Iñárritu è il regista del pluripremiato AMORES PERROS, altro film-fiume diviso in tre episodi che s’incastrano tra loro “grazie” a un incidente stradale. 21 GRAMMI ne è l'evoluzione stilistica, che ancor più punta sulla forma per celare una povertà di fondo abbastanza preoccupante. L'operazione di Iñárritu consiste sostanzialmente in questo: prende tre storie diverse, le fa intersecare ma, invece di limitarsi a spezzettarle alla Altman, ne disperde i segmenti confondendoli in un caos temporale da brividi. Il prima e il dopo cambiano continuamente di posizione (avete presente PULP FICTION...Leggi tutto?) disperdendo i brani dei tre episodi apparentemente a caso, come in un mosaico da ricomporre e che rappresenta lo stimolo principale per lo spettatore. Quest'ultimo si troverà quindi a ricostruire (meno faticosamente che in MEMENTO, a dire il vero) l'intera vicenda come in un puzzle che piano piano disveli il suo disegno. La bravura innegabile di Iñárritu sta nell'aver saputo condurre il gioco in modo da renderlo accessibile e interessante, ma se solo potessimo vedere la vicenda nel corretto ordine cronologico ci accorgeremmo che si tratta di un melodramma tutto sommato scialbo, interpretato benissimo da due fuoriclasse come Sean Penn e Benicio del Toro (ma Naomi Watts non è da meno) penalizzato da un ritmo troppo lento e meditativo. Alle poche scene cardine davvero ben girate se ne alternano troppe che sanno di riempitivo. E per un film che raggiunge le due ore è difetto non da niente. L'attenzione necessaria alla struttura è troppa e penalizza il resto.
Astuto (e cinico) film modaiolo che usa pretestuosamente la decostruzione narrativa à la Tarantino per rendere appetibile una trama da sotto-Matarazzo messicano, costellata di inverosimiglianze, iatture e riflessioni da Besos Perugina. Abbastanza terribile. Non si può disconoscere la professionalità, ma il tutto sa, oltre che di posticcio e pretenzioso cheap, di pianificato rigorosamente a tavolino in vista di calcolatissimi effetti. Il deliquio critico conferma i nosri sospetti. 21 tonnellate.
Primo film americano di Inarritu dopo l'intenso Amores Perros, 21 grammi è una bella riflessione sulla vita e sulla morte (oltre che sul senso di redenzione e la vendetta) narrativamente destrutturato, soluzione non nuova ma funzionale perchè pone in primo piano non la vicenda in sè quanto le motivazioni che la animano e le caratteristiche psicologiche di personaggi magnificamente intepretati dal terzetto di protagonisti;tra questi spicca il sempre intenso Sean Penn.
Tanto Babel mi ha lasciato freddino, tanto questo mi ha coinvolto e sconvolto. Bello il montaggio spezzettato, che rende ancora più interessante una storia già di per sè ottima, ma qui a farla da padrone sono le strepitose interpretazioni degli attori: Benicio Del Toro, Naomi Watts e Sean Penn sono da applausi e pure Charlotte Gainsburg mi è piaciuta. Assolutamente da vedere, Inarritu riesce a provocare una naturale empatia per le sofferenze dei personaggi e noi si soffre con loro.
Dopo il riuscito "Amores Perros" il regista Inarritu cerca di ripetersi senza però riuscirci particolarmente bene. Non che la pellicola sia brutta ma il problema è che il regista si crede un grande autore, mentre va detto che dietro le sue pseudo profonde riflessioni sugli uomini ed i loro rapporti, si nasconde molta banalità. Per il resto, la professionalità dell'insieme rende il film accettabile nonostante, da un punto di vista della pesantezza, vada ben oltre i ventuno grammi del titolo.
