Torna, con tutti i suoi pregi e difetti, Alex de la Iglesia, il regista di AZIONE MUTANTE e EL DIA DE LA BESTIA, prodotti fantagrotteschi originali ma piuttosto indigesti. Con LA COMUNIDAD l’ex protetto di Almodóvar tenta il salto verso il cinema più “mainstream” (pur mantenendo uno stile insolito e momenti particolarmente violenti) e lo fa scegliendo come protagonista Carmen Maura, lanciata da Almodóvar e a oggi riconosciuta come la miglior attrice spagnola. Ma diretta da De la Iglesia, Carmen non riesce ad essere del tutto convincente, colpa anche di una sceneggiatura...Leggi tutto non troppo felice. LA COMUNIDAD sarebbe potuto essere un buon cortometraggio (vista la povertà del soggetto), invece dura un'ora e cinquanta e finisce per ripetersi faticando ad appassionare. L’idea dell’ignaro che trova un pacco di miliardi e non sa come gestirseli è tra le più abusate del cinema drammatico. Di originale De La Iglesia inserisce la trovata molto polanskiana del condominio che trama nell'ombra, inventandosi caratterizzazioni simpatiche e una conduzione della vicenda a metà tra il grottesco il thriller, con alcune scene di pura suspense, momenti splatter e un finale sui tetti di Madrid girato con grande senso dello spettacolo e capace di regalare al film un’inattesa impennata positiva. Ma fino a lì troppo poco ci si è divertiti, troppe volte si è vista la medesima situazione trascinarsi senza inventiva e senza una regia in grado di valorizzarla. Il film funziona a sprazzi (ah, molto belli i titoli di testa, quasi psichedelici) e causa un’indecisione sulla via da intraprendere (thriller o commedia?) si conferma né carne né pesce.
Horror condominiale, come dice lo stesso De la Iglesia, ambientato in una Madrid deformata da una visione grottesca e amplificata attraverso una metafora dell'egoismo portata alle estreme conseguenze. Il regista gestisce perfettamente tempi e ambienti con un montaggio perfetto e dirigendo gli attori, molto bravi oltretutto, in maniera funzionale al senso di paranoia che si respira durante la visione. Un gioiello con un finale che è un masterpiece.
All'insegna del grottesco, della commedia nera e del pulp, il film azzecca soprattutto la prima parte, in cui il regista scopre le sue carte presentando un condominio popolato da inquilini - scorbutici e complottanti - di polanskiana memoria e dando libero sfogo alle bizzarre interpretazioni della magistrale Carmen Maura e dei suoi colleghi; la seconda invece risulta più stereotipata e cede spesso ai clichés dei thriller, pur riservando un buon finale.
Il condominio come vera e propria galleria di mostri: questo il concetto (non tanto lontano dalla realtà) portato avanti dallo spagnolo Alex de la Iglesia. Specializzato in film dalla forte impronta grottesca (Crimen Perfecto) il regista non si smentisce ed eccelle nella prima parte del film nel presentare ritratti umani a tinte forti. Purtroppo nella seconda parte il tono tende a degenerare e c'è un calo di tensione che fa perdere valore al film comunque godibile.
De La Iglesia firma un piccolo gioiellino macabro, sadico, cattivo, con un cast che offre ottime interpretazioni (tra le quali citiamo quella della musa di Almodovar Carmen Maura nel ruolo della protagonista). Ritmo seratissimo e ogni tanto si ride pure; molto bello anche il doppiaggio della Maura (Vittoria Febbi se non sbaglio). Guardatelo.
Sicuramente chi volesse informarsi sulla cupidigia che può svilupparsi in un condominio non ha che da guardare questo godibilissimo film di De la Iglesia. Usando una chiave ironica particolarmente divertente (anche se, qualche volta con esiti abbastanza truculenti) il regista riesce a creare una situazione quasi al limite del grottesco fra vicini di casa che vogliono a tutti i costi recuperare il denaro lasciato da un inquilino e finito per caso fra le mani dell'impiegata dell'agenzia immobiliare Carmen Maura.
MEMORABILE: "Sta zitta tu che non sai neanche perché respiri!". "...e invece lo so!"
