Ennesima valigetta ripiena di denaro sporco capitata per errore nelle ingenue mani di due amici per caso. Ci si gira attorno, si inventano diversi modi per arrivarci, ma a ben vedere siamo ancora lì, fermi a uno degli espedienti più abusati dalla commedia di ogni tempo. Consegniamola alla polizia sì, consegniamola alla polizia no ma tanto sappiamo bene chi la vince; finché poi cominciano a farsi vivi i "legittimi" proprietari, ovvero i soliti gangster da operetta dalla minaccia facile. Niente di più vetusto insomma, per un soggetto che restituisce la palla ai due attori lasciando a loro l'arduo compito di rilanciare l'azione. I due si assortiscono...Leggi tutto discretamente, dimostrano che modi diversi d'intendere la comicità possono dare origine a una commedia capace di affrancarsi con decisione da quelle tipicamente verdoniane viste fin qui, ma avrebbero bisogno di una regia più vivace, altrimenti rischiano di sgonfiarsi. Forse per la presenza di un Albanese che più dello stimato collega caratterizza il film: il suo estro surreale, i balbettamenti e i cambi di marcia improvvisi tipici dell'attore fanno risaltare la minor originalità nell'approccio di Verdone, che pure sa ancora come divertire il suo pubblico. Per questo forse la colpa della scarsa riuscita del film è l'averlo adattato ai tempi dispari di Albanese piuttosto che al "classicismo" tradizionale di Verdone, nel quale invece ci si rituffa quando a sostituire Albanese c'è la brava Anna Kasyan, la soprano armena scopertasi attrice brillante di rara spontaneità. E' con lei in scena che si rientra nei canoni, ma è invece l'unione con la lunare maschera di Albanese a dirci del desiderio di sperimentazione del film. Incerto, indeciso, piuttosto debole nella confezione (a cominciare dalla fotografia), L'ABBIAMO FATTA GROSSA alterna gustosi duetti ad altri in cui si nota come alla sceneggiatura manchi la capacità di trovare la battuta giusta o lo scambio fulminante che giustifichi dialoghi a volte destinati a non portare da nessuna parte. Poco si gioca sul mestiere dei due protagonisti (Arturo/Verdone investigatore privato ridotto a cercare i gatti dei vicini e Juri/Albanese cacciato dal teatro dove lavorava per il persistente mutismo sul palco), di più sul loro grado di insoddisfazione sociale, che sanno entrambi rendere in modo soddisfacente: più isterico, instabile, incontrollabile Juri; più fragile, insicuro, onesto Arturo. La coppia insomma funzionerebbe anche, sa far ridere in più occasioni e il film ci restituisce un Verdone attore ancora in forma; a cedere sono sorprendentemente la regia e la scrittura, che non sfruttano purtroppo a dovere le alte potenzialità comiche a disposizione. Per cui alla fine, migliorando da una parte e peggiorando dall'altra, si ottiene in definitiva il risultato tipico di tutti gli ultimi Verdone: commedie ancora apprezzabili, per molti versi godibili ma deboli, che non convincono mai del tutto e ti lasciano con l'amaro in bocca.
Da verdoniano convinto che ormai certi tempi non torneranno mai più e dopo la delusione del precedente lavoro posso ritenermi soddisfatto. I due interagiscono bene e si completano con buon mestiere. Carlo con la sua simpatica goffaggine e Albanese con il suo fare surreale ci regalano ottime gag senza abusare di quell'ormai inflazionata volgarità odierna. Come al solito non manca la giusta critica sociale che un attento Carlo ci mostra da alcuni anni. Simpaticissima la Kasyan, divertente il cattivo Popolizio e azzeccato il cast di contorno.
MEMORABILE: La zia che parla al marito morto; Albanese che scrocca la cena e pretende di essere servito al meglio; Il finale di denuncia.
