Glaciale quanto crudele, raggelante quanto sadico
Esteticamente sobrio, quasi perfettamente geometrico (come la splendida villa che sembra uscita dalle architetture di un film SF degli anni '70), perfidamente sospeso in un limbo incubotico, tra fiaba (l'inizio con i "giochi da ragazzini" twainiani, tra i filari di grano, nelle grotte, sul laghetto) che pian piano diventa nerissima (la strega da bruciare, il rituale, il fuoco purificatore) e la solitudine che fà da cassa di risonanza alle fantasie infantili, che diventano morbose, per poi sfociare nel dolore, nella carne martoriata, come solo la mente "fantasiosa" di un ragazzino "disturbato" può concepire
Spazi chiusi, claustrofobici, movimenti di macchina fluidi, che accarezzano gli interni angusti della bellissima villa sperduta nel parco
Un narrato che ipnotizza, lavora sotto la pelle, dispensa angoscia e inquietudine
Una madre che pare cambiata (nel volto, nell'umore) , che deambula come una terrifica mummia , tra specchi delle brame e crisi di rabbia, abbandonandosi tra i boschi, denudandosi, mostrando il lato non umano di sè (con visione terrifiche alla
Allucinazione perversa)
Un'aliena che ha preso il posto della madre, intrusa da debellare, perchè non più amorevole chioccia, perchè non canta più le ninne nanne , ma si accanisce come una iena
Gli ossari, i gatti moribondi, le schifose blatte sottovetro (tra incubi alla
Creepshow o per via schifosamente orale), gli incendi visti da lontano, un paesello herzoghiano in puro stile
Kaspar Hauser, le maschere "tribali/pagane" fatte in casa indossate dai ragazzini, il martirio, l'agonia, il rituale (quasi una versione rovesciata del
Bobby di Dan Curtis) il rogo purificatore, la rinascita (che riporta all'intro:
Tutti insieme appassionatamente)
Picchi di ferocia inauditi (l'attaccatutto sulla bocca, la lente che brucia la pelle, le forbicine, il bastone infilato in bocca, la faccia sbattutta violentemente a terra) tra costrizioni, sangue e urina.
I punti di vista si annebbiano, il ruolo vittima/carnefice si destabilizza fino alle estreme conseguenze.
Comincia come una favola sospesa nel tempo e nel limbo della solitudine, per trasformarsi in un "torture porn" edipico e incubotico
Non e tanto
Chi è l'altro? di Mulligan o il
Schock baviano (non e il punto focale o il centro cardine del film), ma la rappresentazione sadica dei "Giochi Proibiti", come se
Fedora di Billy Wilder andasse a braccetto coi bimbetti serradoriani.
Mai, come in questo film, le zeppe femminili sono così minacciose, come l'amore materno che muta in "altro" e quello filiale che diventa crudeltà
Basta un severo rimprovero, un album di fotografie, una mamma che acquisice le fattezze "nuove" di Michelle Hunziker (sotto le bende franjuniane o bunueliane), un occhio sbarrato e venato di rosso che scruta minaccioso dallo specchio magico per trasformare i "giuochi di bimbo" in un inferno quotidiano
Agghiacciante nella sua "placidità", disumano nel suo incedere lento e implacabile.
Dov'è nostra madre?