Ormai s'è capito, de la Iglesia c'ha la fissa per i noir venati da commedia (per citarne il migliore: El Dia de la Bestia). E passi pure, una volta tanto, ma poi la minestra è sempre quella. Le interpretazioni sono quasi eccellenti e l'attempata (e un tantino svanita) Carmen Maura riesce - da sola - a farci sopportare l'intero film. Pure l'idea del condominio (Nero Bifamiliare forse ne è debitore) visto come nido di personaggi poco apprezzati ed apprezzabili è un sottotesto lodevole: una micro-società che sintetizza, a suo modo, il più ampio contesto di "Nazione". Però la noia c'è e permane...
Godibile noir grottesco, nello stile del regista, che qui cerca una realizzazione più ambiziosa riuscendoci solo per metà. Infatti, seppur la vicenda funzioni e lo svolgimento sia ben fatto, alla lunga il film finisce per stancare. Tuttavia molti dialoghi sono esilaranti, spontanei e azzeccati e le caratterizzazioni dei micidiali condomini lasciano il segno. Brava come sempre Carmen Maura e notevole il finale in cima al palazzo, che regala qualche vertigine. Non manca anche una certa componente "pulp" sdoganata nel mainstream.
Messa in scena condominiale di allegra ferocia dell'assunto sartriano "L'inferno sono gli altri", con un carosello di mostri casalinghi che ruotano attorno ad una caccia al tesoro (una grossa vincita alla lotteria, occultata per non doverla dividere con nessuno) ed un epilogo vertiginoso, forse un po' troppo truculento. Attori gustosi, guidati dalla brillante Carmen Maura, e divertimento garantito, anche se il rischio è quello di una certa saturazione.
Tutti i condomini amici/nemici per mettere le mani sul patrimonio lasciato da uno di loro e finito casualmente nelle mani di un'estranea. Commedia grottesca dal perfido umorismo e dal gusto splatter, che racconta di due degli incubi ricorrenti del borghese medio: l'avidità del denaro e i temibili vicini di casa, che si trasformano in uno spaventoso campionario di trucida umanità. Bel ritmo in crescendo, fino a una conclusione quasi hitchcockiana (anche musicalmente) sui tetti, e con un cast al bacio! Divertentissimo e inquietante.
I titoli di testa dicono "Alfred Hitchcock", ma qui l'unico autore contemplato nell'estetica è Polanski e i suoiinquiliniarcani. Che un regista visivamente fantasioso come De la Iglesia debba ricorrere a così tanti dialoghi per spiegare ciò che sta avvenendo è sintomo di incertezza espositiva e potenzialità latenti. Il storia, risaputa parabola sull'umana venalità, è rintuzzata da un nugolo di personaggi dal tratteggio approssimato che animano sequenze meno divertenti di quanto si pretende. Il parossismo è grossolano e l'horror assai forzato. Straripante e leonina Carmen Maura.
Commedia a forte concentrazione grottesca, che sconfina nel noir e nel tragicomico. Un'ottima Carmen Maura è una maldestra agente immobiliare madrilena, ritrovatasi a un tratto con una fortuna fra le mani. Il film si scompone in due parti: godibile e brioso sino alla metà, da lì in poi è decisamente più frenetico e quasi truculento. Il messaggio è parodistico della società moderna, ove si conferma l'amara e machiavellica constatazione che è il denaro a smuovere le ragioni umane. Non male, ma forse l'idea poteva essere sviluppata con meno surrealismo.
De la Iglesia, da sempre in bilico fra più generi, cerca in questo film un'atmosfera polanskiana per poi piegarla alle ragioni della black comedy con un risultato finale comunque apprezzabile. Buone le interpretazioni, dialoghi brillanti e interessanti scelte registiche su come raccontare i mutevoli rapporti tra la protagonista e gli inquietanti vicini, con scene ridicole che si alternano a esplosioni di violenza.
Ambientato all'interno di un condominio i cui abitanti sono descritti con una forte vena grottesca senza mai abbandonare la realtà possibile, ha radici comuni con L'inquilino del terzo piano e il molto più leggero Il gatto del nostro Comencini limitatamente ai caratteri e alla perfidia degli umani, inquilini o proprietari che animano il palazzo pronti a reprimere ogni pietà all'occorrenza. Ottima fotografia e interpreti, con una sceneggiatura che accusa qualche calo di tensione nella seconda parte.