Discreto progetto, forse il migliore del regista dai tempi di Io, loro e Lara, anche se il risultato non sempre rispecchia le aspettative. Il girato è dignitoso (considerato che spesso si trova a mostrare scene insolite per un film di Verdone), la sceneggiatura pure, mentre sulle dinamiche tra i protagonisti il film mostra le sue maggiori debolezze. Verdone, in grande forma, è troppo "più protagonista" rispetto al pur bravo Albanese, che fallisce nello scopo di proporsi come secondo personaggio principale. Si poteva fare (e ridere) di più.
Verdone si cimenta in un ramo della commedia (valigetta sbagliata e conseguenze) che gli si addice poco e se da una parte il soggetto non convince (e nemmeno la confezione, comunque superiore a quella del film precedente) dall'altra abbiamo personaggi insoliti (la barista, la complice del piano di sopra), una suggestiva Roma allo sbando, qualche efficace momento comico e un curioso cambio di rotta verso la fine. I cammei subliminali del libro/sponsor "Se vuoi puoi" sono fulmini di comicità (seppur involontaria) degni del Verdone dei tempi d'oro.
E' un Verdone diverso, quello che si vede in questa sua commedia mista a tinte gialle. Non sceglie una partner femminile (anche se nel film la presenza della lirica Kasyan brilla per l'enorme simpatia) ma Albanese, che seppur bravo non riesce a far esplodere la sua verve comica (Carlo a tratti se lo mangia). La sceneggiatura vede una prima parte che si allunga un po' troppo mentre la seconda è pirotecnica, tra gag ed equivoci e si ride di gusto (anche se talvolta in modo amaro).
MEMORABILE: Verdone ancora una volta ci fa rilettere sulla società d'oggi e sul potere economico che tanta gente ha rispetto al poco o nulla degli altri.
Divertente più per la bravura dei due protagonisti che per la sceneggiatura. Il film è infatti l'ennesima commedia degli equivoci con al centro la solita valigetta piena di soldi che finisce nelle mani sbagliate. Fortunatamente sia Verdone che Albanese ci mettono del loro e si ride (o sorride) spesso, mentre il resto del cast recita in modo terrificante (fatta eccezione forse per la Sabatino, che però ha pochissime battute). Un po' forzato il colpo di scena finale ma in fondo non è un giallo. Potabile.
Da Verdone regista era lecito aspettarsi molto di più, avendo persino a disposizione Albanese come spalla attorica (il suo ondivago personaggio finisce per non essere ben identificabile, risultando quasi estraneo al comicontesto). E l'inserimento della canora e petulante compagna del protagonista non è certo d'aiuto, abbassando il livello generale. Se si escludono alcune gag riuscite, grazie soprattutto al talento di Verdone che, espressivamente parlando, non si discute, si apprezza, resta ben poco (anche la critica sociale è di grana parecchio grossa, specialmente nell'ultima parte).
La pellicola mostra come due bravi attori riescano parzialmente a salvare un film decisamente malriuscito sotto il profilo di una sceneggiatura incapace di essere credibile e graffiante. Albanese apporta il tocco surreale che lo contraddistingue, in contrapposizione al Verdone disincantato che tutti conosciamo (pur con i limiti di quella mancata freschezza che si ha solo da giovani). Una maggior cura nella vicenda e nella regia avrebbe dato più slancio al film. Francamente deludente.
Anche Verdone ha maturato da un pezzo l'idea che non si può più fare una commedia senza tenere conto del periodo storico in cui si sta vivendo. Ecco quindi che si alternano momenti comici ad altri in cui la triste condizione sociale/affettiva dell'uomo moderno prevale sul resto. Ne esce un film riuscito solo in parte in quanto la sceneggiatura non è granché. Invece l'affiatamento della coppia d'attori è ottimo e i due riescono a far ridere spesso contando sui loro cavalli di battaglia. Simpatica la Kasyan.
Carlo Verdone si cimenta in una commedia dai toni giallo-comici in coppia con Antonio Albanese. Ne esce fuori un film riuscito a metà, dove nella prima parte non si ride molto (anzi a volte ci si annoia pure), mentre nella seconda vi sono gag e momenti dove si ride e ci si diverte. Verdone ne esce abbastanza bene, Albanese stride un po' mentre Anna Kasyan è spiritosa e spontanea.
