The other side of the door - Film (2016)

La vita felice di una famigliola inglese trapiantata in India è sconvolta dalla morte del figlioletto. Seguendo il consiglio della governante, la madre si reca in un remoto tempio per dargli l'ultimo saluto attraverso una porta che mette in contatto il regno dei vivi con quello dei morti... Anche senza aver visto Cimitero vivente, lo capisce pure il cane che è una pessima idea. A parte la cornice esotica, una ghost story tradizionale nel suo sviluppo, non travolgente ma impaginata con una certa cura. Convincente Sarah Wayne Callies nel ruolo di una madre distrutta dai sensi di colpa.

Horror abbastanza convenzionale, fatto di evocazioni di spiriti di cari trapassati che non sembrano più così amichevoli, riti primitivi per il richiamo dall'aldilà e conseguente catena di morti. L'unica novità è l'ambientazione indiana, sicuramente inusuale, ma non basta a sollevare un film zoppicante, dalla trama estremamente scontata.

Ghost-movie dozzinale che nemmeno l'ambientazione esotica in India riesce a sollevare di qualche punto. Tutto ha il sapore di già visto, col solito bambino fantasma e/o posseduto e con l'ex allegra famiglia intorno che cerca di porre fine alla maledizione. Nonostante Roberts sguazzi nel suo genere preferito, non riuscirà quasi mai a incutere quel clima di suggestione e ansia che un film del genere dovrebbe avere. Inoltre riesce a sfruttare male persino l'unica variabile che poteva essere incisiva: i "custodi" del tempio. Cast sotto la media.

L'horror in questione si rifà spudoratamente al Cimitero vivente di Mary Lambert, ma con risultati decisamente inferiori. Non solo per colpa della sceneggiatura non originale ma anche per l'ambientazione esotica che fa a pugni con lo stato sociale dei protagonisti. Insomma, se si voleva colpire nel segno si doveva almeno osare qualcosa di più sviluppando meglio alcuni personaggi o quantomeno uscire da alcuni topoi triti e ritriti del cinema horror. Un prodotto preconfezionato dal sapore insipido.

Signorile, curato, ben vestito. La grossa seccatura però è che la storia è un concentrato poco scaltro di altre cose già viste, con déjà vu su déjà vu che spengono come un idrante quelle fiammelle di interesse che già dopo mezz’ora traballavano flebili. L’unica variante è quella orientale, ma la si apprezza più su sfumature e colori che sul tessuto narrativo. Di discreto rilievo sia la scena al tempio sia l’accoppiata Sisto-Callies. Una occhiata e via.

Un Pet sematary con indiani non d'America ma proprio dell'India: non si può definire altrimenti il plot del film il quale, va detto, qualche balzo sulla sedia lo garantisce, ma tutto sa di già visto; particolarmente irritante La "guardiana della porta" che si muove a scatti (basta riprendere le varie Sadako & e co.!). Per una sera d'evasione con voglia di qualche brivido, poi si può passare oltre.