Famigliola si trasferisce in una bella villa isolata comprata a buon prezzo perché anni prima vi sono morte due persone, ma il babbo inizia a sentire voci... Pura routine? Si e no. Se la storia convince poco, c'è un dettaglio che non passa inosservato: fasciato in una tuta rossa ed abbracciato da un barattolone di caramelle, Vince è un quintale ed oltre di follia disturbante. Personaggio riuscito all'interno di un film metallaro che butta nel mezzo varie suggestioni ma pecca di banalità e approssimazione, del tutto privo di quell'humor nero che aveva illuminato il precedente lavoro di Byrne.
MEMORABILE: Il babbo pittore con la testa da Jesus Christ Superstar in giro a torso nudo tatuato: comprare un cellulare alla ragazzina se fai sempre tardi, no?
Non si capisce il perché della scelta di impostare i protagonisti padre e figlia come due ascoltatori di metal e di infarcire la prima parte del film di brani e iconografia dello stesso genere (la chitarra, i poster); la vicenda non c'entra infatti nulla con la suddetta musica e pare più uno specchietto per le allodole. Detto questo, il film in sé non offre nulla di nuovo; correttamente eseguito, certo, ma tutto già visto e anche poco (o nulla) splatter. Buone le scenografie e la tensione nelle scene con la Glasco (di abbacinante bellezza).
Byrne, che già ci aveva fatto innamorare col suo gioiellino sadico The loved Ones, si lancia, questa volta, nel mondo profetico e mefistofelico dell'anticristo. Ma la vera essenza del film - elementi soprannaturali a parte - è la musica, che avanza con forza indicibile potenziando il senso di disagio sociale e orrore casalingo che il film vuole comunicare. Straordinario il delirante finale, dove le grida dei personaggi e la colonna sonora si amalgamano dando vita ad un "componimento musicale" straziante e ansiogeno. Tra il cast, una Gibson Flying V rossa fuoco indimenticabile.
Una storia abbastanza convenzionale ma molto ben narrata, girata in modo elegante e curata nella caratterizzazione dei personaggi (sopra tutti quello di Ray, villain disturbato, maldestro e quanto mai terrorizzante). Il film è teso, girato con realismo, pervaso da un senso di violenza sempre pronta a esplodere, anche se poi non è quasi mai esplicita. Non fosse stato per il finale davvero inverosimile avrei dato mezzo pallino in più.
Sarebbe la solita famiglia americana che si trasferisce nella nuova casa dove è successo un fattaccio o qualche maledizione; se non fosse che stavolta il padre e marito è un pittore metallaro. Il film è ben realizzato a livello di regia e di effetti. La componente metal è così così; la musica del diavolo è comunque un veicolo per il male. Menzione speciale per la sigla finale, con i titoli di coda dalla grafica alla Iron Maiden che scorrono al suono della bella "For Whom the Bell Tolls" dei Metallica.
Quel che si dice un bell'horror moderno, senza tante pretese! Magari non è perfetto, ma nemmeno finge di esserlo. Così come non si ha l'impressione che si debba per forza credere a qualcosa che, in fondo, non esiste. Ci si diverte, si ascolta metal (c'è a chi piace...) e, soprattutto, si può fare il tifo per chi si vuole. Non è questo in fondo il bello degli horror? Menzione particolare la merita il bel rapporto padre-figlia. Inoltre, a dispetto delle apparenze, ognuno ha il suo "ruolo" a prescindere dalla propria natura d'appartenenza.
MEMORABILE: I riffoni dei Sunn O))); La receptionist della Belial; Il Guitar Crash finale; I titoli di coda à la Iron Maiden alternati ai disegni di Gustave Doré.
Con The loved ones Byrne ci aveva stupiti con il nerissimo humor e i personaggi sciroccati, qui tenta un approccio più tradizionale e si butta su un horror più classico e tradizionale nella costruzione. E sono purtroppo i personaggi ad avere il fiato corto, contrapponendo un villain laido e inquietante a una famigliola solo abbozzata nei caratteri e poco incisiva. Anche il pot-pourri di generi non giova all'operazione pasticciando un po' con il demoniaco e risolvendo poi il tutto con un finale che manca di coraggio e lascia l'amaro in bocca.
MEMORABILE: Le visioni del padre pittore; Il laido ciccione e le sue valige.
Una famiglia di metallari si trasferisce in una nuova e immensa casa sperduta nel mezzo della campagna americana dove tutto va bene fino a che comparirà il figlio degli ex proprietari. Non è brutto come film; la musica è buona, così come la fotografia, certe immagini sono veramente suggestive... purtroppo è il solito film visto e rivisto, banale e che si fa dimenticare velocemente. C'è di molto peggio, ma anche di molto meglio.
