L'idea di girare un prequel invece di un secondo sequel di RINGU era ottima, sulla carta. Immaginare le origini del “mito” di Sadako, vederla in viso per la prima volta, osservarla vivere al di fuori degli incubi killer, capire come è uscita (e da dove) la celebre “videocassetta assassina”, i rapporti con la madre... C'era una moltitudine di spunti interessanti da sviluppare, per un prequel. E poi c'era la sceneggiatura di Hiroshi Takahashi, lo stesso dei primi due capitoli. Perché allora RINGU 0 non funziona? Innanzitutto perché dei tanti interrogativi legati a Sadako il film si disinteressa quasi completamente, limitandosi a mettere in scena...Leggi tutto l'infanzia della ragazza alle prese con potere più grande di lei (Carrie è lì a un passo...). Tutta la prima ora è un estenuante susseguirsi di volti stupefatti, di mezze frasi, di situazioni che in sé non hanno granché di paranormale. È solo nel finale che finalmente ci ritroviamo dalle parti della catapecchia col pazzo, ma anche qui gli autori si fanno deviare da invenzioni ridicole che non rendono merito ai due capitoli più famosi, ricongiungendovisi solo nelle ultimissime scene, dopo averci fin lì presentato una storia che si fatica a riconoscere come la stessa di RINGU. E oltretutto la suspense è assente, il terrore si respira - a fatica - solo in un paio di occasioni. Forse è colpa della regia di Norio Tsuruta, che riesce ad essere ancor più “lento” del suo predecessore Hideo Nakata senza possederne il medesimo stile inquietante (pur se è vero che la qualità di immagini e inquadrature è indiscutibile). Un'occasione clamorosamente sprecata!
Un tentativo, non troppo riuscito, di raccontare come Sadako è diventata il nostro mostriciattolo assetato di vendetta. A tratti simile alla vera storia (quella del libro), si perde però quando vuole a tutti i costi dimostrare che, sotto sotto, la nostra eroina non è poi il mostro che tutti si aspettano e che tutta la colpa ricade soprattutto sugli altri. Poche scene interessanti e molta confusione, quasi tutto quello che c'era da dire di interessante era già stato detto nei flashback in Ringu.
Film sostanzialmente inutile nel quale ci viene raccontato come Sadako sia diventata ciò che è. Il ritmo e la tensione sono i grandi assenti di questa pellicola e la regia non riesce a sopperire alle mancanze della sceneggiatura. Era molto meglio non cercare di dare spiegazioni a ciò che avveniva in Ringu. Evitabilissimo.
E qui finalmente siamo arrivati a toccare il fondo. Il personaggio di Sadako in questo prequel non richiesto e non necessario rasenta il ridicolo. Alcune scene di comicità involontaria (ma quanto ?...) appaiono qua e là e la regia dello sconosciuto Tsuruta cerca di imitare, peraltro maldestramente, lo stile di Nakata. Gli attori sono lanciati allo sbando e si dimenticano alla svelta, proprio come il film.
Qualcosa d'inguardabile, assurdamente chiesto con prepotenza per via della risposta d'un pubblico ormai convinto che l'horror orientale sia la novità. Nulla di più lontano dal vero, come dimostra questo prequel privo di senso ritmico, che alterna un primo tempo soporifero ad un secondo illogico e più vivace (ma non meno noioso). Cambia il regista, ma la ripetitività della monotematica dimostra la poca fantasia di sceneggiatori e maestranze giapponesi, che si sono impantanate in un bel nulla di fatto. Pertinente, insomma, lo 0 del titolo.
Sostanzialmente nullo, questo sequel/prequel di Ringu vede il passaggio di regia da Hideo Nakata a Norio Tsuruta. La regia risulta essere davvero lenta e macchinosa. La sceneggiatura, che poteva spiegare meglio le origini di Sadako, si perde in inutili dialoghi e scene pseudo-orrorifiche come l'incipit e le varie visioni, le quali non creano neppure un piccolo sobbalzo dalla sedia. Suspense visibile solo con il cannocchiale per un horror che sembra non aver niente a che fare con i due film precedenti, capostipiti di una saga finita male.
Paghi una e prendi due Sadako. Micidiale prequel che dovrebbe spiegare come mai la nostra eroina ha preferito evitare una bella frangetta e invece ci troviamo davanti ad un film lentissimo che non fa capire quasi nulla, allude solamente (la paternità della nostra si può capire se si conoscono le leggende giapponesi o il libro originale); illogico anche nella trasposizione a "30 anni prima" dei fatti; peccato che tutti indossino vestiti perlomeno anni 80! Solo per completisti.
MEMORABILE: Le due entità distinte: ad una hanno dato gli ormoni della crescita...
Dopo i primi due capitoli (non malaccio a dire il vero) ecco un prequel che butta alle ortiche una storia potenzialmente buona. A parte il finale, questo Ringu 0 è un concentrato di noia al cubo, con Sadako che fa... l'attrice! C'è pure una inutile storia d'amore a rovinare il già precario plot. Sadako è una specie di Carrie, più sfigata che altro e non ci si crede nemmeno per un secondo a quanto messo in mostra da Tsuruta. In più fa i miracoli che manco a Lourdes... Il finale non è male, ma ormai il film è bello che finito. Occasione mancata.
MEMORABILE: Il corpo di Sadako che si disarticola nel finale.
Pessima conclusione per una saga che mi aveva entusiasmato. Questo prequel è davvero inguardabile. Lento fino all'esasperazione e con una trama che dovrebbe in qualche modo spiegare, far capire e che invece trasforma la storia in una specie di brodaglia ridicola e paradossale. Forse non si doveva neppure partorire l'idea di questo film, ma una volta fatta la scelta il dovere era quello di svilupparlo in maniera dignitosa. Indegno.
Film sbagliato, troppo lento ma soprattutto con uno sviluppo narrativo poco interessante. Qualche buona idea sembra prender piede, quando all'inizio la location teatrale lascia presagire sviluppi inquietanti: niente di tutto ciò, almeno fino ai venti minuti finali, dove ormai però la noia ha compromesso l'interesse dello spettatore. Evitabile.
Prequel di Ringu, versione originale giapponese su cui si è basato The ring. Viene presentato l'antefatto di trent'anni prima quando ancora Sadako era in vita. Confezione scarna e old school con montaggio illogico vecchio stile, sceneggiatura molto ermetica (tipica dell'horror giapponese), ma il risultato è quello che conta: una noia abissale dall'inizio alla fine, una storia che va solo a togliere fascino al soggetto principale, ma soprattutto non inquietante, né angosciante, né spaventoso, né tanto meno disturbante, e questo per un horror equivale a dire "inutile". Evitabilissimo.
Il film, che tenta di aggrapparsi ai riuscitissimi primi due capitoli, fallisce sia nel tentativo di esplicitare il profilo psicologico di Sadako, sia nel ridefinire un’analisi morfologica del linguaggio della paura. Seduce con un buon sound design e sporadici lampi visivi, ma si prende talmente tanto sul serio che finisce solo per ammorbare dall’inizio alla fine.
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