Sadisterotica-L'estate torbida dello tio Jess
Uno dei massimi picchi franchiani, tra patti faustiani , incesto, follia uterina e grandissime scene lesbo un passo oltre i limiti dell'hard.
Franco impazza sotto il sole di Saint Tropez , tra casinò, discoteche e stanze d'albergo, abbagliando di bellezza enigmatica e luciferina Pamela Stanford nel ruolo della "sacerdotessa" diabolica Lorna, concentrato faustiano di strega e demone, sprigionando fascino mefistofelico misto a libidine/incestuosa per la figlia (con look parrucosi e trucco clawnesco/baldraccoso, che sembra uscita dal
Delitto del diavolo di Cervi, con seno turgido quasi sembre scoperto e una vulva affamata di piaceri lesbo) e , ancor di più, valorizzando la bellezza radiosa di una Lina Romay che si culla tra ingenuità, pudore, lussuria, lascività e pazzia femminea, donando al suo pigmalione uno dei finali più allucinati e preganti, "aperta" oscenamente al padre, di pulsioni incestuose che si sprigionano morbosamente senza più pudori, di dibattersi ossessivamente nei ritmi frenetici di una possessione a tutti gli effetti (
Non sono Linda, sono Lorna), che una volta concupito il padre (difficile resistere a una Lina Romay che offre il proprio sesso spalancato e impudico, con indosso solo gli stivali neri di Irina) scatenerà in un tripudio di demenza muliebre assassina, con un'espressione terrifica e prolungata del viso che ricorda la chiusa shock di
Sleepaway Camp
Incipit lesbo tra la Romay e la Stanford che dura quasi 10 minuti, in un coacervo godurioso di vulve aperte, annusate, leccate, mordicchiate, dove lo tio Jess accarezza i corpi nudi delle sue muse, senza pudore alcuno, avvolte dalle note melodiche di André Bénichou (la Stanford, vera dea della lussuria, con veste nera trasparente e indosso un paio di zatteroni), che continuerà nella vasca da bagno dell'albergo (con dita infilate e gustosi 69), per poi lambire anche Catherine Lafferierè (novella Renfield chiusa in una stanza di contenzione dal grande letto, strappando pagine di una rivista, dimenandosi febbrilmente nuda con indosso solo il reggicalze nero, donandosi safficamente a Lina Romay-ormai transmutata in Lorna- che indossa gli stessi stivali neri dell'Irina di
Un caldo corpo di femmina, perchè in Franco tutto torna, in continue e raffinate autocitazioni)
Granchi che pasteggiano con la vulva della Laurent (e quì diventa matematico il fil rouge tra il cinema di Franco e quello di Josè Mojica Marins), mentre la donna impazzisce preda di delirio e contorcimenti ossessivi, fino alla morte.
Sprazzi di grandissimo cinema surreale (la Stanford e il bravissimo Guy Delorme che si dirigono verso la macchina, l'appartamento liberty di Lorna, i suoi primi piani grotteschi e fascinosi, la sua malia stregonesca, la MDP franchiana che stringe sul suo sguardo ipnotico e sui suoi grandi occhi pittati ), dove sfocia in una delle sequenze più intense e perverse scaturite dall'estro "malato" dello tio Jess, in cui Lorna (la Stanford) , ritrovata la figlia Linda (la Romay) la deflora violentemente con un fallo di legno, per poi estrarlo dalla vagina e degustandone, a mo di fellatio, il sangue virginale.
Uno dei Franco più pregni e ammalianti (dove si ritaglia anche il ruolo del medico che ha in cura la Lafferière), avvolto dal bellissimo score di André Bénichou e dalla fotografia di Étienne Rosenfeld , dagli splendidi nudi femminili ripresi solo come lo tio Jess sa fare e copule saffiche tra le più conturbanti mai girate.
Assunto e distillato puro franchiano, che si perde negli occhi spiritati e nella bocca immoralmente spalancata di una Lina Romay al massimo del suo splendore.