Carlo Verdone e Antonio Albanese assieme avevano doppiato il gatto Zorba e il re dei ratti ne La gabbianella e il gatto. Ora i due comici s'incontrano davvero e scelgono una trama comico-gialla, dove Carlo fa l'investigatore privato imbranato e Antonio il cliente tradito. La storia è il classico qui pro quo di coppie pedinate scambiate e di valigette nere zeppe di soldi. Carlo Verdone non è Bruno Corbucci e il suo investigatore non è il trucido Tomas Milian, però la coppia con Albanese funziona, specie quando i due si travestono da preti.
Simpatico, godibile, mezzo pallino abbondante sopra una buona stella. E' pur vero, però, che il mio grande amore per Verdone non può risparmiarmi dal notare come ormai la naturalezza nei tempi comici stia (temo) definitivamente scomparendo: rimangono un piacevole soggetto (aiutato dalla commistione gialla), una sceneggiatura qua e là scricchiolante, qualche duetto riuscito con un Albanese comunque non a fuochissimo e purtroppo la consapevolezza che di spontaneo e irresistibile non ci sia poi chissà quanto. Dignitoso, con affetto.
Uno dei Verdone più spenti di sempre. La sceneggiatura è davvero poca cosa: procede per scenette già viste e svolte prevedibili fino a un colpo di scena finale forzato quanto risibile. A salvare la baracca il grande mestiere del Verdone attore che, in coppia con un ottimo Albanese, regala una bella performance (se non altro strappano molti sorrisi, a dispetto del copione scadente). Eccessiva la durata, ma almeno nella prima parte si procede abbastanza spediti. Peccato, perché questa inedita coppia funziona e meritava di più.
Film che accentua la profonda crisi di idee del cinema italiano o, al limite, all'italiana. Pretesti da avanspettacolo per sottolineare le pur sempre divertenti espressioni di Verdone attore su una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti. Scivolate nel trash di terz'ordine mortificano il prezzo del biglietto e a nulla valgono le discrete prove di Albanese e Popolizio. In una sala semivuota abbiamo assistito al tramonto di un genere che in fondo ci è caro, talvolta addirittura oggetto di culto. Unica cosa da salvare il cameo di Montaldo.
Commedia fiacca di Verdone in coppia con Albanese. Il duo mette in campo caratterizzazioni rodate ma ormai scontate, non servite da una sceneggiatura povera di battute. Un film sconfortante per la pochezza delle situazioni comiche, con l'unico motivo di interesse nei blandi elementi “gialli” inseriti per ravvivare uno spento plot. Regia statica di Verdone e ritmo basso accompagnano lo spettatore fino al deludente e fin troppo serioso finale. Buon cast di contorno che supera ai punti i due ormai invecchiati attori protagonisti.
Un film divertente e ben riuscito. Verdone, alle soglie della terza età, spende tutto il suo fervore creativo e tutta la sua partecipazione emotiva per rinnovare le tematiche del suo cinema sbarcando in una dimensione scenica dove la riproduzione della commedia è avvinghiata al giallo limaccioso di un crimine misterioso da decifrare. Gioco degli equivoci, noir e risate, caratteri ben disegnati, interpretazioni straripanti, regia salda, il sapore acre di un finale beffardo. Qualche lungaggine narrativa e alcune lepidezze verbali si potevano evitare.
MEMORABILE: La spontaneità simpaticamente invadente di Anna Kasyan; Il cameo di Giuliano Montaldo; Il tormentone delle banconote da 500 euro difficili da spendere.
Commedia povera di soggetto (il classico di una valigetta piena di soldi e degli improvvisati criminali), scarsamente articolata nello sviluppo di una trama minimale e sceneggiata in modo poco omogeneo, con le gag non tutte al giusto livello (si pensi a Verdone che entra negli appartamenti a recuperare i gatti e si ha già chiara l'idea di fantasia di fondo). Ma come succede sempre in questo genere di commedia, il vero cuore pulsante dell'intera vicenda è affidato alla bravura degli attori protagonisti, che rendono vivi i personaggi e divertono molto.
