temono il filibustiere cattivo di turno Blackway/Liotta; una giovane sola viene aiutata da un anziano saggio e un ragazzotto timido ma granitico. Thrillerino all'acqua di rose con spreco di forze (attori come Hopkins e Liotta), un semplice compitino lineare che rimane troppo nella media, con confezione molto standard, senza sceneggiatura o soggetto di rilievo. Ci sono un'ambientazione boscosa suggestiva, a volte nevosa, un po' di intrattenimento, ma nessun grande colpo di scena o grosso artificio.
Al confine del mondo, sepolta tra le foreste, una comunità di taglialegna: il bullo locale molesta una ragazza venuta da fuori; vecchio taglialegna con dei conti in sospeso e giovane apprendista si offrono per farlo ragionare. Il film cattura, per l’ambientazione fredda (la neve, i personaggi rudi, la fotografia) e per il senso di minaccia sospesa che sovrasta i tre alla ricerca del sadico. Pochi fronzoli di recitazione come richiesto per dei personaggi tagliati con l’accetta (sic!), se non per il solito canagliesco Liotta, e regia asciutta che modula bene l’escalation di violenza.
MEMORABILE: La rissa nel motel nel bosco.
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