Diversi personaggi dalla vita sbandata, uniti alla lontana da una disgrazia che si trasforma in vita (un trapianto di cuore). Un film dalla sintassi complessa e difficilmente districabile (da vedere almeno due volte) per venire a capo non tanto della storia quanto delle macerie umane che ciascun personaggio (straordinari Del Toro, Penn e Watts) porta dentro di sé. Un film duro e commovente al tempo stesso, spietato e pietoso: una giostra di emozioni e sentimenti di grande fascino e sofferenza. Si ama o si odia: per me un grande film.
Secondo film della Trilogia della Morte del regista Inarritu. Lo stile è quello di Amores Perros, con avanti e indietro temporali e storie legate tra di loro a causa di un fatto, anche qui un incidente stradale. Gli attori sono dei professionisti e rendono credibile tutto, anche le diverse forzature utilizzate per far progredire le storie (o LA storia, visto che ad un certo punto i diversi personaggi entrano in contatto). Il tentativo di approfondire le psicologie degli interpreti è stancante e inutile e allunga oltremodo il film.
Film che non mi è troppo piaciuto. A mio avviso è un pochino sopravvalutato e difatti, prima di accingermi alla visione,ero convinto della sua qualità e devo dire che sono rimasto un po' deluso dal risultato finale. Il cast è più che discreto, ma la storia non mi convince fino in fondo.
È evidente in questo film la voglia di Inarritu di complicare forzatamente lo stile narrativo di Amores Perros, portandolo ai livelli di Memento: esperimento gradito solo per la prima visione. Tanta la carne al fuoco e i temi affrontati in un contesto drammatico di morte e di vita: l'interpretazione fantastica dei 3 principali protagonisti dà spessore ad un film che rimane un po' sospeso a mezz'aria.
Collage filmico ed emozionale, 21 grammi è un'ottimo esempio del cinema di Inarritu. Un montaggio sfalsato e dialoghi che si prendono il loro tempo. Grazie ad interpretazioni notevoli il film sa parlare all'animo di chi guarda e affronta un tema come quello vita-morte senza fare sconti, in maniera sinceramente disperata. Non facile da vedere ma davvero esemplare.
Un professore malato, un ex-tossico, le rispettive consorti, un'altra ex-tossica, il marito e le due figlie: tutti loro hanno in comune qualcosa... che cosa? Non si rende un buon servizio alla storia riducendo il legame tra i personaggi, vero elemento di interesse, ad un indovinello. Poi, presentare i singoli decontestualizzati dal dramma che li accomuna non aiuta a entrare in sintonia con loro, e le tematiche del film (morte, sopravvivenza, perdono), veicolate in maniera frammentaria, non guadagnano né profondità, né peso. Tiepido e subdolo.
Il montaggio scelto da Inarritu, il primo dettaglio che viene all'occhio, è evidentemente forzato (fa il verso al Nolan di Memento) e rischia, obiettivamente, di gettare nello sgomento lo spettatore. Ma è il modo in cui tiene in mano la macchina da presa a fare il paio con le interpretazioni (eccellenti!) e a veicolare il suo sentire attraverso le meraviglie del linguaggio del cinema. Un film arduo, talora addirittura indigesto o snervante nel suo insistere con la decostruzione, eppure intenso, in grado di arrivare alla soglia del cuore.
Sarebbe ora che Inarritu la piantasse con questi film che, oltre ad essere delle mattonate terribili, sono scopiazzate (nell'intelaiatura) da Tarantino e da Altman. A di là dell'ottima prova di Penn e della Gainsbourg, questa fuffa è di una pesantezza incredibile, con Del Toro che gira per tutto il film in stato zombesco narcolettico. Niente emozioni, tutto stravisto e raccontato cento volte meglio. Uno dei registi più sopravvalutati in assoluto, nel suo classico modo di raccontare ruffiano e insostenibile. Una bufala tremenda.
MEMORABILE: Penn, che fuma di nascosto dalla Gainsbourg, con la bombola dell'ossigeno.