Un film che nasce senza troppe pretese, mancando di coralità e di spunti veramente dirompenti. D'altro canto la coppia funziona e riesce a esprimere simpatia e carica grottesca pur rimanendo confinata entro situazioni convenzionali e cadendo talvolta nel ridicolo (i vocalizzi della Kasyan, nel solarium, il finale). Tecnicamente migliore (regia, varietà degli ambienti, sonoro) e più equilibrato rispetto al film precedente, mantiene debolezze nella scrittura e nel disegno dei personaggi ma assolve la sua funzione.
Quando un grande attore e regista come Verdone si sceglie un coprotagonista si ha impressione che mostri la corda. La trama è piuttosto esile e scarsamente incisiva. Non manca qualche momento divertente, ma è trito e ritrito come certe smorfie di Verdone stesso (quando addenta la pasta e poi deve rinunciare a causa del campanello, quando riceve la scarpa in faccia et similia). Albanese non si sposa bene con la comicità di Verdone e risulta piuttosto sacrificato. Merita una visione ma nulla di più. Da dimenticare.
Dopo un inizio interessante, il nuovo film di Verdone arranca fino a una conclusione imprevista e simpatica. Niente da dire sulla prova dei protagonisti, attori di razza e di mestiere, con Albanese che si conferma fra gli interpreti più dotati in circolazione. Vederlo alle prese con una sceneggiatura spesso ovvia e inconcludente sa di occaione sprecata. Sarebbe bello rivederli insieme in una storia piú originale e scritta meglio. Cosí rasentano la sufficienza. Bella e originale prova dell'esordiente Kasyan. Molto brava la romanissima Fiume. Peccato!
Sicuramente non il miglior Verdone ma il film funziona; merito sopratutto dell'intesa tra l'attore e regista romano con Antonio Albanese (caratterista di indiscutibile talento). La sceneggiatura è semplice (i due si ritrovano tra le mani una valigia piena di soldi in seguito a un equivoco...) e, nonostante il tutto si dilunghi parecchio, tra una scena divertente e l'altra si arriva alla fine con discreta soddisfazione. Simpatica la zia di Verdone. Non male.
Più che una commedia agrodolce di Verdone una commedia "alla Verdone" e neanche tanto. Le risate non mancano (merito della coppia di protagonisti, unico punto di forza del film) e prevalgono sulla rappresentazione disincantata e dissacrante di usi, costumi e paranoie italici che han caratterizzato dall'inizio l'opera del regista romano. Poco incisivi i personaggi di contorno, banale la vicenda, anonima la regia. Si guarda, intrattiene e poi si dimentica.
MEMORABILE: La scena al solarium; Il primo incontro tra i protagonisti, a casa di Arturo; "zio Renato".
Commedia che cerca di essere sofisticata ma inciampa sempre nel grossolano (al solarium, la pernacchia, la ciabatta sporca sotto) per una sceneggiatura che punta troppo in alto. La coppia regge anche se non si spalleggia granché e ognuno contribuisce per conto proprio: Verdone è più in parte ma denota una certa stanchezza di fondo e Albanese esaspera i suoi lati nevrotici. Si sorride talvolta ma si poteva metterla anche solo sull'intreccio e su un finale più concreto. Buona proposta di location.
Vero est, Carlo l'abbiamo perso, ma dal suo punto di smarrimento manda segnali di fumo che profuman d'arrosto. Passi, la storia rimastica l'equivoco di spy-comedy che furono, ma Verdone e Albanese sono spumeggianti nell'abitarla e animarla. Vero, si ricorre a qualche abusata grossolanità e a scorciatoie volgarottte ma perché rimproverarglielo dopo essere stati lustri a rimpiangere i Pierini e i Banfi dei bei tempi andati? Di contro, anzi di pro, abbiamo un Popolizio che regge saldamente la veste al villain che incorpora e sprazzi che riescono nell'intento di farci ridere. Io non mi lamenterei.
