Reificazione di tutta una biografia (e del concetto stesso di biopic) o irrisione del sociologismo avvoltoio che incombe sul fenomeno dell’anoressia nervosa (la sua famiglia come la casa di Barbie, i protagonisti ridotti a levigate bambole)? Parodia dello star-system o accorato omaggio all’artista? Provocazione o sublimazione? Dato che una cosa non esclude quasi mai l’altra, come sempre il bello del cinema di Haynes è che non si sa mai bene come prenderlo. In tal senso, una riconferma. E’ l’ondivaga forma, se mai, a scontentare almeno quanto è capace di incuriosire: ora sagace, ora ingenua.
Insolito biopic interamente realizzato con Barbie al posto degli attori. Il risultato, che potrebbe apparire a un primo sguardo ambiguo, è in realtà molto più di un esperimento fine a se stesso: è l'analisi realistica e brutale di una ragazza fragile che viene sommersa da forze e problemi più grandi di lei divenendo vittima dell'anoressia nervosa. La scelta di utilizzare bambole porta quindi a eliminare tutte le superficialità dei biopic, focalizzandosi sul problema in sé più che sulle persone. Molto sincero, toccante e disturbante.
MEMORABILE: I volti sempre più deperiti delle Barbie ma ancora col finto sorriso impresso rimarranno nella mente per molto tempo.
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Il film fu messo al bando in seno a una duplice traversia legale: da una parte fu la Mattel a fare causa al regista per l'uso illecito delle bambole di Barbie e Ken; dall'altra Richard Carpenter, fratello di Karen, ricorse a vie legali per l'uso non autorizzato delle canzoni della sorella. Ambedue le cause furono vinte dalla parte lesa e da allora il film non può più essere venduto né circuitato