Film tra il ridicolo e il "so bad so good". All'inizio sembra di assistere a un promo di musica metal, invece no: è la classica storia di una famiglia che si trasferisce in una nuova casa (wow, che espediente originale!). La casa possiede chi ci abita e c'è chi, per non ascoltare le voci malvagie, suona una Stratocaster a tutto volume anche alle 3 di notte e chi invece dipinge il futuro in trance (mi ricorda qualcosa...). È un film buffo, che cerca a tutti i costi di essere serio senza riuscirci. Troppe superficialità.
MEMORABILE: La bambina legata con lo scotch; L'incendio nella casa che magicamente non brucia nessuno.
Passo falso per il regista Byrne. Puntare tutto sul metal salvo poi usarlo per qualche poster, qualche spezzone di musica e qualche gesto delle corna dei protagonisti, fa capire che si tratta solo di un espediente per attirare una fetta di pubblico a cui il film è comunque destinato. La storia potrebbe anche essere interessante, ma è sviluppata poco e niente, così come i personaggi. E' tutto buttato li, senza spiegarci il perché o almeno accennarlo. Vince riesce comunque a offrire una buona prova; per il resto troppe falle.
MEMORABILE: Incendi devastanti che non bruciano le persone; I titoli di coda con il carattere degli Iron Maiden su illustrazioni di Dorè della Divina Commedia.
Parte come un horror demoniaco a sfondo metallaro ma poi si riavvicina al terreno del thriller classico, questo a tratti gradevole ma indeciso lavoro di Sean Byrne. Tra un padre artista incompreso, una figlia ribelle e una madre alquanto anonima, spicca come personaggio il pazzo killer che pur con un modus operandi alquanto elaborato si dà anima e corpo alla sua missione degenere. Personaggi già visti, improbabilità di parecchie situazioni. Visione tranquilla ma non memorabile.
Horrorino piuttosto noioso e banale che non riesce mai ad accendersi veramente e a suonare la "giusta" musica terrifica: quella metal di cui il film è infarcito, non ha nulla a che fare col resto. Come la stragrande maggioranza degli
horror contemporanei il suo vero tratto distintivo è la derivatività che fa rima con scarsa originalità. L'unico elemento che si discosta dalle solite strade è il vilain, soprattutto nel suo abbigliamento. Si arriva al termine nonostante i pochi
motivi di interesse e qualche sbadiglio. Confezione dignitosa. Con un suo perché o quasi.
Imperfetto, infiammato, strisciante. Che lo si scorga tra ciccioni in tuta arancio e riff a randa oppure tra valigie impolverate e tele pastrocchiate, il vecchio Satanasso non ci degna di un saluto ma ci bisbiglia nei padiglioni, ci nausea con il suo sudore, ci sfiora la camicia. In questo Byrne, che però non riesce mai a legare o a stupire, trova il suo tesoro: le caramelle hanno sapore e colore diverso, ma l’occhio va sul vaso di vetro che le contiene. Il fuoco finale è un inciampo. Inferiore a The loved ones solo di qualche millimetro.
Verrà la morte e avrà le nostre orecchie ripetendoci 33: 11 giri di home invasion, poi siccome nessun dono è senza prezzo e l’artista che vende l’anima a un diavolo che è brutto ma il cui avvento si fa dipingere bene ci stanno sempre da dio (ahem), 11 vanno fatti fare anche a Legnani via Faust, magari sussurrando Sweets to the sweet. Gli 11 finali li facciamo noi sommati ai primi 22; e altro che cantare “caramelle non ne voglio più”: di horror così ne vorremmo ancora e sempre. E pazienza se Byrne si dà a giochi di destrezza coi birilli altrui. Non uno che gli cada, ma noi tremiamo per tutti.
Le caramelle del diavolo devono essere indigeste per forza, ma il film di Byrne fortunatamente non lo è, anche perché ha il pregio di avere una durata ridotta. La solita famigliola si trasferisce nella solita casa a prezzo stracciato luogo di efferati omicidi. Se fosse così avremmo visto il classico horror a tanto al mucchio; invece fortunatamente la vicenda prende una piega interessante e inaspettata che lo fa assomigliare a una storia in stile Strane frequenze.
Le premesse iniziali non sono entusiasmanti, trattando temi affrontati tante altre volte nel genere horror come il trasferimento di un nucleo familiare in una casa avversa, oltre a quell’accostamento fin troppo facile tra heavy metal e diavoli. Qualcosa cambia nella seconda parte mostrando un approccio personale, cinematografico, ma meno sofisticato e crudo. Non mancano alcune licenze registiche la cui utilità è facilitare l’impatto di alcune scene, sulle quali si può chiudere un occhio. Il minutaggio inferiore alla media si dimostra perfetto.