Il Verdone degli ultimi anni pare quasi sempre l'ombra di se stesso, mancando quasi sempre di ritmo e freschezza. Qui gioca la carta della commedia con protagonista una strana coppia e tenta di contaminare il tutto con uno sfondo noir con tanto di rapimenti e ricatti. Idea non malaccio di per sé, grazie soprattutto all'apporto di un ottimo Albanese che incarna come sempre le idiosincrasie del suo essere un tragicomico Pierrot. Verdone ripropone il suo corollario di faccette buffe e si avvale di un buon cast di contorno. Simpatico.
Un leggero passo in avanti per Verdone rispetto alle sue ultime pellicole. Se da un lato la regia non è del tutto brillante (e la fotografia certo non aiuta), dall'altro l'alchimia con Albanese funziona e regala indubbiamente momenti di sano divertimento. Nonostante un soggetto alquanto abusato e una sceneggiatura che ricalca modelli già collaudati, la storia fila e intrattiene senza troppe pause. Peccato che, intorno alla coppia protagonista, non ci siano personaggi all'altezza. Sono lontani i fasti verdoniani, ma comunque si rimane soddisfatti.
MEMORABILE: L'intercettazione; La difficoltà nel cambiare 500 euro; Al solarium.
Svogliata pellicola di Verdone, che alla regia risulta non pervenuto. Trama stanca, dialoghi penosi e tempi comici completamente fuori registro. Non si ride mai, colpa anche di Albanese e del suo personaggio, dimenticabile e fastidioso fin dalle prime battute. Mancano i grandi caratteristi, parte fondamentale delle prime indimenticabili pellicole dell'attore e regista romano. Qui siamo dalle parti delle fiction più tristi; la recitazione, le musiche tanto generiche quanto la fotografia e il montaggio. Da dimenticare.
Luci e ombre in questa commedia di Carlo Verdone. Piuttosto positivo l'innesto di Antonio Albanese che dà al film la cifra un po' stralunata della sua comicità. Gradevole nella prima parte, benché non sorretto da una storia decisamente poco originale, e che si rifugia nello stereotipo dello scambio di persona, ma piuttosto dal mestiere degli attori (e va un plauso alla caratterista Anna Kasyan, una gradevole sorpresa), il film cala nella seconda parte, in cui la sceneggiatura perde qualche colpo.
Apprezzabile sforzo di Verdone nel cercare di uscire dal suo classico repertorio e dai suoi soliti personaggi. Peccato che la cosa riesca a metà. Il film infatti parte in sordina con momenti di vera noia, con Albanese quasi ininfluente e con Verdone che più di una volta rischia di cadere nei suoi soliti cliché. Poi piano piano la sceneggiatura acquisisce ritmo, l'alchimia tra i due comici inizia a funzionare e la seconda parte ha davvero delle gag da risate a crepapelle. Buona come sempre la prestazione di Popolizio e finale con denuncia sociale.
MEMORABILE: La gag della carrozzella: "La sedia! La sedia è mia" "Ao', si era tua nu stavi a core così! Nun ce provà"; Nel solarium.
Insipida commedia di Verdone che spreca malamente l'ottimo materiale umano di cui dispone. Già lo spunto iniziale è abusato (lo scambio di persone e quindi della valigetta), in più si procede noiosamente senza trovate che strappino una benché pallida risata. Il problema del regista romano è, probabilmente, l'obbligo di fare un film ogni due anni; non si spiegherebbe altrimenti la sua svogliata recitazione. Lo stesso Albanese naufraga appresso a una trama risibile.
Una coppia del genere avrebbe meritato una vicenda più scoppiettante e ricca di situazioni. Purtroppo le risate latitano e tutto appare già visto. Verdone oramai ha esaurito la sua verve e vive di gag passate, Albanese quando interpreta il mesto genera tenerezza, non sorrisi. Il resto del cast neanche merita la menzione; un film modesto che regala una edulcorata denuncia finale.