Farsa grottesca disuguale, con elementi macabri e altri artifici, che ora funzionano e ora no. La recitazione non è male (Carmen Maura è sempre brava), la sceneggiatura è tirata via (sebbene zelante negli aspetti ripugnanti o violenti), l'ambientazione va dall'asfittico al vertiginoso, ma le riprese sono molto curate. Nel complesso si può anche vedere, una volta.
MEMORABILE: La protagonista tentata dal bellone, inviato dai vicini come cavallo di Troia per permettere loro di cercare il malloppo; Il bamboccio furbone.
Spassosa black comedy che punta dritto all'intrattenimento con piglio grottesco e a tratti surreale. L'operazione è decisamente riuscita; merito di una grandiosa Carmen Maura ma anche di una brillante e vivace regia, che conferisce alle disavventure della neo-miliardaria un ritmo elevatissimo. Il messaggio del film appare subito molto chiaro ma non per questo banale e il riscatto finale di "Dart Fener" lo sottolinea. De la Iglesia muove bene la mdp, si ride in più d'un'occasione e soprattutto non ci si annoia mai.
Si parte subito con dei bellissimi titoli di testa. Poi inizia il film che però è mediamente meno divertente di altri film del regista nonché meno pazzerello (tranne il concitatissimo finale) e più convenzionale. Ritmo accettabile ma non troppo coinvolgente a causa di qualche pausa: ma
nella seconda parte migliora, specie nel finale. La storia è deboluccia, così come i suoi sviluppi che sono abbastanza prevedibili. Discreta, ma non eccezionale e comunque già vista, la galleria di personaggi "mostruosi". Gradevole: si lascia guardare senza troppi problemi.
MEMORABILE: I "bassiani" titoli di testa; "Dart Vader".
De la Iglesia è un artista di grande talento, ma spesso i suoi film hanno il difetto di partire col botto per poi, tra esagerazioni e perdite di focus, appiattirsi e banalizzarsi strada facendo. Questo è uno dei casi in cui tale problema, pur essendo presente, non abbassa il livello della pellicola, che si mantiene deliziosamente macabra e interessante per l'intera durata. Buone svolte narrative e qualche risata nera per un horror polanskiano in salsa tutta delaiglesiana, quasi una favola cattivissima. Chi apprezza il regista dovrebbe gradire.
MEMORABILE: L'incipit con il cadavere putrefatto che viene mangiato dal gatto; Il nerd trentenne che spia la protagonista nuda vestito da Darth Vader; Il finale.
Commedia nera più controllata rispetto ad altre prove del regista: De la Iglesia sopperisce in parte a un soggetto un po' scontato e ripetitivo con un ritmo elevato e regalandoci una galleria di spassosi personaggi avidi che sembrano la versione grottesca degli epigonipolanskiani. Confezione sempre curata con notevole colonna sonora alla Hermann di Roque Baños e titoli di testa graficamente strepitosi. In un film sicuramente godibile lo splendido finale sui tetti e la buona prova del cast fanno ampiamente perdonare qualche cedimento nella parte centrale.
MEMORABILE: I titoli di testa; Il voyeur appassionato di Star Wars; La scoperta del cadavere tra montagne di spazzatura; Il finale sui tetti.
Commedia nera intorno alle persone e a ciò che gli interessa di più: i soldi. Un condominio come un Inferno chiuso, claustrofobico, sudicio. Piani che sono gironi danteschi popolati di umanità quotidiane, anche banali ma ognuna luciferina a modo suo (il guardone, il seduttore, l'opportunista, la madre opprimente...), tutte mosse da un obiettivo comune. Carmen Maura domina la scena, reggendo sulle sue spalle l'intero film, sebbene alcuni comprimari siano notevoli.
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Anche questo film l'ho visto parecchio tempo fa, però mi ricordo di una scena che in qualche modo era legata al Darth Vader (o come si chiama insomma) di Guerre Stellari. Qualcuno per caso ricorda cosa si vedeva in quella scena, per caso?
DiscussioneRaremirko • 18/04/21 20:29 Call center Davinotti - 3862 interventi
Vicenda vagamente Polanskiana, bene la Maura che sorregge tutto o quasi, stile di Iglesia, sgradevole e pesante, sempre indiscutibilmente presente (anche se la location chiusa del condominio, quasi teatrale, fa sentire un pò meno la cosa), più o meno, inoltre, fa capolino un pò di critica sociale. Non il film che meglio identifica l'artista spagnolo, ma comunque un buon film.