Avevo gradito Amores Perros pur nella sua imperfezione, ho a malapena digerito questo. Artificiosamente costruito ad arte per smerciare un'ipersensibilità emotiva tremendamente falsa, con cast furbetto e professionale che riesce comunque a salvare la narrativa appositamente spezzettata e maciullata. Ci fa piacere che abbia lanciato la Watts come attrice, ma in compenso ha affossato il povero Del Toro in un ruolo davvero sfigato. Alla fine, invece di essere toccato, ero infastidito e avrei preferito guardare altro.
Questi 21 grammi devono molto a Magnolia di Anderson ma non riescono a raggiungerne la potenza e nell'insieme perdono smalto nel procedere della storia (anche per via della decomposizione temporale della storia ma non è quello il problema). Sono comunque girati con mestiere e gli attori rendono abbastanza bene, anche se conservo qualche dubbio sulla consistenza dei personaggi di Penn e della Watts. Non male.
MEMORABILE: Lo sfogo di Benicio Del Toro in prigione.
Ovvero il peso dell'anima... già questo ci fa capire che quella di Iñárritu non è solo un'opera intricata ed emozionante ma anche fortemente meditativa sul significato di vita/morte, destino/fatalità. Dopo Amores perros ecco che il talentuoso regista messicano sforna un altro film intenso dove i sentimenti vengono ingabbiati da vite disperate. Iñárritu poi sfrutta alla perfezione la bravura del cast, che riesce a diventare un tutt'uno con i personaggi interpretati (tra tutti Del Toro). Struggente.
Film sul “peso dell’anima” che la osserva dal lato delle sue piaghe dolorose, mostrando certi dilemmi che lacerano la quotidianità. I personaggi sono disegnati con essenzialità e su di loro aleggia sempre qualcosa di oscuro e sincopato. Il materiale che si è voluto elaborare non è semplice, ma certa critica nei suoi riguardi è stata spietata. Il suo difetto è la disordinata struttura a mosaico, con un eccessivo mescolamento di pezzi che occorre risistemare mentalmente. Ma a parte questo il risultato è di tutto rispetto. Ottimo Sean Penn.
Drammone esistenziale riferito a un evento terribile - famigliola sterminata da pirata della strada e conseguente dono degli organi – tramite un intreccio temporale elastico fatto di anticipazioni e passi indietro. Il disorientamento iniziale - l’evento è disgregato - è assorbito nel divenire quando, come un puzzle, si ricostruisce la vicenda. Questo è il gran merito del film: riuscire a rendere appassionante una vicenda tanto semplice, fin troppo, quanto tremenda. Bell’esempio di cinema e prova maiuscola degli interpreti principali.
L'intensità drammatica di questo film ha pochi eguali, per i temi trattati e per l'ambientazione cupa e disperante. A ciò si aggiunge la particolare scelta narrativa di proporre le scene in successione non cronologica, che genera smarrimento e svela la vicenda complessiva solo mettendo insieme un pezzo dopo l'altro come nella costruzione di un puzzle. Difficile da dimenticare. Ottima prova del cast, con Naomi Watts e Sean Penn intensi e bravissimi.
Il talento di Iñárritu va affiorando sempre più con questo "21 grammi", secondo capitolo della cosiddetta "Trilogia della morte". Non facilissimo da seguire, almeno per il vasto pubblico, dato che il racconto non ha una sua linearità temporale, ma può contare su un'ottima squadra di attori. Particolarmente triste, ma interessante. Sean Penn premiato al Festival di Venezia.
Un incidente sconvolgerà la vita a tre persone. Classico intreccio con sottotrame e l’idea che cavalca Iñárritu di mescolare i piani temporali. Scelta abbastanza inutile dato che la sceneggiatura è valida di suo e che vengono svelati in anticipo alcuni dei dettagli conclusivi. Notevole il personaggio di Del Toro che passa da delinquente a fanatico religioso; Penn ha il ruolo più congruo, la Watts è fin troppo caricata. Clima incupito a sottolineare lo stile autoriale, che fa perdere realismo alla storia.