Sostanzialmente una discreta commedia, scritta e diretta bene; la coppia Verdone-Albanese funziona alla grande soprattutto per la vivacità e l'esuberanza di quest'ultimo che, forse inconsapevolmente, stimola il regista e attore romano a dare il meglio di sé dopo le ultime scialbe apparizioni. Qualche momento di noia c'è, ma ciò non toglie nulla a un film che diverte.
Pur con la dovuta considerazione per due attori come Verdone e Albanese, si assiste a un film dozzinale, con una sceneggiatura banale che riprende i soliti elementi della commedia degli equivoci senza alcuno spunto di novità, senza guizzi. Dispiace inoltre vedere un Verdone invecchiato che ripete in modo imbarazzante smorfie e siparietti che l'hanno consacrato in passato. L'impressione è che non sia più il tempo; meglio sarebbe misurarsi in ruoli più drammatici, come già fatto egregiamente nella Grande bellezza.
In questa nuova commedia Verdone cerca di... rinverdirsi, aggiungendo ai suoi soliti schemi - l'uomo di mezza età in crisi sentimentale e matrimoniale - elementi spionistici e noir e una postilla satirica in chiusura. Tra battute, qui pro quo, smorfie e improvvisi scatti d'ira il Nostro riesce ancora a far sorridere, mentre la spalla Albanese appare piuttosto ingessato nella sua inconsueta compostezza. Cameo del regista Giuliano Montaldo nei panni del vecchio generale.
Verdone non è in carrozzella ma non corre, questo è fuori di dubbio. Svogliata commediola che non riesce mai a cambiare passo. Del vecchio Carletto sono rimasti solo i tic e così la commedia degli equivoci appare decisamente fiacca, molle. Albanese trotterella e non incide. La lunghezza non aiuta e anche il volemose bene finale non fa altro che amplificare la banalità del tutto. Che sia il momento di godersi la pensione?
Non sempre due bravi attori assieme fanno un buon film; qui l'esempio calza. Di fronte a un plot non particolarmente originale Verdone e, soprattutto, Albanese, cercano di tenere un buon ritmo e far divertire. La cosa riesce nella prima parte, poi si scivola nello scontato. Brava la Kasyan e la "maschera" Popolizio tra i caratteristi.
Attore disoccupato ingaggia investigatore privato maldestro per scoprire gli altarini dell'ex moglie: si ritroveranno con una valigetta piena di soldi e fonte di guai... Commedia nella media dell'ultima produzione verdoniana, con l'attore/regista che questa volta si fa affiancare da un partner maschile che declina anch'egli un personaggio sfigato. Talvolta si sorride per il buon mestiere di entrambi, ma la sceneggiatura è banale come pure le figurine di contorno, le gag di seconda mano, l'epilogo con pernacchia e didascalia in chiave di satira politica sa di appiccicato a forza.
Purtroppo, non essendo esilarante, il film risente della lunga durata. Ove si dilatano in modo soporifero gag e battute poco incisive. Albanese non trascina (è anche troppo teatrale), Verdone non spicca particolarmente e il fiacco copione non aiuta. Irrilevanti e persino stancanti gli altri interpreti. Di grossa non c'è nemmeno una risata. Usiamo la manica larga per non mortificare una pietra miliare del cinema italiano come Verdone.
Non è il film che possa increspare il corso dell'attuale, quieta e prevedibile, carriera di Verdone ma non è nemmeno tutto da buttare. Carletto infatti ha ancora tempi comici fantastici e qualche risata la strappa anche qui; la prima parte poi ha anche un buon ritmo. Purtroppo però la storia è abbastanza banale; Albanese pare meno in forma dell'attore fallito che interpreta e quel finale all'insegna dell'analisi politica "made in tinello" è davvero insopportabile. Attori di contorno da soap opera postprandiale.
