Note: Serie tratta dal libro "Mind Hunter: Inside FBI’s Elite Serial Crime Unit, di Mark Olshaker e John E. Douglas". Prodotta da David Fincher che ne ha diretto quattro episodi.
Negli anni 70, due agenti dell’FBI si dedicano per la prima volta allo studio dei profili psicologici degli assassini seriali. Originale fin dalle premesse, Mindhunter è basata su una sceneggiatura che fa della caratterizzazione dei personaggi il suo elemento di spicco. Poca azione sul campo e dialoghi miranti a definire le motivazione di efferati omicidi. La cura dei dettagli (fotografia e ambientazione) è garantita dalla professionalità di Fincher già avvezzo al mezzo televisivo. Attori molto convincenti e bella colonna sonora.
Fincher, già ammirato in precedenti lavori, confeziona un prodotto all'insegna dell'introspezione avvalendosi di una sceneggiatura pressoché perfetta anche nelle situazioni banali che fanno da intervallo, o contrappunto, ai drammi di carnefici e vittime. Funziona la coppia Groff/McCallany ma soprattutto la scenografia, vero punto di forza "parallelo" con tutta una serie di oggetti e strumenti spariti da tempo. Una serie destinata a fare la gioia di non ne può più di C.S.I. e Criminal minds, da tempo diventati lo spettro di loro stessi.
Dall'autore di uno dei più intriganti film su serial killer, una serie tv che racconta la genesi del primo gruppo di profilers, poliziotti specializzati nello studio della mentalità di criminali seriali, fra scetticismi dei vertici, difficoltà operative, prime investigazioni sul campo. Quasi interamente basata sui dialoghi e sull'introspezione psicologica, la serie è di impeccabile fattura, curata sotto ogni aspetto e ben recitata, ma poco coinvolgente, considerato il soggetto, per cui, pur essendo interessante, risulta inferiore alle personali attese che erano invero molto alte.
David Fincher è l'anima produttiva del progetto e si vede. La sua particolare abilità nell'indagare nella criminalità seriale degli albori, già apprezzata nell'ottimo Zodiac, si sublima in questa serie in dieci episodi che ci immerge nella creazione del reparto operativo dell' FBI che analizza i crimini seriali. Tra interviste a personaggi di killer realmente esistiti e indagini incrociate sul campo, lo spettatore viene coinvolto in un crescendo di morbosa ricerca della verità. Serie davvero interessante e realizzata con grande stile.
Una serie di indagini sulle motivazioni e sugli impulsi omicidi della neo categoria (siamo negli anni '70) dei serial killer, da parte di un'equipe all'interno dell'FBI. Azione e cliché polizieschi tenuti da parte per puntare invece sullo scavo psicologico, basato su tecniche sperimentali di interrogatori che alla fine coinvolgono anche gli stessi operatori, mutandone aspettative e sentimenti. Non tutte le puntate sono ugualmente interessanti, ma tutte sono ineccepibili nella confezione e nella sceneggiatura. Cast perfetto e musurato, ottima colonna sonora.
MEMORABILE: Il primo interrogatorio a Ed Kemper; La personalità della tagliente Debbie; L'inflessibile controllo di Wendy; La cura scenografica.
Da Fincher ci si aspetta sempre un pizzico in più rispetto alla media e qualcosa lo si riscontra nella dovizia di particolari inseriti nelle discussioni con gli assassini. Sul resto, invece, sembra non avere intenzione di rischiare, rimanendo incollato ai soliti standard narrativi. L’agente più intuitivo e bravo è ovviamente quello osteggiato, mentre le vite personali degli agenti sono un po’ incasinate, lasciando il tempo che trovano e dimostrandosi superflue e riempitive. I momenti migliori sono quelli che corrispondo alle indagini sul campo. Niente di che.
Sagacemente costruita, la serie interfaccia due personaggi di fantasia con serial killers realmente esistiti. Un racconto romanzato di come è nata l'Unità comportamentale dell'FBI, cioè i profilers. Inoltre la partecipazione, come produttore e regista di quattro episodi, di David Fincher, dovrebbe aggiungere mordente. Invece, dopo qualche puntata, la noia inizia a farla da padrona. Questo perché la serie è quasi esclusivamente incentrata su dialoghi, mancando del tutto la parte più vera del crimine cioè la sua esecuzione e le indagini correlate. Insomma, un prodotto riuscito a metà.
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soprattutto: dirige solo il pilota o sovrintende l'intera operazione?
Direi zodiacale.
buono a sapersi. cedo le armi in tutta serenità.
grazie.
DiscussioneBrainiac • 7/11/17 13:46 Call center Davinotti - 1465 interventi
Davvero una primizia questo Mindhunter. Oggetto atipico, sinuoso, fattezze di filmone torrenziale più che di serie tout-court. Ci sono ridondanze assortite, ok, ma garba-assaje questo senso di straniamento indotto. Lo spettatore non sa mai di che morte dovrá morire: biopic, thriller o introspettivo? Nessun ansia d'assecondare il Manuale dello sceneggiatore-tv standard, così come di snocciolare twist faciloni ogni tre per due.