MEMORABILE: Del Toro che accusa Gesù di averlo tradito; La Gainsbourg che se ne va di casa; Penn che fuma accanto al letto; Il costo dell’avvocato.
Tre episodi che si incastrano fra loro avendo come punto in comune un incidente stradale. I dettagli di una singola storia sono evidenziati in modo certosino ed è questo che colpisce in positivo. Le due ore si sentono poco o niente. Diretto (Iñárritu) e scritto (Arriaga) in modo magnifico, così come tale è l'interpretazione di ogni singolo attore protagonista delle tre storie.
L'effetto temporale spezzettato non è roba nuova e non è certo stato creato dal regista, che però lo usa con grande efficacia e maestria costruendo un film mai noioso e con pochissimi punti morti, allentato solo da qualche momento filosofico un poco pretenzioso. Vita, vendetta e soprattutto morte sono i temi salienti della pellicola, ben recitata dal cast, specialmente Naomi Watts. Psicologia dei personaggi perfettamente delineata. Non sarà un lavoro innovativo, ma è un bel lavoro.
Poteva essere sul serio un gran bel film, se non fosse per un metraggio lungo che disperde le buone sensazioni che emergono ogni tanto. Nemmeno il montaggio facilita la digestione delle tre storie che si intersecano, a dire il vero non sempre in maniera comprensibile. Ciò non toglie nulla alle ottime interpretazioni dei tre attori protagonisti, ognuno ben calato nella propria parte. Le ambizioni sono alte e un buon potenziale si legge tra le righe, ma qualche impudenza di troppo compromette la fruibilità di un’opera altrimenti eccellente.
Come in Amores Perros, un incidente stradale mette in connessione tre esistenze: una donna perde marito e figlie, un uomo si macera nel senso di colpa, un insegnante in fin di vita guadagna una nuova chance... Le loro vicende sono narrate attraverso un fitto intreccio di flashback e flashforward, e questa scelta stilistica rischia di disorientare soprattutto nella parte iniziale del film, in quanto la pesantezza della forma si va a sommare a quella dei contenuti. Fortunatamente a fungere da collante ci sono prestazioni attoriali eccellenti per cui la visione, pur impegnativa, ripaga.
Tre anime e un incidente stradale: c'è chi ritrova la speranza, chi la perde del tutto, chi prende decisioni sbagliate. Un bel "puzzle" dal regista di Amores perros, che racconta in maniera anti-cronologica una vicenda mascherata da parabola fatalista (ma gli schemi trascendentali c'entrano poco con l'evolversi degli eventi), dove la certezza della disperazione e i misteri della vita e della morte cadono in balia della casualità e delle debolezze umane. Non perfetto (qualche forzatura melodrammatica nella seconda parte), ma il cast eccellente e la mano dell'autore sono una garanzia.
MEMORABILE: Naomi Watts apprende dai medici la tragica notizia; Il ritorno a casa di Del Toro dopo il fattaccio; La Gainsbourg annuncia il progetto di maternità.
Con questo antologico secondo capitolo appartenente alla sua trilogia mortale, Iñàrritu ci consegna un intricato, composito e prezioso gioiello intriso di viscerale dolore, nuda redenzione, impura sete di vendetta e feroci vite amputate. Realizzato grazie a un frammentario ma costantemente solidissimo gioco di prolessi, le esistenze di quattro individui vengono decostruite e annullate, tratteggiate e definitivamente segnate da tragedie che finiranno per mettere in contatto ognuno dei personaggi. Raramente osservato un cast in simile stato di grazia. Trascendentale e metafisico.
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HomevideoGestarsh99 • 23/09/11 02:17 Vice capo scrivano - 21546 interventi
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