L'horror è in stato comatoso da un ventennio e lo comprova questo film acclamato come un capolavoro ma niente più che discreto, non del tutto riuscito. Lo spunto più interessante (il metal come mezzo di propagazione del demonio) viene inspiegabilmente abbandonato presto per seguire le vie del consueto thriller con psicopatico obeso pasticcione alla caccia di bambini. Piuttosto confuso, ha dalla sua il talento visivo di Byrne (i quadri satanici alla Pickman's model). Simile a certe cose di Rob Zombie. Bene la Glasco e Taylor Vince.
MEMORABILE: Il quadro colla rappresentazione infernale; Il finale con lo scatenato Embry in mezzo alle fiamme e metal a palla.
Un pittore metallaro si trasferisce con moglie e figlia (metallara anche lei) in una nuova casa dove in precedenza si è verificato un fatto di sangue per mano di uno squilibrato. Soggetto obsoleto e dozzinale visto e rivisto (in film migliori come Halloween), riproposto in modo banale, con movente satanico, altrettanto scontato. Buona la confezione e l'intersezione con il mondo dell'heavy metal (personaggi, musiche, credits) caro al regista, ma non basta.
MEMORABILE: Titoli di coda con font alla Iron Maiden su disegni di Dorè, con brano dei Metallica.
A dispetto di una pregevole confezione estetica, il film vive di un parallelismo desueto (heavy metal con satanismo) per portare avanti un canovaccio moderno quanto il Cretaceo. Il solito cast di attori bellocci, abbastanza in parte, è condannato in partenza con dei ruoli plastificati; l'assenza di gore e sudiciume - il soggetto ben si prestava - ridimensiona alla base qualunque tipo di ambizione. Improbabili molti passaggi narrativi, finale svogliato compreso. Nel marasma si salvano la presenza scenica di Vince e il quadro premonitore.
I presupposti erano buoni: il metal, il demonio, la casa posseduta... Poi però si alternano buoni momenti (vedi il padre quasi posseduto che dipinge quadri inquietanti, il diavolo che qua e là tenta il padre e la figlia, il pazzo psicopatico servo del diavolo...) ad altri troppo "canonici" (la moglie che non capisce, il metal che alla fine non c'entra nulla, il finale telefonato). In sostanza un film riuscito solo a metà che va archiviato nel filone delle case infestate. Bella la colonna sonora metal.
Con il miraggio, anche se maledetto della musica metal/infernale, Byrne confeziona un modesto horror di stampo derivativo, costellato di approssimazione ad ogni livello. Tra i pochi motivi di interesse, la figura goffa del villain sottomesso a Satana, la furia pittorica del capofamiglia sotto "ispirazione" messa con efficacia espressiva in connessione alla sequenza splatter; per il resto siamo nei dintorni della mediocrità. Il finale poi oscilla tra melodrammone familare e kitsch catartico, e qui si brucia quel poco di positivo che poteva essere riscontrato qua e là.
Un pittore con moglie e figlia si trasferisce in una casa maledetta. Storia horror, che ha come colonna sonora una sfilza di canzoni metal, di discreta fattura. Niente di eccezionale sia chiaro, e nemmeno di originale, ma la suspense è dosata più che bene e il film intrattiene discretamente. Buona la regia dell'australiano Sean Byrne. Non male dopotutto. Consigliabile.
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In realtà, quella arrivata nei cinema (Theatrical Cut) nel 2017, è la versione "rimontata" di quella presentata per la prima volta al Toronto International Film Festival il 13 Settembre del 2015 e della durata di 90 minuti. Questa ora viene chiamata Festival Cut perché, oltre a quello precedentemente nominato, nel giro di un anno è stata vista anche in altri festival, appunto..
Speriamo che, a questo punto, la Midnight Factory - che si è impegnata per distribuire il film anche da noi - si preoccupi di "offrirci" anche la versione originale in Home Video.
L'attore Pruitt Taylor Vince aveva già interpretato una sorta di psicopatico serial-killer in Identità (Malcolm Rivers) e un ben più che fissato della chiesa: Padre Hennessy in Constantine.
Un bel mix del personaggio qui proposto (Ray Smilie).
La colonna sonora, oltre alle musiche originali a cura di Mads Heldtberg e Michael Yezerski, è composta dai seguenti pezzi:
- Sunn O))) – Belürol Pusztit - The Wanton Bishops – Shake - Spiderbait – Conjunctivitis - PJ Harvey – The Devil - Ghost – From the Pinnacle to the Pit - Goya – Blackfire - Slayer – You Against You - Machine Head – Sail into the Black - Aurora Surgit & Alessio Randon – Dies Irae (Sequentia) - Sunn O))) – Decay2 (Nihils’ Maw)
Inoltre, sui titoli di coda, è segnalata la collaborazione da parte dei Sunn O))).
E, durante il film, si possono udire anche:
- Metallica – Am I Evil? (cover)
- Cavalera Conspiracy – Killing Inside - Queens of the Stone Age – Like a Drug - Pantera – By Demons Be Driven
P.S.: Probabile che, quelle di Ghost e Machine Head, siano presenti nella prima versione del film.