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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il dramma di un padre che vede il proprio figlio smarrirsi nel tunnel della droga, un film che si apre sul cadavere a Ponte Miglio del ragazzo col genitore a osservarlo affranto, circondato dai carabinieri. Poi la ricostruzione, da quando per la prima volta Carlo (Lorenzo Simoni) tornò a casa barcollando e suo padre, Stefano (Carlo Simoni), si convinse che fossero i postumi di una semplice sbornia. Attore teatrale di successo (come Simoni è davvero nella vita), Stefano si rifiuta di vedere la realtà: dopo aver perso la moglie, Carlo è l'unico vero affetto che gli resta e la sua nuova compagna (Efrikian) si trova consapevolmente nella condizione di “terza incomoda”. Damiani non guarda mai verso...Leggi tutto il figlio, figura “incidentale” ripresa in qualche breve frangente, non concede spazio alle siringhe, alle crisi di astinenza... L'eroina diventa una presenza esterna, qualcosa che c'è ma che si riflette sullo stato d'animo del padre, protagonista catalizzante attorno a cui ruota ogni emozione. Cinema intimista, teatrale, da camera; lunghi monologhi a comunicare la sensazione d'impotenza, la certezza che tutto non potrà che concludersi bene, che si tratti solo di una disgraziata fase di passaggio. Ci sono le riflessioni sugli stati d'animo, il tentativo di portare il figlio lontano (fin dalla nonna, in campagna), il rifiuto d'affrontare di petto la situazione delegando ad altri la ricerca di una soluzione, il credere che basti aspettarlo e preoccuparsene per sfuggire da una penosa ansia che non conosce sosta. Lontano da ogni parvenza di spettacolarismo Damiani punta tutto sulla maturità dell'approccio, sulla bella voce e la grazie recitativa di Simoni, intenso senza mai esserlo troppo, credibile nel mostrare sperduto ma conscio il suo Stefano, artista dall'animo profondo e insieme umile. Lo sparuto cast assiste la performance ben diretto, trovando dialoghi a tratti ricercati e mostrando partecipazione al dramma. Si coglie di tanto in tanto anche una gradevole ricercatezza nella composizione dell'immagine, tocchi d'autore che non guastano, un finale “michelangiolesco” forse un po' pretenzioso ma che lascia a suo modo il segno. La recitazione sommessa da parte dell'intero cast, il rifiuto di concedere alla droga di entrare in scena se non dalla porta di servizio nonostante il titolo, i dialoghi che fluiscono lenti e riflessivi contribuiscono a dar vita a un film non sempre riuscito, indubbiamente prolisso ma anche sincero, onesto.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 3/11/16 DAL DAVINOTTI
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Cotola 13/12/16 23:42 - 9052 commenti

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Si parte dalla fine, dal terribile dramma di un padre che perde il figlio; poi si procede a ritroso per "capire" e ricostruire il come e il "perché". Droga-movie insolito, privo delle usuali scene di prammatica e in cui il vero protagonista non è il tossicodipendente ma il padre di cui si ricostruisce il privato tra vita professionale, sentimentale e col figlio. Ne viene fuori una pellicola abbastanza delicata, non malvagia ma nemmeno del tutto riuscita forse a causa di una mancanza di vera incisività. Damiani è una figura poco conosciuta del nostro cinema che forse merita una riscoperta.

Panza 21/02/22 11:40 - 1842 commenti

I gusti di Panza

Lasciata da parte ogni analisi sull'ambiente e sulle motivazioni del tossicodipendente, l'attenzione è rivolta alle reazioni e alle riflessioni del padre del ragazzo. Ne esce fuori un ritratto chiaroscuro di un uomo distrutto e lasciato solo, inerme rispetto alla sorte del figlio, già mostrata nella prima scena. Spesso la sceneggiatura di Alberto Damiani, fratello di Amasi, si lascia andare in eccessive verbosità e non valorizza i personaggi di contorno, tranne la madre del protagonista. La scena finale, che tenta una chiosa poetica, è invece malriuscito. Pessima la fotografia.

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  • Discussione Bobo2907 • 17/02/21 23:59
    Disoccupato - 1 interventi
    qualcuno saprebbe indicarmi dove posso vedere questo film? grazie