“Buona la prima” potrebbe essere lo slogan appropriato per far comprendere il livello qualitativo del film. Una prima e unica visione, infatti, può risultare gradita, mentre il film è troppo debole per concedere un’eventuale seconda occasione. Verdone e Albanese funzionano pure bene assieme, ma non raggiungono picchi elevati e l’impressione è che difficilmente si sarebbe potuto fare di meglio. Lo stratagemma della valigetta non è nuovo al cinema, però funziona sempre e fornisce il pretesto per portare a termine degnamente la pellicola.
Premessa: la coppia Verdone-Albanese è interessante, funziona. Il film si basa su un'idea centrale vecchia quanto il cinema (quante valigie in mani sbagliate e quante perdite di tesori esistono?), tuttavia questo non mina l'esito che, nella prima mezz'ora, è svolto al meglio, prefigurando valutazioni totali migliori. Poi, con l'avanzare, il film un po' si annacqua, emergono buchi nella sceneggiatura e qualche lungaggine. Il finale lascia un po' delusi. Nel complesso, una visione piacevole.
MEMORABILE: La ricerca del cappotto; L'asciugatura nel centro estetico.
La storia della valigetta "scomoda" non è certo una novità ma in questo caso, nonostante la durata considerevole, il ritmo tiene sino all'ultimo e, al netto di un intreccio poco verosimile (nella realtà ai due inetti protagonisti sarebbe andata molto peggio), il finale dal retrogusto amaro si rivela azzeccato. La coppia Verdone/Albanese funziona alla grande, ma mentre il primo fa ridere solo quando si arrabbia, il secondo regala un personaggio perfettamente aderente all'attore che lo interpreta (soprattutto in merito alla gestualità nervosa e alla timidezza di fondo). Niente male.
MEMORABILE: La rapina; La zia che chiacchiera amabilmente in salotto con il criminale; Yuri versione fraticello che di colpo si trasforma in Cetto.
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Avevo previsto che questo film superasse gli 8 milioni di euro d'incasso ma credo che non arriverà a quella cifra; l'hanno praticamente smontato dalla programmazione; a Roma, mercoledì scorso, eravamo in 5 (dicasi cinque) in una sala del cinema Trianon a vederlo...
Eppure, nonostante tutto, è un buon film, molto divertente e dotato di un certo fervore creativo e ardore di rinnovamento nelle tematiche ed è privo di periodi morti...Avrebbe meritato un riscontro di pubblico maggiore. Non è scattato, purtroppo, l'effetto moltiplicatore del passaparola.
Al di là che questo film è stato per me molto deludente (tra i peggiori di Carlo), direi che per una pellicola italiana oggi incassare quasi otto milioni è un discreto traguardo. Se pensi che un film come Tutte lo vogliono con nomi di richiamo come Brignano/Incontrada ne ha incassati meno di due, tanto per fare un esempio...
7,6 mi sembra un buon incasso , ha fatto meno del precedente lavoro di Carlo, ma credo si sia difeso molto bene visto il periodo e Zalone che imperversava a tutto spiano in oltre mille sale.
L'ho visto adesso gli darei un 6,5, ma la parte del leone la fa sicuramente Albanese, che pur non rientrando nella lista dei miei attori preferiti, ha sicuramente una marcia in più rispetto al grande Carlo Verdone. La parte in cui Albanese riprende il personaggio di Alex Drastico è una delle più divertenti del film
DiscussioneRaremirko • 8/03/21 22:52 Call center Davinotti - 3862 interventi
Una coppia in forma (ma Verdone e Albanese sono tra loro più diversi di quanto si possa immaginare) realizza un film godibile e divertente, con una trovata che funziona e che più o meno regge tutto il film.
Quasi nessuna volgarità, mai un attimo di noia; più che discreto.
Al minuto 1:29:51 circa - come da copione - Arturo Merlino (Carlo Verdone) sbatte accidentalmente la testa contro un enorme casco all'interno di un solarium contorcendosi quindi in terra per il dolore: l'attore romano, tuttavia, si fece male sul serio e quasi perse i sensi, per cui la scena non venne ripetuta (fu solo oggetto di opportuni tagli, anche audio), come si può chiaramente vedere nei blooper del film circolanti in rete.